Non si illudono mica che cambi qualcosa. Eppure si mettono in fila, anche se ci sono dieci gradi sotto zero e un vento gelido che infilza. Un passante, incuriosito, si ferma e chiede: «Che cos’è? Una visita guidata?». «Macché», rispondono in coro. «Siamo qui per mettere la nostra firma per Boris Nadezhdin». Il sessantenne è l’unico candidato alle presidenziali a definirsi un «oppositore di principio del presidente» e a chiedere la fine dell’offensiva in Ucraina. È soltanto una “speranza” — nadezhda in russo, nomen omen. Ma è tutto quel che resta.
Chi è Boris Nadezhdin
Anche il curriculum desta sospetti. Consigliere comunale di Dolgoprudnyj, vicino a Mosca, Nadezhdin è un veterano della politica. Nel 1998 era assistente dell’allora premier e oggi influente primo vicecapo dell’amministrazione presidenziale Sergej Kirienko.
Poi è stato deputato della Duma nelle fila dell’Unione delle forze di destra di Boris Nemtsov, assassinato nel 2015. Ma quando Putin è salito al potere non è scomparso nell’oscurità della dissidenza come tanti altri.
Si è unito a partiti dell’opposizione sistemica avallata dal Cremlino come Partito della Crescita e Russia Giusta. E ha finito col recitare la parte del “capro espiatorio liberale” nei talk show della tv di Stato. Nel 2016 ha persino partecipato alle primarie di Russia Unita.
Stavolta ha il sostegno di un partito, Iniziativa Civica, creato da un ex ministro dell’Economia, ma non rappresentato in Parlamento. Perciò per candidarsi alla presidenza deve presentare entro il 31 gennaio almeno 100mila firme da almeno 40 delle 89 regioni russe, compresi i territori ucraini annessi.
Il balzo della raccolta firme dopo gli appelli degli oppositori
Nelle prime tre settimane i suoi sostenitori erano riusciti a raccogliere soltanto 25mila firme. Poi sono arrivate le dichiarazioni di sostegno degli oppositori in esilio, dall’ex magnate del petrolio Mikhail Khodorkovskij ai collaboratori del detenuto politico Aleksej Navalny, e le code si sono allungate in tutta la Russia, da San Pietroburgo alla Jakuzia, e anche in 22 Paesi della diaspora come Armenia o Israele.
Il contatore è balzato di colpo: in soli cinque giorni sono state raccolte altre 75mila firme. Traguardo raggiunto. E poi subito superato. Ma la raccolta continua perché la Commissione elettorale potrebbe invalidarle.
«Puntiamo a 150mila firme e a selezionarne 105mila per fronteggiare eventuali contestazioni», spiega la 42enne Maria Neeleva, elegante tubino nero, capa del quartier generale della campagna elettorale moscovita nel cuore dell’esclusivo e centralissimo quartiere Chistye Prudy.
«È un progetto ambizioso. Mi piace farne parte. Abbiamo inaugurato questa sede l’8 gennaio. Ci sono volute 10 lezioni per formare gli oltre 230 volontari. Ogni giorno in media abbiamo raccolto mille firme. Ma il picco è stato domenica: 2.500».
Le accuse: “Una candidatura concordata col Cremlino”
Anche se lui nega, in tanti pensano che Nadezhdin sia un fantoccio del Cremlino. E che gli sia stato permesso di avviare la campagna elettorale soltanto per dare una spolverata di democrazia al voto e anche per dimostrare quanto sia trascurabile il sostegno all’opposizione assegnandogli una percentuale irrisoria. Lo stesso ruolo che ebbe nel 2018 Ksenia Sobchak con il suo 1,68%. Ma ora come ora, in Russia, mettere una firma per Nadezhdin è tutto quel che c’è di più vicino a una protesta.
«Sarà pure una montatura. Ma non è forse una montatura quella in cui viviamo da quasi 25 anni?», chiede Andrej, imprenditore agricolo 53enne tutto imberrettato. È l’ultimo di una coda che si allunga per più isolati man mano che la gente finisce di lavorare. «Firmare — dice — è l’unico modo legittimo di fare sentire la nostra voce».
Un giovane, capello lungo e orecchino, ascolta in silenzio e annuisce. Ci si sente complici anche se ti divide tutto, pure l’età. Si viene qui anche per questo. «Per non sentirsi soli».
Andrej non si illude. «Temo che non vedremo il nostro candidato alle urne. Si sta iniziando a sollevare troppo clamore». Secondo la pubblicazione indipendente Verstka, Nadezhdin «inizialmente era un candidato concordato con il Cremlino», ma ha perso ogni sostegno dopo essersi non solo pronunciato contro l’offensiva, «un errore fatale», ma anche contro Putin.
Lo accusa di «vedere il mondo dal passato e di trascinare la Russia nel passato». La scorsa settimana ha incontrato le madri e mogli dei mobilitati. Se eletto, ha promesso di riportare a casa i soldati e liberare i prigionieri politici. Ha anche definito «sciocchezze da Medioevo” gli attacchi al diritto d’aborto e le leggi contro il movimento Lgbt.
«Se escludono Nadezhdin, il dilemma sarà: votare o non votare?», prosegue Andrej. «Ma decido un passo alla volta». Anche qui si avanza a piccoli passi. Mani in tasca e cappucci in testa. Un volontario si fa strada con un thermos: «Tè caldo?». Un altro si sgola: «Scusateci per l’attesa. Vi ringrazio di essere qui. Siete i nostri anonimi eroi».
Le firme per dire “no” al conflitto in Ucraina
Da Andrej a Polina, la prima della fila, passano un’ora e una generazione. Chioma ramata e pelliccia voluminosa, ha trent’anni e fa la fotografa. «Sono qui per dire “no” a questo conflitto insensato. Non è che ci siano altri modi. Due anni fa ero scesa in piazza, ma non è cambiato nulla».
L’ingresso si apre, ma ci sono gradini da scendere e un’altra fila da fare in un angusto seminterrato su cui si aprono tre stanzette dall’aria stantìa dove operosi volontari compilano gli elenchi. Uno indossa un berretto da Babbo Natale. Firma una studentessa di Kazan, Tatarstan. Firma una giovane coppia di fidanzati di Omsk, Siberia occidentale. Firma una pensionata entusiasta di passaggio da Tula, più a Sud. Ma perlopiù sono giovani, giovanissimi.
Una canzone nell’aria: “Lascia che ti abbracci, fratello”
Fuori, intanto, si è messo pure a nevicare fiocchi obliqui. Per ingannare l’attesa, Lilija Gjuler sfodera la sua chitarra e canta con voce angelica, Prosvistela, “Ha fischiato”, della band Ddt. Il vocalist, Jurij Shevchuk, è stato multato per “fake news” sull’esercito.
«È un auspicio. Contro Putin e contro il conflitto. Non mi sono mai considerata un’attivista e ho poche speranze che cambierà qualcosa, ma voglio difendere la mia posizione civica». In tanti si uniscono alla sua voce quando intona l’ultimo verso: «Il mondo è così piccolo, lascia che ti abbracci, fratello».
Nell’immagine: cittadini russi in fila