Seppelliti da una risata (ma non era il ’68)
Era invece il comunicato dell’abbandono dell’inchiesta penale sui fatti che portarono all’abbattimento di un’ala dell’ex Macello
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Era invece il comunicato dell’abbandono dell’inchiesta penale sui fatti che portarono all’abbattimento di un’ala dell’ex Macello
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Era invece il comunicato dell’abbandono dell’inchiesta penale sui fatti che portarono all’abbattimento di un’ala dell’ex Macello
L’altra mattina siamo stati improvvisamente seppelliti da una risata. No, non era il ’68 giunto con una cinquantina d’anni di ritardo, ma la reazione dei legali ticinesi di ogni ordine, grado e anzianità alla lettura del comunicato stampa della procura pubblica ticinese in cui era annunciato, o meglio confermato (perché neppure a Mogadiscio e dintorni si annuncia un non luogo a procedere ancor prima di aver eseguito gli interrogatori di rito), l’abbandono dell’inchiesta penale sui fatti che hanno portato alla demolizione di una parte dell’ex macello di Lugano, una risata cui si sono accodati nel giro di un nanosecondo cittadini di ogni sorta. Ovvia conclusione di una tristissima vicenda.
Gaudeamus igitur, esclamano da secoli i goliardi, e rendiamo lode a questa classe politica che ci ha portati, nel giro di qualche mese, dal dramma alla farsa. E forse anche oltre.
In mezzo abbiamo dovuto sorbirci ogni cosa, dalle esternazioni della prima ora alle versioni sempre più contraddittorie e divergenti seguite, dalla fola dell’occupazione abusiva (ma non c’era una convenzione-contratto siglata da Cantone e Comune da cui la città incassava un affitto a quattro zeri?) degli spazi pubblici da parte degli autogestiti alla loro criminalizzazione, tant’è che a tutt’oggi sembrano essere gli unici colpevoli della distruzione della loro casa (sì, siamo nel mondo alla rovescia di medioevale memoria!), dalle sceneggiate di medici e giornalai che accusavano non si sa bene chi di aver causato la morte di Santo Subito (a no, scusate, è stato il vaccino contro il Covid; anzi no, i referendisti anti-PSE; anzi no…), alla stigmatizzazione di tutti coloro che hanno considerato per lo meno problematico l’intervento delle autorità comunali e di polizia e che hanno provato o per lo meno chiesto di vederci chiaro.
Eppure i fatti sono stati sotto gli occhi di tutti, le macerie dello stabile, della legalità e dello stato di diritto pure. Perché se un privato cittadino qualsiasi avesse demolito uno stabile di sua proprietà senza permesso e senza rispettare le più elementari norme ambientali, sfrattando senza avere in mano la decisione di un giudice gli inquilini che lo abitavano (pardon, occupavano) e in surplus distruggendo le proprietà che questi avevano lasciato all’interno delle loro abitazioni, sarebbe ora sottoposto alle giuste sanzioni penali, civili e amministrative. I nostri, per decisione della nostra prode e indipendente magistratura, no: l’incolumità, messa a rischio dai “brozzoni”, del bianco vestito della nostra immacolata municipale imponeva un’azione rapida ed energica! Gaudeamus igitur, dunque, in alto i calici e lieti i cuori, ché se è vero che l’esempio vien dall’alto d’ora in avanti, per noi tutti, tutto o quasi sarà permesso, in una sorta di paese di cuccagna che non avrà eguali nel mondo.
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