Quando il TG lo facevano i pionieri
Renzo Balmelli nel ricordo di chi ha lavorato con lui nella redazione di Zurigo
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
Renzo Balmelli nel ricordo di chi ha lavorato con lui nella redazione di Zurigo
• – Redazione
«I funzionari statali coinvolti nelle esportazioni di armi possono essere individualmente responsabili penalmente per aver aiutato e favorito eventuali crimini di guerra, crimini contro l’umanità o atti di genocidio”
• – Redazione
Quando i «fatti», in nome di una loro solo presunta oggettività, diventano armi retoriche brandite da una parte contro l’altra
• – Redazione
Il noto quotidiano zurighese si è schierato apertamente contro l’iniziativa lanciata dall’USS e da mesi non perde occasione per fare una chiara campagna in questo senso
• – Boas Erez
“Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento”, dice il presidente Mattarella
• – Redazione
Stampa / Pdf
• – Franco Cavani
Di Mattia Feltri, La Stampa Spero abbiate visto le immagini dei ragazzi presi a manganellate dalla polizia a Pisa. Sono ragazzi delle scuole superiori, coi capelli esuberanti, i...
• – Redazione
Da domani in libreria il primo romanzo della scrittrice romanda Odile Cornuz, uscito per le “Editions d’en bas” nel 2022 e appena edito in italiano dall’editore Capelli di Mendrisio
• – Michele Ferrario
Pubblicati gli scritti postumi di Robert M. Pirsig, l'autore del celebre "Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta"
• – Pietro Montorfani
“D’après Andrea Ghiringhelli”, leggendo e ripensando ad un suo recente intervento
• – Silvano Toppi
Sembra ieri che ci siamo visti ad Ambrì, a casa Mona, per il pranzo dei reduci del TG di Zurigo, come si diceva. Perché il Telegiornale della Televisione svizzera di lingua italiana ha due storie, quella di Zurigo, nata alla fine degli anni cinquanta, e quella di Comano, iniziata nel 1989.
In Leventina eravamo uno sparuto gruppo che si incontrava per gustare la pasta ai funghi, gustosissimi porcini raccolti da Guido Jelmini nei boschi sopra Catto. Al tavolo c’erano Mario Barino, insostituibile colonna del TG, Tiziana Mona, padrona di casa, prima donna presentatrice di un telegiornale in Europa, Edoardo Carlevaro, Franco Valchera, Franca Verda Hunziker, Peter Lorenzi, Zoe Salati e il sottoscritto. Un’occasione per ricordare un modo di lavorare e di vivere in redazione che ormai non esiste più.
La redazione delle origini si è assottigliata e ora te ne sei andato anche tu, ma rimarrai nella storia di questa piccola grande televisione, che hai visto nascere e hai contribuito a far crescere. Hai assunto la responsabilità del Telegiornale nel 1979, quando Dario Robbiani ha lasciato per intraprendere la strada della politica diventando consigliere nazionale e presidente del Partito socialista ticinese.
Hai gestito gli anni della trasformazione del TG. Il passaggio dalle macchine per scrivere, con i caratteri grandi perché poi si dovevano leggere i testi in diretta, ai computer. Parallelamente si moltiplicavano le immagini che arrivavano in redazione. All’inizio solo alle cinque di sera, poi, via via, una cascata di immagini in provenienza dal mondo intero.
La redazione di Zurigo aveva, ancora alla fine degli anni settanta, un carattere pionieristico. Era un’isola che si vantava di essere indipendente dal centro di Comano: lontana dal piccolo Ticino, dai condizionamenti, forse più immaginari che reali, che la storia del Cantone implicava. Il gruppo che aveva iniziato, con te c’erano Robbiani, Barino, Carlevaro, Costantini, Jelmini, Cambi, Mona era anche una cerchia di amici. Eravate molto giovani, trentenni di belle speranze. Lavorare a Zurigo voleva dire essere a contatto con i colleghi della redazione svizzero tedesca e romanda. Un’ottima occasione per realizzare la coesione nazionale.
Sei entrato nelle case ticinesi per anni, alle otto di sera. Ricordo che amavi ripetere, ai giovani che iniziavano, che “il mestiere va rubato”. In effetti, il giornalismo non è frutto dello studio (oggi ormai scontato) ma è curiosità, passione, ricerca, capacità di scrittura. Grande scuola il TG, per imparare a calibrare le immagini con i testi e, soprattutto, a scrivere in modo chiaro e conciso. La tua scrittura era particolarmente limpida, nitida, sempre chiara, senza inutili svolazzi. Una prova ulteriore di questa tua capacità di comunicare la si ritrova nelle tue “Spigolature”, rubrica dell’ Avvenire dei lavoratori, il giornale socialista fondato nel 1899 a Zurigo da emigranti italiani.
Al di là della tua passione per il giornalismo c’è stato, sempre, l’impegno e la vicinanza all’emigrazione italiana in Svizzera, a Zurigo in particolare. Sei sempre stato presente al Cooperativo, il ristorante degli emigrati, dove per decenni ha salutato i clienti l’effige di Carlo Marx e alle pareti c’erano i quadri di Mario Comensoli, il pittore ticinese che ha descritto operai in tuta blu e giovani punk. Il Cooperativo, triste coincidenza, ha appena chiuso i battenti.
Caro Renzo, a nome di tanti colleghi e, soprattutto, dei giovani che hanno iniziato con te, ti ringrazio per quanto ci hai insegnato. Con l’esempio che garantisce la qualità del lavoro con impegno ma anche con simpatia; con serietà ma pure con buone dosi di ironia; con fatica ma anche con leggerezza.
Grazie di cuore.
Fabio Dozio
Con Renzo Balmelli scompare una figura storica dell’informazione della RSI. Ho lavorato con lui per oltre 20 anni. È stato il mio capo esteri e capo del Telegiornale a Zurigo.
Una collaborazione intensa, in quanto i miei lunghi anni al Telegiornale erano per la maggior parte dedicati alla politica estera, in particolare Stati Uniti e Gran Bretagna, in pieno Thatcherismo.
Grazie a Renzo e alla sua disponibilità per la politica estera ho potuto realizzare reportages di grande interesse. In fondo si era un po’ immedesimato nel mio interesse per questi paesi, al punto che mi chiamava Charlie. Lavorare con lui è stato molto proficuo, non sempre facile. Aveva un carattere forte e ogni tanto lo stress aveva la meglio su di lui.
Renzo era sempre disponibile e pronto a darmi il benestare per trasferte impegnative come le elezioni presidenziali americane.
Lo ricordo anche come un ottimo presentatore del Telegiornale. Aveva una voce chiara e forte e penso che il pubblico lo sentiva un po’ suo, nel senso che sapeva superare la barriera della telecamera e arrivare direttamente al pubblico. La telecamera infatti non perdona. Non è un’amica. È severa e intransigente.
Caro Renzo, sono molto dispiaciuta per la tua scomparsa e per il lungo, troppo tempo che per mille ragioni hanno fatto si che non ci siamo più incontrati.
Sei stato presente e attivo nella mia carriera giornalistica per tanto tempo e sempre pronto ad ascoltarmi.
Per questo ti sono molto grata.
Buon viaggio Renzo.
Carla Ferrari
Era il 1. agosto del 1962: il mio arrivo al Telegiornale storico, il programma nazionale trilingue diffuso da Zurigo. Accolto a braccia aperte da Dario Robbiani, capo della redazione di lingua italiana, da Renzo Balmelli, suo vice e da Mario Barino.
Renzo, brillante, curioso, spiritoso, con una predisposizione per l’attualità internazionale, forse germogliata a Ginevra, dove aveva frequentato la scuola di interprete. Studi e ambiente, ma soprattutto la sua naturale curiosità, il suo desiderio di capire, l’avevano avvicinato al giornalismo, quello televisivo, agli albori, e quello scritto, che a volte esercitava indossando la veste di corrispondente di importanti quotidiani italiani, come Il Giorno. Un’attività benvenuta in quei tempi pionieristici.
Sposava, con estrema disinvoltura, l’impegno professionale con una quotidianità alimentata anche da passeggiate, battute, racconti divertenti. E con l’amata famiglia, riferimento costante, porto sicuro, che gli dava la forza e la tranquillità che si riflettevano nel suo modo di essere: aperto, divertente, impegnato.
Marco Cameroni
Nell’immagine: un giovanissimo Renzo Balmelli (a sinistra) nella redazione del Telegiornale a Zurigo con Guido Jelmini e Dario Robbiani
Per chi dice ‘ideologico’ e pensa di aver detto tutto
Attacchi e rimproveri americani alla Svizzera