Il difficile equilibrio
Fare a pezzi tutto ciò che viene dal passato non basta per un futuro più equo – A proposito delle polemiche sull’intervento di Paola Cortellesi all’apertura dell’Anno accademico della LUISS a Roma
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
Fare a pezzi tutto ciò che viene dal passato non basta per un futuro più equo – A proposito delle polemiche sull’intervento di Paola Cortellesi all’apertura dell’Anno accademico della LUISS a Roma
• – Simona Sala
Il verdetto che arriverà dalle urne, Trump o Biden, riguarderà tutti noi e ben oltre il 2024
• – Redazione
Il politologo: «Joe è debole, avrebbe dovuto fermarsi al primo mandato. Gli americani quando lo osservano pensano soltanto alla sua età»
• – Redazione
Con un nuovo presidente, in Guatemala si guarda ad un futuro democratico ma ci si prepara a contrastare un possibile colpo di stato e la deriva autoritaria
• – Tullio Togni
Dopo anni di esitazioni, le autorità americane di controllo accettano la quotazione in Borsa della più diffusa delle criptovalute: perché ora, e perché l'allarme rimane
• – Aldo Sofia
La politica luganese, anche attraverso il suo quotidiano di riferimento, non sa proprio cosa opporre alle azioni dell’autogestione se non pretesti sempre più goffi per invocare l’”ordine pubblico”
• – Enrico Lombardi
Il 54esimo forum mondiale dell’economia cerca di ristabilire la «fiducia» in un sistema frammentato che ha perso credibilità. In Svizzera 60 capi di Stato, 2800 invitati, le proteste contro il «greenwashing». Oxfam denuncia l’arricchimento dei miliardari e l’impoverimento dei salari e di intere popolazioni
• – Redazione
L’ex presidente ha trionfato in Iowa: tutti i punti del suo strapotere
• – Redazione
Dopo l’attesissimo voto e l’affermazione del partito democratico nulla cambia nella sostanza: per Usa e Cina l’isola rimane il nodo più rischioso per le loro relazioni, e per il pianeta
• – Aldo Sofia
La riforma fiscale e il preventivo 2024: quando la politica diventa indecorosa
• – Saverio Snider
Fare a pezzi tutto ciò che viene dal passato non basta per un futuro più equo – A proposito delle polemiche sull’intervento di Paola Cortellesi all’apertura dell’Anno accademico della LUISS a Roma
L’intelligente comica e attrice italiana, recentemente invitata dalla romana università Luiss a inaugurare l’anno accademico, ha proposto al pubblico presente una serie di riflessioni ruotanti intorno alla condizione femminile, in una società e un’epoca come le nostre, confrontate con una media di un femminicidio ogni 72 ore, dunque non proprio al riparo di qualsiasi forma di esercizio del patriarcato.
Nel suo lungo intervento alla Luiss la Cortellesi ripercorre, fra le altre cose, con una buona dose di ironia anche la genesi e lo sviluppo di C’è ancora domani – sottolineando come la salvezza della protagonista Delia fosse da imputarsi non all’intervento di un uomo (che tutt’al più nel film interviene per picchiare la moglie), quanto alla sua forza di tenere duro, in particolare «esercitando un diritto, suo e di milioni di altre donne. Si salva con la consapevolezza e un ritrovato rispetto di sé stessa». Di questo suo ampio discorso la stampa italiana ha riportato solo qualche breve passaggio. Ma non passaggi a caso, e come poteva essere altrimenti?, bensì quelli più spinosi, in cui Cortellesi scava nelle fiabe, che sono patrimonio dell’infanzia e dell’anima di ognuno di noi, dando così adito alle polemiche da parte degli avversari della political correctness.
Per scatenare la riflessione l’attrice ha infatti tentato dei paragoni, come quello che vorrebbe Biancaneve ridotta alla stregua di una qualsiasi colf, o Cenerentola a poco più di una umile sguattera. Cortellesi ha anche aggiunto alcune considerazioni, ad esempio sul valore della bellezza (nella fiaba ma anche nella società), in nome della quale sguarnite fanciulle finiscono sotto l’ala protettrice di meravigliosi principi azzurri, a differenza di altre giovani, magari dotate di altri valori come intelligenza oppure sense of humour.
Fra i molti che si sono sentiti toccati dal discorso della Cortellesi, la maggior parte senza ascoltare o leggere integralmente l’intervento ed ignorando la verve ironica che l’ accompagnava, non poteva non spiccare il solito Giuseppe Cruciani, giornalista e polemista, che dall’alto delle sue tristemente proverbiali finezza e classe, ha accolto con un «avete rotto il c.» il tema della riflessione, lamentando infinita esasperazione verso tutto ciò che anche solo lontanamente ha il sapore dell’inclusività.
Ma (e qui probabilmente casca l’asino) al netto di toni, atteggiamento e mancata disposizione al dialogo, il discorso della saturazione può anche contenere in nuce, se non semi di verità, almeno spunti di valutazione. L’operazione di prendere sotto la lente le fiabe analizzando attraverso di esse le strutture sociali, oltre a non essere nuova, non è di per sé sbagliata e senza dubbio può condurre a riflessioni interessanti, ma presenta un rischio, che è simile a quello che vediamo in occasione dei processi implicati nella cancel culture in senso lato.
Laddove si crede di potere rimuovere un’idea distruggendo ciò che la incarna, infatti, si rischia di avere alla fine unicamente un grande vuoto, che con tutta probabilità non sarà riempito di nulla di nuovo. In altre parole, prendendo un esempio che ci riguarda, se dovessimo distruggere la statua del nostro Alfred Escher (davanti alla Stazione centrale di Zurigo) per i suoi trascorsi schiavisti, cancelleremmo anche parte della nostra storia, che ci piaccia o no, sia perché non ci confronteremmo più con un aspetto del passato del nostro paese, sia perché sorvoleremmo sul fatto che Escher fu anche pioniere della ferrovia, e che dunque gli dobbiamo moltissimo. Lo stesso vale per le fiabe, e lo si può dire serenamente senza neanche scomodare il noto linguista e studioso delle narrazioni fiabesche Vladimir Propp: sono molto di più di una rappresentazione della società, andando a toccare aspetti profondi, anche del subconscio. Eliminandole cosa avremmo al loro posto?
Perché, allora, non trasformare ciò che ci infastidisce o non ci rappresenta (più)? Perché non dare delle targhe nuove alle statue, magari raccontandone la vera valenza, oppure spostarle, o affiancarvene altre? E alla stessa stregua, perché non raccontare le protagoniste delle fiabe oltre che come belle (non lo siamo forse tutte, chi più chi meno, come ci dicono pubblicità e social da mattina a sera?), anche come particolarmente furbe, e dunque straordinariamente intelligenti, e dunque capaci di salvarsi in una società che non era fatta per loro? In fondo, basterebbe qualche accorgimento qua e là, no?
Siamo in una fase di stravolgimenti sociali e individuali, diremmo liquida, mutuando il termine dal compianto Zygmunt Bauman, e proprio per questo meno sicura delle proprie strutture e delle proprie gerarchie di valori. Oggi forse più che mai è richiesto un incredibile sforzo di creatività, onde dar vita ad un’inclusività vera, che parta dal presupposto che esista un modo di coinvolgere il passato nel presente per continuare a raccontare la storia e le storie, anche dove fanno più male o dove ci fanno arrossire per la vergogna. In questo modo, forse, si creerebbe anche un terreno di confronto tra chi farebbe saltare il sistema in toto, e chi invece vede nella tradizione la propria forza, nonché ragione di esistere. Una nuova forma di inclusività, insomma.
Cosa dice e conferma la vicenda della fusione dei due giornali bernesi
Una recente decisione dell’Ufficio cantonale della migrazione concede che uno straniero nato e cresciuto in Ticino può restarci anche se povero