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Redazione
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• 3 Giugno 2023 – Redazione

Di Sofia Ferrari, Solidarietà (MPS)

Negli scorsi giorni, l’amministrazione cantonale delle Contribuzioni (ACC) ha pubblicato i dati relativi ai cosiddetti globalisti. Si tratta di contribuenti che pagano le imposte in modo forfettario – tenendo in considerazione alcuni parametri, il loro dispendio – e non sulla base della normale dichiarazione dei redditi e l’applicazione delle normali aliquote come avviene per tutti gli altri cittadini.

Da sempre, è uno statuto che privilegia i ricchi stranieri. Infatti, tra le condizioni fondamentali per godere di questo statuto è di non essere di nazionalità svizzera e di non svolgere attività lucrativa in Svizzera. È una “metodologia di imposizione”, così riassume la situazione una delle maggiori fiduciarie del Cantone che “permette ai benestanti esteri trasferitisi in Svizzera (Canton Ticino) di avere delle agevolazioni di natura pratica ed economica. Questo sistema può essere vantaggioso per tutte le persone fisiche estere benestanti che desiderano trasferirsi nel Cantone Ticino”.

Ma, in cosa consiste il vantaggio? Nel fatto che tale sistema permette di beneficiare di tutti i vantaggi del “sistema Ticino”, pagando meno imposte di quante se ne dovrebbe pagare, cioè uno sconto fiscale significativo. La presenza in Ticino ha una serie di vantaggi noti a tutti: buon quadro ambientale, funzionamento di trasporti e servizi amministrativi, sicurezza, scuole, etc. Tutti vantaggi competitivi che il sistema Svizzera da sempre comporta. In Ticino vi è poi un ulteriore vantaggio legato alla posizione geografica: ad esempio, i centri finanziari italiani sono a un passo e permettono un contatto anche quotidiano. In altre parole: un dirigente o azionista di una grande impresa italiana può benissimo godere dello statuto di globalista in Ticino e andare tutti i giorni a Milano a dirigere le proprie attività miliardarie (che non conteranno per la sua imposizione in Svizzera).

Che tutto questo accada giornalmente non è più da dimostrare: sono numerosi i nomi che si potrebbero evocare, anche se questo è del tutto legale. Ma, e lo abbiamo visto negli ultimi anni, tutto questo può stimolare anche il ricorso a pratiche illegali, come ha testimoniato la vicenda dei manager del gruppo Gucci, che risultavano domiciliati in Ticino – tassati da globalisti – e lavoravano e vivevano nel resto d’Europa.

In realtà i globalisti non si stabiliscono in Svizzera (o in Ticino) per approfittare solo di questo trattamento fiscale privilegiato; ma perché godono di parecchi privilegi vivendo in Svizzera (non da ultimo il fatto di avere accesso a una piazza finanziaria dalla quale possono comodamente condurre tutte le proprie attività all’estero) e pagando assai meno di quanto dovrebbero pagare se vivessero altrove (a cominciare dall’Italia). Essere globalisti è un affare complessivo: un aggravio fiscale ulteriore, come è avvenuto negli ultimi anni, per i più importanti e fiscalmente redditizi non sarebbe un motivo per abbandonare la situazione complessivamente vantaggiosa che vivono domiciliati nel nostro paese.

A perderci sono la Confederazione e i Cantoni che rinunciano a entrate fiscali sulle quali potrebbero comunque contare e che sarebbero di grande utilità per un rafforzamento delle politiche pubbliche in diversi settori bisognosi di recupero (socialità, formazione, etc.).

Negli scorsi giorni, come detto, l’amministrazione cantonale delle contribuzioni (ACC) con un insolito zelo di trasparenza (in passato a più riprese i deputati MPS hanno tentato di avere informazioni sui globalisti e è sempre stato loro opposto il segreto fiscale) ha pubblicato i dati relativi all’evoluzione del numero dei globalisti e dei loro gettiti fiscali.

Il dato che emerge dalla tabella pubblicata è la diminuzione del numero di globalisti, passati dagli 842 del 2018 ai 767 del 2022. Un dato che, preso così a sé stante, dovrebbe e potrebbe confermare l’idea che vi sia un fuggi fuggi di questi contribuenti, che l’inasprimento dell’onere fiscale nei loro confronti da ormai una decina di anni (frutto sia di decisioni federali che cantonali) abbia come conseguenza la loro partenza con una perdita di entrate fiscali per il Ticino.

Subito, il partito dei ricchi per eccellenza, il PLRT, è passato all’attacco con una interrogazione del proprio presidente Speziali e della capa dei fiduciari ticinesi (Cristina Maderni). I due esponenti liberali prendono la palla al balzo per mettere in evidenza la diminuzione del numero di globalisti, arrivando alla conclusione che questo dato confermerebbero una “fuga” di contribuenti e chiedono al governo un intervento (verosimilmente con ulteriori sgravi fiscali) per impedire tutto ciò.

Meno contribuenti ma più gettito

Ora, il quadro al quale ammicca il comunicato dell’ACC e sul quale sviluppa il proprio intervento il partito dei ricchi, è tutt’altro che univoco e mostra invece una tendenza assai più interessante: e cioè che l’aggravio fiscale operato, seppur in misura tutto sommato assai blanda su questi contribuenti privilegiati, ha complessivamente rafforzato le entrate fiscali e non il contrario. In altre parole, i dati sulle entrate fiscali dimostrano quanto sia falsa l’idea che più si diminuisce la pressione fiscale, rincorrendo la “concorrenzialità” della piazza ticinese nei confronti degli altri cantoni, più aumenterebbe il gettito fiscale. Vediamo questi dati, perlomeno quelli a disposizione.

Di fronte alla diminuzione del numero di globalisti (passati come detto dagli 842 del 2018 ai 767 del 2022) assistiamo a un cospicuo aumento del gettito fiscale. Questo passa, complessivamente e in modo praticamente uniforme (tra imposte cantonali, comunali e federali), dai 143,2 milioni del 2018 ai 183,5 milioni del 2022. Una progressione di oltre il 28%! Si tratta di una progressione abbastanza regolare anno dopo anno (mancano i dati del 2019 in questa comunicazione), ma è ipotizzabile che anche questo dato confermi una progressione quasi lineare. Anche andando ulteriormente a ritroso, abbiamo la conferma di questa tendenza. Infatti, nel 2016 i globalisti domiciliati in Ticino ammontavano a 910 unità con un gettito complessivo di 118 milioni. Confrontando i dati del 2016 con quelli del 2022 abbiamo quindi un numero di globalisti che diminuisce da 910 unità a 767 (con una diminuzione del 15%) e un gettito fiscale che cresce dai 118 milioni del 2016 ai 183,5 milioni del 2022 (un aumento del 55,5%). Se tornassimo ancora più indietro (al 2012, anno in cui è cominciato l’aumento dell’imposizione fino ad allora ridicola) questa tendenza all’aumento del gettito sarebbe ancora più forte e impressionante.

Un’ultima considerazione riguarda i dati sul numero dei globalisti la cui evoluzione è soggetta a modifiche (a cominciare da coloro che decidono di passare da una imposizione globale ad una normale) e che determinano una evoluzione non riconducibile a modificazioni del carico fiscale, come vorrebbe farci credere il partito dei ricchi.

I dati, che abbiamo in parte richiamato, ci dicono, ad esempio, che dai 910 globalisti del 2016 si è scesi agli 842 del 2018, ma per poi risalire nel 2020 ad un numero assai vicino a quello del 2016 (896 globalisti), per infine scendere ai 767 di fine 2022. Assistiamo quindi ad una evoluzione oscillante, in un trend che appare sostanzialmente stagnante.

Interessante invece, e incontestabile, che in tutto questo lasso di tempo, come abbiamo sottolineato dati alla mano, il gettito dei globalisti è aumentato di oltre il 50%. È sulla base di queste considerazioni l’MPS ha inoltrato negli scorsi giorni un’iniziativa parlamentare per aumentare l’imposizione fiscale dei globalisti.






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