Putin, il giornalista compiacente e la conferma del vero obiettivo cercato con la guerra in Ucraina

Putin, il giornalista compiacente e la conferma del vero obiettivo cercato con la guerra in Ucraina

L’esistenza di una nazione indipendente non sarà mai accettata dal presidente russo, lasciando aperta la porta di altre aggressioni militari


Yurii Colombo
Yurii Colombo
Putin, il giornalista compiacente e la...

Dal nostro corrispondente da Mosca

La tanto attesa, almeno a Mosca, intervista di Tucker Carlson è andata in onda a Mosca alle due di notte. E ha partorito un topolino dal punto di vista mediatico.

Secondo l’editorialista dell’ufficioso “Ria Novosti”, il colloquio doveva permettere al presidente russo di entrare nel dibattito pre-elettorale americano. Il capo del Cremlino, a differenza dell’inflazionata tesi dell’interferenza russa nelle elezioni Usa del 2016, poi onestamente vinte da Trump, poteva giocarsi davanti al pubblico americano la carta della guerra in Ucraina, che divide profondamente la politica statunitense, mettendo così il suo peso sulle presidenziali statunitensi di quest’anno. E invece, tutto ciò non si è percepito. L’intervista è scivolata via noiosamente e senza sussulti.

Neppure il suo messaggio-mantra per cui “Biden non sta facendo gli interessi americani finanziando la guerra in Ucraina” è risultato chiaro e incisivo. Putin – assecondato da un intervistatore di dichiarata fede trumpiana, ammiratore del capo del Cremlino, che ha quindi evitato qualsiasi interrogativo davvero scomodo – non ha detto assolutamente nulla di nuovo, tanto è vero che i mass-media russi stanno faticando per trovare oggi una “headline” o un “sunto” dell’intervista da proporre come “top news”.

Neppure Carlson, comunque, ne ha tratto un qualche vantaggio. Meno di un anno fa, il giornalista era stato licenziato dalla “Fox”, la tv vicina all’ex capo della Casa Bianca, dove conduceva il talk show politico più popolare dell’emittente. Era diventato troppo tossico anche per la rete che sostiene i repubblicani, perché ormai troppo allineato sulla linea dell’attacco frontale alla “palude di Washington”. Diventato il megafono di ogni tipo di dietrologismo e del livore verso qualsiasi agenda dei diritti civili, alla fine respingeva più pubblico di quanto ne attirasse. E anche questa intervista non si è dimostrata uno scoop, né interesserà più di tanto l’ oscillante opinione pubblica americana.

Per gli analisti specialisti della materia, il colloquio Carlson-Putin è stato invece di sicuro interesse: ha infatti evidenziato in modo chiaro e inequivocabile le mire del neo-zar e la sua idea della futura Europa orientale.

Nelle due ore o otto minuti su cui si è snodato il monologo, oltre venti sono stati dedicate a dimostrare attraverso una traballante cronologia storica a partire dalla Rus’ di Kyiv che l’Ucraina attuale è in gran parte Russia mentre le sue zone orientali non sarebbero altro che un dividendo delle rivendicazioni territoriali di Stalin nei i confronti di Ungheria, Polonia e Romania alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Rispetto alla versione della ricostruzione storica proposta il 22 febbraio 2022, Putin ha voluto aggiungere un’esca non secondaria: l’invito ai Paesi del Centro Europa (Polonia, Ungheria, Romania) a dilaniare l’Ucraina strappando a Kyiv quei brandelli di “eredità storica” che spetterebbe loro. Si tratta di un neppure tanto velato invito alla balcanizzazione dell’Ucraina che in termini più crudi già perorato dal suo braccio destro, Dmitry Medvedev, su “Telegram” lo scorso 17 gennaio:

“L’esistenza dell’Ucraina – aveva scritto Medvedev – è mortale per gli ucraini. E non mi riferisco solo allo Stato attuale, al regime politico erede del nazista Bandera. Sto parlando di qualsiasi Ucraina, assolutamente qualsiasi”.

Così è evidente che la presenza di uno Stato indipendente nei territori storici russi sarà un motivo costante per riprendere le ostilità. Dal punto di vista del Cremlino, chiunque sia al timone della nuova entità cancerosa chiamata Ucraina, non aggiungerà legittimità al suo governo e legittimazione giuridica al “paese” stesso. E, quindi, la probabilità di un nuovo scontro rimarrà: indipendentemente dai documenti di sicurezza che l’Occidente firmerà con quello che per Mosca rimane il “regime fantoccio di Kiev”. Né l’associazione dell’Ucraina all’UE, né l’adesione di questo “paese artificiale” alla NATO potranno cambiare questa realtà, che lascia dunque aperta la possibilità di altri attacchi militari.

Ecco perché l’esistenza dell’Ucraina – dice la Russia – è fatale per gli stessi ucraini. Dopotutto, gli ucraini sono persone pratiche. E non importa quanto desiderino la morte dei russi in questo momento, quanto odino la leadership russa, quanto aspirino all’alleanza con l’Occidente. “Scegliendo tra la guerra eterna e l’inevitabile morte, e la vita, la maggioranza assoluta degli ucraini (ad eccezione di un numero minimo di nazionalisti delinquenti) sceglierà alla fine la vita. Si renderà conto che la vita in un grande Stato comune, che ora non gli piace molto, è meglio della morte: della loro morte e di quella dei loro cari. E prima gli ucraini se ne renderanno conto, meglio sarà”.

Putin a conclusione dell’intervista. E a Carlson garantisce che con gli ucraini, visto che “siamo un solo popolo” (anzi gli ucraini sono dei piccoli russi!) ci si metterà d’accordo.

L’obbiettivo del regime del Cremlino si svela perciò definitivamente: è sottomettere tutta la riva destra del Dnepr alla Russia, alimentando ad ovest gli appetiti nazionalistici in Centro-Europa. In definitiva, un’Ucraina dilaniata. Purtroppo non in tutte le capitali del Vecchio Continente e in tutta l’opinione pubblica europea ciò è stato finora compreso. E aspettare ancora a capirlo potrebbe diventare troppo tardi.

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