KitKat, Smarties, Perrier, Nescafé, Nesquik, Nespresso, Nestea. Alzi la mano chi non ha, o ha avuto, in cucina un prodotto a marchio Nestlé. Il colosso alimentare svizzero è quasi onnipresente. Nel nostro mondo ricco,
così come nei Paesi più poveri. Tuttavia, non commercializzerebbe esattamente gli stessi prodotti: Nestlé aggiunge zucchero negli alimenti per bambini destinati ai Paesi a medio-basso reddito. Questa è la nuova accusa rivolta al gigante elvetico.
La denuncia arriva da un rapporto curato da “Public Eye”, organizzazione di giornalismo investigativo svizzera, in collaborazione con l’International Baby Food Action Network (IBFAN). Titolo: “Come la Nestlé opera per fare in modo che i bambini dei paesi poveri siano dipendenti dallo zucchero”. Lo studio ha preso in esame circa 150 prodotti per bambini venduti dal colosso alimentare nei Paesi a basso reddito. I risultati hanno dimostrato la presenza di dosi importanti di zuccheri aggiunti sotto forma di saccarosio, miele e dolcificanti.
Secondo le analisi, la quasi totalità di cereali per bambini a partire dai 6 mesi di età (il Cerelac) contiene zuccheri aggiunti. Quasi 4 grammi per porzione in media. Una quantità equiparabile a quella di una zolletta di zucchero. Tale quantitativo ha raggiunto addirittura 7,3 grammi per porzione nelle Filippine.
Stessi rilevamenti, seppur in misura minore, per Nido, latte in polvere per bambini da 1 a 3 anni. Sono stati scoperti in media quasi 2 grammi di zuccheri aggiunti per ogni porzione; 5,3 grammi è il valore massimo rilevato in un prodotto venduto a Panama. Si tratta dei due prodotti di punta della campagna condotta da Nestlé per promuovere una vita più sana tra i bambini nei suoi principali mercati in Africa, Asia e America Latina. Paesi, tra l’altro, dai quali genera buona parte dei proventi derivanti da questi due prodotti.
Nestlé dichiara pubblicamente di evitare alimenti per bambini che contengano zuccheri aggiunti. Ma non solo. Talvolta, accompagna tali dichiarazioni con la presenza di professionisti del settore medico e influencer dei social media per conquistare la fiducia dei genitori. Un linguaggio forte quanto ingannevole. Ma non per tutti. L’indagine svela infatti come gli stessi prodotti sono effettivamente senza zuccheri aggiunti quando venduti nel paese d’origine della multinazionale, la Svizzera, e nei principali mercati europei.
Si tratta dunque dell’ennesimo doppio standard. Inaccettabile dal punto di vista etico. Dannoso da quello della salute pubblica. E ingiustificabile sotto qualsiasi punto di vista. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) assumere zuccheri in quantità eccessive nei primi anni di vita può portare i più piccoli a sviluppare una preferenza per i prodotti zuccherati per tutta la vita. Conseguente è il rischio di sviluppare obesità e altre malattie croniche. Problematiche, tra l’altro, che sono sempre più in aumento nei paesi a basso reddito.
Dunque, una prassi che mette gravemente a rischio la salute dei bambini. Non è un caso se, nel 2022, la stessa organizzazione delle Nazioni Unite aveva chiesto di mettere al bando tutti gli zuccheri aggiunti nei prodotti per neonati e bambini sotto i tre anni d’età. Una linea guida che, a quanto pare, viene ritenuta valida solamente per I bambini occidentali, per i quali i prodotti vengono venduti in modi rispettosi degli standard OMS. Evidentemente, per la multinazionale elvetica ci sono bambini e bambini.
Nell’immagine: pubblicità del Cerelac