Equidistante? No, impotente
Il conflitto fra Israele e Palestina è il prodotto di intolleranti, prepotenti, estremisti, fanatici. Dalle due parti
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Il conflitto fra Israele e Palestina è il prodotto di intolleranti, prepotenti, estremisti, fanatici. Dalle due parti
• – Redazione
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Il conflitto fra Israele e Palestina è il prodotto di intolleranti, prepotenti, estremisti, fanatici. Dalle due parti
Il jihadismo è sterminio organizzato, eliminazione degli impuri nel nome dei puri che voleranno in paradiso su un tappeto di sangue (altrui). Hamas lo ha confermato. Trucidare i bambini è nazismo reincarnato. Gaza è una enorme prigione a cielo aperto, nella quale quasi tutti gli imprigionati sono innocenti. Tra di essi, quasi un milione di bambini e di ragazzini. Gaza è una delle vergogne del mondo.
La distruzione dello Stato di Israele è nei programmi, e nei proclami pubblici, di una parte significativa del mondo arabo e dell’Iran. Nei campi profughi di Sabra e Chatila, nel 1982, l’esercito libanese con l’appoggio degli israeliani al comando di Sharon uccise un numero ancora imprecisato di civili inermi (comunque più di mille) tra i quali moltissimi bambini.
Scrivo questo elenco risicato, precario, che potrebbe essere allungato all’infinito, non perché io voglia sembrare equidistante (parola orribile, ipocrita) ma perché non è vero che hanno tutti ragione. Hanno tutti torto. E i soli che hanno ragione (i pacifici e i riflessivi delle due parti) sono fuori gioco da anni, impotenti, zittiti, esclusi da un gioco che è fatto solo per gli intolleranti, i prepotenti, gli estremisti, i fanatici.
Riascoltate, vi prego, Sidùn di Fabrizio De André e Mauro Pagani. Scritta per un bambino di Sabra e Chatila, suona identica, quarant’anni dopo, per un bambino dei kibbutz massacrato dai miliziani di Hamas. E identica significa identica: uguale nella descrizione del male, del dolore degli inermi, dell’indifferenza degli assassini. Se qualcuno di voi è capace di stabilire una differenza, me la spieghi, per favore. Io non sono capace. Se vi fa comodo, chiamatemi pure equidistante. Preferisco: impotente.
Il mio bambino il mio
il mio
labbra grasse al sole
di miele di miele
Tumore dolce benigno
di tua madre
spremuto nell’afa umida
dell’estate dell’estate
E ora grumo di sangue orecchie
e denti di latte
e gli occhi dei soldati cani arrabbiati
con la schiuma alla bocca cacciatori di agnelli
A inseguire la gente come selvaggina
finché il sangue selvatico non gli ha spento la voglia
e dopo il ferro in gola i ferri della prigione
e nelle ferite il seme velenoso della deportazione
Perché di nostro dalla pianura al molo
non possa più crescere albero né spiga né figlio
ciao bambino mio l’eredità
è nascosta
In questa città
che brucia che brucia
nella sera che scende
e in questa grande luce di fuoco
per la tua piccola morte
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