Dal vassallaggio alla lezione assurda
Attacchi e rimproveri americani alla Svizzera
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
Attacchi e rimproveri americani alla Svizzera
• – Silvano Toppi
Il discorso del grande regista inglese sul palco del Festival di Locarno per presentare "The Old Oak"
• – Mario Conforti
Il sistema formativo pare giunto al paradosso: maggior selezione porta ad una riduzione dei futuri formatori e all’impossibilità di disporre di docenti formati - Di Manuela Mazzi
• – Redazione
Paura per l’ambiente. Nel 1992 già ne parlò Severn Cullis-Suzuki. Un malessere ancora oggi deriso
• – Redazione
Sull’iniziativa per la riduzione del canone radiotelevisivo si è espresso il Direttore generale della SSR Gilles Marchand. Puntuale è arrivata la bordata di critiche via social
• – Enrico Lombardi
La dura condanna contro il più noto oppositore russo sancisce il passaggio del regime Putin da un ‘paternalismo autoritario’ a una nuova forma di totalitarismo
• – Yurii Colombo
È la data di un’immane tragedia capitata in Belgio, che colpì soprattutto gli emigrati italiani
• – Paolo Di Stefano
La triste odissea migratoria delle donne bloccate al confine fra Italia e Francia nella testimonianza di Jacopo Colomba, responsabile dell’Ong “We World”
• – Roberta Bernasconi
Quello che arriva dal composito mondo giovanile e dalle sue diverse manifestazioni - Di Bruno Brughera
• – Redazione
A proposito del surriscaldamento degli oceani
• – Redazione
Si moltiplicano gli attacchi e i rimproveri degli Stati Uniti contro la Svizzera. E quel che le rinfacciano non è da poco: fiacchezza o inconsistenza politica, doppiogiochismo o lassismo nei confronti della Russia, corruzione del sistema giudiziario o dubbi sulla sua integrità. Non può non reagire, se esiste, il Dipartimento degli Affari esteri di Ignazio Cassis. A quanto risulta, inascoltato.
C’è da scommettere che avrebbe più efficacia, o suggerirebbe probabilmente agli americani qualche prudenza o ritegno, un intervento della ministra della Difesa, Viola Amherd: basterebbe accennare appena appena, a mo’ di promemoria, al contratto con la Lockheed per l’acquisto di 36 aerei da combattimento: si sa, infatti, che più della diplomazia o della politica possono il mercato o le possibilità di ritorsione economica.
Sono da annotare altre reazioni ufficiali o particolari di qualche importante personaggio. Quelle ufficiali (procura federale) dicono: non è vero niente, tutto infondato. C’è, a dire il vero, una timida puntualizzazione del Dipartimento degli Affari Esteri, il quale osa ricordare al potente Signore: “La Svizzera è uno Stato di diritto che funziona e nella quale la separazione dei poteri è rispettata”. Ciò che – là dove un ex-presidente è sotto accusa perché è dimostrato che quella separazione non riconosce e che lo stato di diritto non sa cosa sia – dovrebbe suonare, forse inconsciamente, più o meno così: “sentenziate dapprima in casa vostra, poi eventualmente venite a sentenziare su di noi.
Le reazioni particolari sono d’altro tono. L’ex-ambasciatore, Thomas Borer, ad esempio, commenta, quasi pauroso (in un’intervista alla SRF): stiamo attenti, la Svizzera deve agire immediatamente, altrimenti finisce sul banco degli accusati e tutto può trasformarsi in una crisi grave.
Il noto storico Sacha Zala, altro esempio, avverte invece che la Svizzera non è poi quella piccola cosa che si può ritenere. Non sarà una potenza politica, è vero, ma lo è economica e questo disturba e incattivisce gli americani; aggiungendo quindi, con senso storico ma non senza ironia: “il segreto bancario vi saluta” (sottintendendo che se una sacra istituzione nazionale come il segreto bancario è saltata in aria… andate a rivedervi le manovre e le costrizioni americane, a cominciare dalla questione dei fondi degli ebrei sino alla lunga sequela di multe inflitte alle banche svizzere per aver favorito l’evasione fiscale degli americani. A anche se, poi, altri stati americani, come il Delaware, ne hanno capito e adottato i trucchi in casa propria).
Meraviglia l’assenza di commenti da parte dei partiti. Forse perché tutti concentrati su ottobre (che non è il mese della rivoluzione) o perché preoccupati di non molestare chi manovra il dollaro e le leve della finanza, anche se i cittadini comuni ne hanno sempre patito gravi conseguenze (basterebbe pensare alla crisi del 2008). È in particolar modo la cartina al tornasole per l’Udc, sempre preoccupata con grandi proclami e profluvio di pubblicità per la sottrazione di sovranità nazionale da parte dell’Unione europea. Silente sugli Usa, che sono peggio.
Immaginiamoci infatti, come prova del nove, che da Bruxelles fossero arrivate le stesse accuse rivolteci dalle varie commissioni o da personaggi del Congresso di Washington: convocazione immediata dell’ambasciatore dell’Unione europea a Berna Mavromichalis, ritrattazione istantanea o minaccia di rottura di ogni rapporto (politico, si intende, non economico), sicuro trionfo dell’Udc antieuropea nelle prossime elezioni federali (ciò che gioverebbe, tra l’altro, anche agli americani, attualmente grandi profittatori della guerra in Ucraina nel settore energetico e in forte vena protezionistica antieuropea in molti settori, dall’automobile all’agricoltura alla farmaceutica).
Chi rileva tutto questo (che in parole concrete e dure significa “vassallaggio”) è subito etichettato come antiamericano (e, già che ci siamo, putiniano). E allora diciamo che dalla reprimenda americana potremmo anche trarre una utile lezione, benché abbia un poco dell’assurdo o della patetica commedia.
Non ancora insediata la Commissione d’inchiesta parlamentare sul caso Credito svizzero, che ne avrà comunque almeno per qualche anno, ecco che le autorità finanziarie americane, questa volta accompagnate dalla PRA ( Prudential Regulation Autorithy o Autorità di regolazione prudenziale!) della Banca d’Ingilterra, infliggono all’indaffarata UBS una corposa multa – che ha accettato di pagare – di oltre 387 milioni di dollari: le prime chiedono 268.5 milioni, la seconda 119.2 milioni. Per quale motivo? Per un solo caso: “per la cattiva gestione dei rischi del fondo americano Archegos” da parte del Credito Svizzero (che su queste operazioni rischiate, con l’incapacità di coprire le sue posizioni sul mercato, aveva già perso 5 miliardi di dollari!).
Dove sta quindi la lezione, paradossale? Sta nel fatto che la Finma, nostra autorità di sorveglianza, ha indicato (in un comunicato) di aver “constatato che Credit Suisse ha gravemente e sistematicamente violato le regole del diritto dei mercati finanziari nel contesto della sua relazione d’affari con il Familiy Office Archegos”. E ordina quindi a scoppio ritardato all’entità giuridica che è succeduta a CS (e cioè l’UBS) misure correttrici. Credit Suisse aveva però dono profetico e se l’aspettava: aveva infatti previsto accantonamenti di 35 milioni di franchi (40.4 milioni di dollari)…per eventuali multe legate ad Archegos (almeno così rilevava in un articolo dello scorso 20 giugno il Financial Times). Patetico.
Nell’immagine: Domenico Fetti, “La parabola della pagliuzza e della trave” (1619 ca.)
L’affermazione di Amalia Mirante non regge all’analisi storica
Le forme attuali del lavoro, sempre più precarie e "flessibili" rendono necessari nuovi diritti e nuovi mezzi di lotta per ottenerli