Bill Emmott: ”Dall’Ucraina a Gerusalemme l’incubo della guerra mondiale”
Iran, Cina, Russia, Nord Corea contrastano gli Usa in ogni modo, ma hanno molte debolezze. Biden ha giustamente evitato le crociate di Bush, contenere il conflitto è l’opzione migliore
Sarebbe perdonabile se, una volta atterrato in Israele, Joe Biden si fosse chiesto se quello su cui metteva piede era un trampolino della Terza guerra mondiale. Ora che all’improvviso la guerra in Medio Oriente si è riaccesa con gli orrori di Hamas del 7 ottobre, è reale il pericolo che il conflitto si ampli coinvolgendo anche il sostenitore Numero Uno di Hamas, l’Iran, e Biden sa meglio di chiunque altro che nel mondo i due amici più stretti dell’Iran sono Russia e Cina.
Nel 2001, dopo i devastanti attentati dell’11 settembre contro l’America, il predecessore di Biden, George W. Bush, scelse di denominare i nemici più importanti del suo Paese “Asse del male”, costituito da Iran, Iraq e Corea del Nord, tutti Paesi uniti all’epoca dall’opinione che l’America si era fatta di loro: erano tutti determinati a mettere a punto armi di distruzione di massa. Adesso, a vent’anni di distanza, sappiamo che nel mondo esiste quello che potremmo denominare l’“Asse dell’ostilità”, formato questa volta da quattro Paesi — Russia, Cina, Iran e Corea del Nord — raggruppati apertamente e semplicemente dal desiderio comune di contrastare e compromettere la leadership occidentale ed esercitare la loro influenza ovunque e ogni volta che possono. Nondimeno, è degno di nota il fatto che il presidente Biden abbia evitato di seguire l’esempio di Bush e di definire i nemici del suo Paese e dell’Occidente in questi termini. Sarebbe facile farlo, perché Russia e Cina hanno reso nota una loro dichiarazione congiunta nella quale hanno dichiarato ufficialmente la loro ostilità soltanto tre settimane prima che la Russia invadesse l’Ucraina nel febbraio 2022; perché la Corea del Nord ha reso esplicito il suo sostegno alla Russia durante la visita del presidente Kim Jong-Un in Russia del mese scorso, finalizzata alla vendita di armi; e perché l’Iran oppone una strenua resistenza all’Occidente fin dai tempi della sua rivoluzione teocratica del 1979». Ci sono rischi evidenti che il conflitto possa allargarsi. La guerra in Ucraina dura ormai da più di 600 giorni e sappiamo che sia l’Iran sia la Corea del Nord stanno fornendo armi alla Russia, mentre la Cina le offre sostegno morale e tecnologico. Il pericolo più grande di una conflagrazione vera e propria va fatto risalire all’esplicito desiderio di Pechino di annettere l’isola di Taiwan, assumendo così il controllo marittimo su Mar Cinese Meridionale, Mar Cinese Orientale e Pacifico Occidentale, desiderio tacitamente sostenuto dalla dichiarazione congiunta russo-cinese del febbraio 2022. Se dovesse scoppiare una guerra per Taiwan tra Cina, Stati Uniti, Giappone e Taiwan, è assai probabile che la Corea del Nord cercherebbe di approfittarsi della situazione e che attaccherebbe la Corea del Sud per cercare di conquistarla». La posta in gioco è altissima. Per questo stesso motivo il presidente Biden fa bene a non definire gli oppositori del suo Paese come ha fatto Bush, perché farlo vorrebbe dire scatenare il conflitto che lui, e anche noi tutti, speriamo di scongiurare.
La domanda inevitabile sulla guerra di Israele contro Hamas — gruppo sostenuto dall’Iran che, come l’Iran stesso, confuta il diritto di Israele di esistere — è se Teheran si sentirà tentata o obbligata a intervenire entrando direttamente in guerra, e se Israele attaccherebbe direttamente l’Iran. Ci sono molti buoni motivi per ritenere che una cosa del genere non accadrà. L’Iran è molto indebolito, in seguito a disordini interni che si protraggono da mesi. É davvero difficile immaginare che le sue autorità politiche o militari possano giungere alla conclusione che un conflitto allargato contro nemici ben armati ed equipaggiati, come Israele, per non parlare degli Stati Uniti, sarebbe nel suo interesse, o che potrebbe concludersi in modo favorevole.
La Russia è estremamente provata dalla sua guerra in Ucraina, e quindi non si troverebbe nella condizione di poter aiutare l’Iran. Il rapporto della Cina con l’Iran per il momento è ambiguo e poco chiaro. I due Paesi collaborano nel contrastare l’Occidente, ma la Cina ha coltivato i rapporti anche con Israele e soprattutto con i rivali sunniti musulmani dell’Iran in Arabia Saudita e negli altri Stati del Golfo. Avendo dato nuovo lustro alla sua reputazione internazionale con la ripresa dei rapporti diplomatici tra Iran e Arabia Saudita nella prima metà di quest’anno, la Cina dovrebbe essere riluttante a impelagarsi in prima persona in un qualsiasi conflitto in Medio Oriente.
Riflettere su questo serve sia a rassicurare sia a definire un’agenda che permetta di mantenere la pace e di scongiurare un conflitto davvero catastrofico. L’Asse dell’ostilità, rappresentato da Russia, Cina, Iran e Corea del Nord, per il momento è un network di collaborazioni opportunistiche, e non un’alleanza militare o tantomeno politica. Tutti e quattro questi Paesi, ma soprattutto la Cina, nutrono interessi conflittuali nei confronti degli altri. Il vero pericolo, qualora questi conflitti reali e potenziali dovessero iniziare ad espandersi, è quello di costringere o indurre i membri di quel network a decidere di voler diventare un’alleanza militare vera e propria. Questo è il motivo per cui è ragionevole mettere a tacere chi parla di allargamento del conflitto e cercare di tenere ben separate le guerre in corso, evitando di puntare formalmente il dito contro il coinvolgimento di altri Paesi. In Asia la politica migliore è quella della deterrenza, atta a garantire che la Cina si renda conto di quanto sarebbero enormi il costo e il rischio di un suo eventuale tentativo di annettere Taiwan. In Ucraina la politica migliore è quella di garantire che la Russia, e altri Paesi interessati, si convinca che Europa e Stati Uniti continueranno a sostenere l’esercito ucraino e la società ucraina. E in Israele, il conflitto più irrisolvibile di tutti, la politica migliore è quella del contenimento del conflitto come meglio si può, obiettivo della visita di Biden. Traduzione di Anna Bissanti
Nell’immagine: la Guardia rivoluzionaria iraniana in parata ufficiale
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