Di Marija Miladinovic, tvsvizzera.it
Dal contrabbando di sigarette a quello della bistecca: i tempi sono cambiati, ma la tentazione di approfittare di prezzi più convenienti oltre il confine non è scomparsa. Se una volta i contrabbandieri, le bricolle piene di bionde, percorrevano i sentieri boschivi o di montagna, oggi tentano la fortuna attraverso i valichi stradali con automobili o furgoni stipati di carne nascosta nei bagagliai o sotto i sedili. E la quantità di carne scoperta dalle autorità è in costante aumento.
Costi, dazi e standard alti
Costi di produzione, dazi e standard elevati rendono la carne venduta in Svizzera mediamente il 150-200% più cara rispetto ai prezzi reperibili nei Paesi confinanti. Una differenza di costo ghiotta soprattutto per chi, con la carne, ci lavora: in particolar modo i ristoratori e le ristoratrici. Spesso sono infatti proprio loro a tentare la fortuna cercando di introdurre la merce illegalmente in Svizzera, oppure si rivolgono a quelle che sono diventate delle vere e proprie reti di traffico.
Con il passare degli anni, la quantità di prodotti sequestrati è in aumento. A dimostrarlo, i dati forniti dall’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (UDSC). Se nel 2022, la quantità di carne confiscata in tutto il Paese era pari a 120 tonnellate, questa cifra è più che raddoppiata attestandosi a 263 tonnellate nel 2023.
Come mostra il grafico qui sotto, si può inoltre constatare che, cinque anni prima, nel 2018 erano 91 tonnellate, così come nel 2013, ossia dieci anni prima dell’ultimo dato disponibile. Nel 2008, quindici anni prima, si parlava invece di “sole” 23 tonnellate di carne sequestrata.
Da noi contattato, l’UDSC specifica che – benché le quantità indicate nel comunicato non si riferiscano a casi scoperti nel traffico turistico, ma a carne destinata alla commercializzazione – le cifre riguardanti il contrabbando sono tuttavia comunque basse rispetto alla carne introdotta legalmente.
Proprio perché si parla di fini commerciali, spiega la portavoce dell’UDSC Nadia Passalacqua, oltre all’aspetto fiscale, occorre considerare il rischio per la salute pubblica. “Se la carne viene sequestrata, non significa sempre che ci fosse l’intenzione di contrabbandarla. Ad esempio, la carne può essere confiscata anche se la catena del freddo non è stata mantenuta come prescritto”. In tal caso, per questioni di sicurezza, la merce viene poi distrutta.
L’importante aumento registrato lo scorso anno è quindi in parte riconducibile alla scoperta da parte dell’UDSC di diversi casi eclatanti e in parte al fatto che l’importazione di derrate alimentari è in aumento in Svizzera.
Smascherati tredici esercenti in una volta
Restando in tema di casi eclatanti, tra il 2016 e il 2017, l’Amministrazione federale delle dogane (che oggi si chiama Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini) ha smascherato solo in Ticino ben 13 esercizi pubblici che hanno “ordinato, ricevuto e smerciato nell’ambito della propria attività in Svizzera oltre due tonnellate tra salumeria e carne fresca, 120 litri di olio d’oliva e 75 litri di limoncello. Tutta la merce è stata importata senza essere annunciata per il pagamento dei tributi”.
Stando agli inquirenti “il contrabbando era così organizzato: il trasportatore della merce utilizzava valichi incustoditi ingaggiando anche un complice il quale, dietro compenso, gli permetteva di facilitare il passaggio del confine senza incappare nei controlli dei doganieri”. L’inchiesta è finita in tribunale nel 2020.
Un fenomeno di cui si è occupato anche il programma di inchiesta della RSI Patti Chiari e che non risparmia nemmeno il resto della Svizzera.
“Non c’è bisogno di inasprire le regole”
Dopo ripetuti casi eclatanti balzati agli onori della cronaca, qualche anno fa è stato presentato in Governo un postulato intitolato “Frenare efficacemente il contrabbando di carne”. Il Consiglio federale ha risposto stilando un rapporto, nel quale asserisce però che per ora non sussiste la necessità di inasprire le regole esistenti.
Nell’immagine: quando il contrabbando lo faceva anche lo zio