Una grande coalizione per la pace tra Usa, Europa e Arabia Saudita
In un solo giorno sono stati uccisi più israeliani che nelle tre guerre dal 1948 al 1967. Serve uno sforzo corale per fermare Hamas che coinvolga anche le autorità palestinesi
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In un solo giorno sono stati uccisi più israeliani che nelle tre guerre dal 1948 al 1967. Serve uno sforzo corale per fermare Hamas che coinvolga anche le autorità palestinesi
• – Redazione
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• – Redazione
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• – Redazione
In un solo giorno sono stati uccisi più israeliani che nelle tre guerre dal 1948 al 1967. Serve uno sforzo corale per fermare Hamas che coinvolga anche le autorità palestinesi
Israele ha appena vissuto il giorno peggiore della sua esistenza. In sole 24 ore sono stati massacrati più civili israeliani di tutti i civili e i soldati israeliani morti nella Guerra del Sinai del 1956, nella Guerra dei Sei giorni del 1967 e nella Seconda guerra del Libano insieme. I racconti e le immagini che arrivano dall’area occupata da Hamas sono raccapriccianti. Molti miei amici e parenti hanno subito atrocità indicibili. Questo significa che adesso anche i palestinesi stanno per affrontare un pericolo enorme.
Il Paese più potente in Medio Oriente freme livido di dolore, paura e rabbia. Io non ho né l’autorità morale né le conoscenze necessarie a comunicare come appaiono le cose dalla prospettiva palestinese. Ma, nel momento del dolore più grande per Israele, vorrei lanciare un monito su come appaiono le cose agli occhi di Israele.
Spesso la politica funziona come un esperimento scientifico, condotto su milioni di persone con pochi vincoli etici. Si collauda qualcosa (…) si osserva attentamente il risultato, si decide se procedere lungo quella strada specifica. Oppure si fa marcia indietro e si prova altro. Il conflitto israelo-palestinese è andato avanti così per decenni, con sperimentazioni ed errori.
Durante il Processo di pace di Oslo degli anni ’90 Israele dette una possibilità alla pace. (…) Durante quel processo di pace, Israele concesse un controllo parziale della Striscia di Gaza all’Autorità Palestinese. Agli israeliani ne derivò la peggiore campagna terroristica mai vissuta fino ad allora. (…) Quella campagna terroristica non soltanto uccise centinaia di civili israeliani, ma annientò anche il processo di pace e la sinistra di Israele. Forse, l’offerta di pace di Israele non fu abbastanza generosa. Possibile che il terrorismo sia stato l’unica reazione?
Dopo il fallimento del processo di pace, a Gaza Israele sperimentò il disimpegno. Alla metà degli anni Duemila, Israele si ritirò unilateralmente dall’intera Striscia, smantellò tutti gli insediamenti che aveva a Gaza e fece ritorno all’interno dei confini riconosciuti a livello internazionale prima del 1967. È vero, ha continuato a imporre un embargo parziale alla Striscia di Gaza e ad occupare la Cisgiordania, ma il ritiro da Gaza fu in ogni caso un passo molto significativo per Israele e gli israeliani hanno atteso con ansia di constatare con i loro occhi quale sarebbe stato l’esito di quell’esperimento. Quello che restava della sinistra israeliana sperò che i palestinesi avrebbero fatto un tentativo concreto per trasformare Gaza in una città-stato prospera e pacifica, una sorta di Singapore mediorientale (…)
Certo, è difficile creare una nuova Singapore con un embargo parziale. Nondimeno, un tentativo avrebbe potuto essere fatto, nel qual caso le potenze straniere e l’opinione pubblica israeliana avrebbero esercitato molte più pressioni sul governo israeliano per togliere l’embargo a Gaza e raggiungere un accordo degno di questo nome anche per la Cisgiordania. Invece, Hamas ha assunto il controllo totale della Striscia di Gaza e l’ha trasformata in una base terroristica dalla quale lanciare ripetuti assalti e aggressioni contro i civili israeliani. Un altro esperimento è finito così in un fiasco.
Questo ha determinato il discredito totale di quello che restava della sinistra israeliana e ha portato al potere Benjamin Netanyahu e il suo governo di falchi. Netanyahu ha patrocinato così un ulteriore esperimento. Poiché la coesistenza pacifica aveva fallito, ha adottato una politica di coesistenza violenta (…). Perfino i fanatici messianici israeliani hanno dato prova di scarsa volontà di riconquistare la Striscia di Gaza e perfino chi era di destra ha sperato che le responsabilità legate al fatto di governare più di due milioni di persone poco alla volta avrebbero reso Hamas più moderata. (…)
E adesso? Quale sarà il prossimo esperimento? Nessuno lo sa per certo, ma in Israele corrono alcune voci secondo cui ci si orienterà per la riconquista della Striscia di Gaza o per la sua distruzione totale. Da una politica di questo tipo nascerebbe la peggiore crisi umanitaria mai vissuta nella regione dal 1948. Se poi Hezbollah e le forze palestinesi della Cisgiordania dovessero dare manforte ad Hamas, il bilancio potrebbe raggiungere le migliaia di morti, e milioni di persone sarebbero allontanate dalle loro case. In entrambi i versanti, di qua e di là della recinzione, ci sono fanatici religiosi fissati con le promesse divine e la guerra del 1948. I palestinesi sognano di ribaltare l’esito di quella guerra. I fanatici ebrei come il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich sono arrivati al punto di dire ai cittadini arabi di Israele che «si trovano lì per sbaglio, perché Ben-Gurion (Primo ministro israeliano) non andò fino in fondo nel 1948, e non li scacciò». Il 2023 potrebbe mettere i fanatici di entrambe le controparti nella posizione di perseguire le loro fantasie religiose e di combattere di nuovo la guerra del 1948. Con l’aggiunta della vendetta.
Anche se non si arrivasse a questi estremi, per il processo di pace israelo-palestinese verosimilmente l’attuale conflitto sarà l’ultima goccia che fa traboccare il vaso. I kibbutz lungo il confine con la Striscia di Gaza sono state comuni socialiste e tra i bastioni più tenaci della sinistra israeliana. Conosco persone di quei kibbutz che, dopo anni di esplosioni quotidiane di razzi sparati da Gaza, si aggrappano ancora alla speranza di una pace, come se si trattasse di un culto. Quei kibbutz sono stati spazzati via e alcuni degli ultimi pacifisti sono stati massacrati mentre seppellivano i loro cari, oppure sono tenuti in ostaggio a Gaza. (…)
Quello che è successo non può essere cambiato. I morti non possono essere riportati in vita e i traumi personali non guariranno mai del tutto. Dobbiamo però scongiurare un’ulteriore escalation. Molte forze nella regione attualmente sono governate da irresponsabili fanatici religiosi. Di conseguenza, per impedire che il conflitto degeneri, è indispensabile che intervengano forze esterne. Tutti coloro che auspicano la pace devono condannare senza ambiguità di sorta le atrocità commesse da Hamas, devono esercitare pressioni su di essa affinché tutti gli ostaggi siano rilasciati immediatamente e incondizionatamente, e devono contribuire a dissuadere Hezbollah e l’Iran dall’intervenire. Israele avrebbe così un margine di respiro e un piccolo raggio di speranza.
In secondo luogo, una coalizione di volenterosi – che riunisca Usa, Ue, Arabia Saudita e Autorità Palestinese – dovrebbe prendere da Hamas il controllo della Striscia di Gaza, ricostruirla e al tempo stesso disarmare completamente Hamas e demilitarizzare la Striscia. Ci sono soltanto piccole flebili speranze che quanto detto si possa realizzare. In ogni caso, dopo le recenti barbarie, la maggior parte degli israeliani non pensa di poter vivere con niente meno di questo.
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