Un triciclo che neanche Stanley Kubrick, nella celebre scena di “Shining” avrebbe potuto immaginare e far inforcare al bambino in fuga nel labirintico giardino dell’albergo abbandonato. È il ricostituito (ma fino a quando?) “triciclo” formato dal centrodestra nostrano, ovvero Centro, PLR e Lega (e con l’Udc tagliata fuori, per decreto), un’alleanza messa in piedi più per necessità che per convinzione, in funzione della volontà di trovare una maggioranza parlamentare che possa infine approvare il preventivo 2024 dello Stato.
Ma diciamocelo, non senza una certa inquietudine: il cittadino elettore forse mai come in questo periodo si trova davanti uno scenario dai tratti quasi incomprensibili, in cui puntualizzazioni, comunicati, decisioni (di partiti, di singoli politici, di commissari) si susseguono e si sgranano come un rosario, fra invocazioni e autoassoluzioni .
Il tema, sostanzialmente finanziario, intorno a cui si arroventa da settimane (e forse anche più) il dibattito, con le sue conseguenti polemiche, è di per sé di non facile ed immediata comprensione, specie per chi già di suo riesce a mala pena a far quadrare i conti di casa alla fine del mese. Figuriamoci dunque quanto possa essere chiaro a chiunque cosa significhi mettere mano ai conti del Cantone in relazione al fatto che da una decina d’anni a questa parte il “pareggio di bilancio” è un obiettivo quasi sacro, ancorato addirittura nella costituzione.
Da un decennio insomma, più o meno sottotraccia, cova come brace, un principio che di per sé si può concretizzare in due modi (detto molto rozzamente): con la diminuzione delle spese o con l’aumento delle tasse. Che poi la materia possa essere (com’è) molto più complessa e sfumata di così, è diventata materia per discussioni fra addetti ai lavori (analisti finanziari, economisti, ecc.) mentre la politica ne ha fatto un oggetto sostanzialmente divisorio, adeguatamente impugnato dalle destra in nome di teorie come quelle dello “sgocciolamento”, per puntare tutto sui tagli alla spesa senza toccare la fiscalità se non a favore degli alti redditi.
Con il famigerato “Decreto Morisoli” è come se lo spinoso problema si sia manifestato, dopo anni di tentennamenti e ripensamenti, in maniera drastica ed ineludibile, addirittura con il gravame di un termine (il 31 dicembre 2025) in cui andrebbe definitivamente raggiunto questo benedetto pareggio di bilancio. Il Governo si è visto così costretto a fare l’esercizio concreto di presentare drastiche misure di contenimento della spesa con il risultato di mostrare che così facendo si toccano per forza gangli vitali della vita economica, soprattutto nel settore pubblico.
A tutti è parso immediatamente evidente che si tratta di misure chiaramente impopolari; a cominciare dai membri della Commissione della gestione, poi dei partiti, tutti a prenderne le distanze, eccepire su questo o quel dettaglio, o su tutta l’intera operazione, come sta avvenendo a sinistra (dove, per la verità, 10 anni fa il principio del pareggio era stato accettato, pur a denti stretti).
Il fatto è che ora si evoca il fattore “tempistica”, una congiuntura post-pandemica che ancora sta infierendo sui bilanci di molte famiglie colpite proditoriamente dagli inusitati aumenti del premi di cassa malati e più in generale del costo della vita. Ecco che, a questo punto, l’applicazione delle misure presentate dal Governo diventano un oggetto del contendere di cui si dice di tutto per non assumersene la paternità e la responsabilità, mentre la Piazza comincia legittimamente a farsi sentire, esasperata da una situazione in cui, francamente, la classe politica sta mostrando tutte le proprie debolezze progettuali, abituata com’è, da troppo tempo, ad impugnare argomenti e posizioni dal fiato cortissimo, oggi per domani, dopodomani chissà, si vedrà.
Le reazioni di questi giorni alla mobilitazione di sabato scorso a Bellinzona sono lì a dirci che fra Palazzo e Piazza si sta creando una spaccatura evidente che andrà considerata con la dovuta attenzione e preoccupazione. Giochetti e slogan di comodo forse cominciano ad essere un po’ troppo scoperti, ed i “vergogna” che echeggiavano fra piazza Collegiata ed il Palazzo delle Orsoline sono lì a testimoniare che con soluzioni da “triciclo” come quelle che sembrano emergere in questi giorni, si potrà arrivare all’approvazione del preventivo, ma si accentuerà la sensazione, sempre più diffusa, che nell’emiciclo parlamentare si sta giocando con il fuoco, a furia di accordi di comodo e progetti tutti fondati sulla loro valenza elettorale.
Perché davvero a leggere e ad ascoltare quanto stanno raccontando in questi giorni i vari rappresentanti di Lega, Plr e Centro, c’è da preoccuparsi su quanto poco si riesca a capire di cosa vogliano fare e secondo quale strategia o “visione”. Lo stesso Morisoli, di casa a “Matrioska” di Teleticino, cerca di sottrarsi alle conseguenze del suo decreto (la colpa è del Governo, eh certo, mica sua): e il cittadino elettore dovrebbe riconoscersi in questo modo di procedere?
D’altro canto, proprio quel “fronte” politico ha, per voto popolare e democratico, la maggioranza e dunque potere decisionale. È a quel “fronte” che si deve in buona sostanza, la situazione cui si è arrivati in queste settimane, in questi giorni. E qui varrebbe probabilmente la pena di dire che si potrebbe aprire una “stagione” diversa per la sinistra. La mobilitazione di sabato scorso, frutto di un accordo fra numerose organizzazioni politiche, sindacali e della società civile, ha certamente lasciato un segno, che sta alla sinistra tenere ben vivo e presente, provando magari a considerare questa forma di “attivismo politico” altrettanto efficace ed importante della corsa ad una poltrona. A maggior ragione, se le poltrone si continuano a perdere, come sta avvenendo, nonostante che le si voglia conquistare ad ogni costo. Forse è proprio il caso, oggi, che si persegua un nuovo modello di dialogo con l’elettore e lo si sottragga dai populistici allettamenti e dalle promesse di quel “fronte” che ci ha portati a questo punto. Che la Piazza torni ad essere un punto di incontro, di confronto, di progettualità capace di imporre al Palazzo un’agenda diversa, meno ancorata a logiche di opportunità e convenienza partitica, capace di far capire, per esempio, che le spese potrebbero poi essere anche considerate degli investimenti. Se si vuole pensare davvero al futuro.
Nell’immagine: i “vergogna” che echeggiavano fra piazza Collegiata ed il Palazzo delle Orsoline