«L’attacco di Hamas del 7 ottobre in Israele è stato un atto terroristico e inammissibile. Ma ora Israele sta compiendo uno sterminio sotto gli occhi del mondo. Voglio denunciare Netanyhau come criminale di guerra». Così dice Tahar Ben Jelloun, uno dei più dolci e concilianti scrittori arabi, marocchino di Fès, autore di libri scritti in francese come Il razzismo spiegato a mia figlia che sono diventati best seller iconici nel mondo. La Nave di Teseo pubblica ora un suo appassionato pamphlet intitolato semplicemente L’urlo [ne abbiamo parlato qui, ndr] a riaffermare la necessità di un dialogo che oggi appare impossibile. Nel libro il giudizio su Hamas è inequivocabile: «Nemico non solo del popolo israeliano ma anche di quello palestinese, un nemico crudele, manipolato da un Paese come l’Iran in cui le giovani oppositrici vengono impiccate per non aver indossato il velo».
Lei è stato sempre un uomo di dialogo, nel 2000 è stato anche ospite in Israele in una scuola mista. Cosa ricorda?
«C’erano bambini ebrei e arabi. Erano mossi dalla stessa paura. La paura dell’altro. Erano contro un muro immaginario. israeliani e palestinesi sono uguali in questa stupidità. Quei bambini, oggi, ventitré anni dopo, si uccidono a vicenda».
Dopo il 7 ottobre ottobre, la sua prospettiva è cambiata?
«Non ho cambiato, ho chiesto sempre che sia resa giustizia al popolo palestinese, che gli venga dato uno stato, una terra, in pace. E invece qualche giorno fa Netanyahu ha dichiarato che non ci sarà mai uno stato palestinese, e che lui andrà fino in fondo. È una dichiarazione di sterminio, che promana da un uomo che non ascolta nessuno. È terribile. Stiamo assistendo allo sterminio di un popolo».
Ritorniamo però al 7 ottobre. Che cosa è stato per lei?
«Una tragedia, una provocazione terroristica. Personalmente non sono mai stato d’accordo con la politica di Hamas e l’ho pagata cara perché sono stato attaccato, insultato e anche minacciato fisicamente da tutto il mondo arabo. Però lo ripeto: l’azione di Hamas è intollerabile, ma la risposta di Israele è peggio, inammissibile».
In quel 7 ottobre è successo qualcosa di più e di “nuovo”, lo stupro programmato e filmato delle donne israeliane. Cosa ne pensa?
«Su questa storia degli stupri nessuno conosce la realtà. Per me per qualificare l’orrore di quel che è avvenuto è sufficiente sapere che sono state uccise mille e duecento persone, non c’è bisogno di aggiungere la questione degli stupri».
Ma ci sono le immagini girate dagli stessi violentatori. A Parigi è partito un appello firmato anche dalla sindaca Anne Hidalgo perché l’attacco di Hamas sia qualificato come un femminicidio di massa. Aderisce a questo appello?
«Io non mi fido delle immagini soprattutto quelle fabbricate da Israele. E poi c’è qualcuno che può stuprare e allo stesso tempo filmare? Per me è inammissibile il fatto che abbiano ucciso milleduecento esseri umani. E poi non ho nessuna stima di Madame Hidalgo».
Quali sono stati gli effetti in Francia?
«Molto nefasti, c’è stato un risveglio della destra estrema-estrema fascista (non parlo della Le Pen) anche se non bisogna per questo pensare che la guerra sia stata importata da Israele a Parigi o a Marsiglia. Però gli immigrati arabi non capiscono perché la stampa sia tutta dalla parte egli israeliani. I media non mettono minimamente in discussione la versione israeliana. Ci sono due pesi e due misure».
Ma ci sono stati molti attacchi antisemiti. Perché ogni manifestazione per la Palestina diventa una manifestazione antisemita?
«La Francia ha una vecchia tradizione antisemita da sempre che si risveglia e viene evocata ogni volta che c’è qualche guerra o catastrofe che tocca Israele. L’antisemitismo è l’arma che viene usata contro tutti quelli che criticano Israele. Anche l’ex primo ministro Dominique de Villepin è stato accusato di essere antisemita solo per il fatto di aver detto che l’informazione era totalmente allineata sulle posizioni sioniste».
E lei cosa pensa?
«Che si può essere contro l’azione di un governo e non contro quel popolo. Sulla tv francese invece sembra impossibile criticare lo stato di Israele. Stiamo assistendo alla morte dei bambini palestinesi, come se la loro vita non valesse niente. Quando Macron ha detto, per una volta una cosa giusta, che una vita palestinese valeva una vita israeliana, è stato sommerso di critiche, lo hanno accusato di aver cambiato posizione perché all’inizio aveva appoggiato Netanyahu».
Però poi ha ospitato all’Eliseo il grande rabbino di Francia per l’accensione delle candele nella cerimonia annuale di Hanukkah. Non era mai successo. Cosa ne pensa?
«L’ha fatto per raccogliere consensi tra gli ebrei. È stato attaccato perché i francesi sono molto sensibili sulla questione della laicità. Io credo che abbia sbagliato, lo stato deve rimanere fuori dalle celebrazioni religiose. Che siano cristiane, musulmane o ebraiche».
E qual è il suo giudizio sull’attivismo del Qatar, finanziatore di Hamas, operatore spregiudicato sulle piazze europee degli affari e al tempo stesso mediatore nella trattative sugli ostaggi?
«Il Qatar gioca un ruolo importante perché esprime l’ideologia islamica dei Fratelli musulmani è Hamas è emanazione dei Fratelli musulmani. Qatar ha investito in Occidente, squadre di football come il Psg, grandi hotel, immobiliare, per avere un peso in Europa. Tutta la direzione di Hamas abita in un palazzo in Qatar. Fa business. Dall’Europa può sembrare un stato moderno, ma i Fratelli Musulmani sono la Sharìa e cioè un’ideologia molto retrograda. Per me sono insondabili, non si sa la verità».
Nel suo libro lei è molto duro con Hamas, anche come marocchino. Perché?
«Il Marocco è stato governato per dieci anni dagli islamisti, avevano vinto le elezioni legislative. Sono stati anni persi perché erano degli incompetenti e non hanno fatto niente. Inoltre Hamas sostiene il Fronte Polisario e non riconosce la “morocainité” del Sahara. Due anni fa però hanno perso le elezioni. Il capo di Hamas, Khaled Meshal è tornato recentemente per incitare i marocchini a sollevarsi ma i marocchini non vogliono più saperne di Hamas pur essendo solidali con il popolo palestinese».
Nell’immagine: Tahar Ben Jelloun