C’era una volta il PLR
Nei ballottaggi in Svizzera tedesca, la strategia suicida Liberale Radicale punisce sia il partito che i candidati Udc che aveva deciso di appoggiare, favorendo il centro-sinistra
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Nei ballottaggi in Svizzera tedesca, la strategia suicida Liberale Radicale punisce sia il partito che i candidati Udc che aveva deciso di appoggiare, favorendo il centro-sinistra
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Nei ballottaggi in Svizzera tedesca, la strategia suicida Liberale Radicale punisce sia il partito che i candidati Udc che aveva deciso di appoggiare, favorendo il centro-sinistra
Il dado è tratto, il popolo si è espresso e l’Assemblea federale (Consiglio degli Stati e Consiglio nazionale) hanno assunto la loro composizione definitiva. Nell’ultimo ballottaggio per gli Stati, non sono mancate le sorprese, sorprese che hanno decretato la netta sconfitta per quella che è stata la forza politica trainante dell’ultimo secolo e mezzo per la Svizzera, colei che ha trasformato la Confederazione da uno stato ancora sostanzialmente di impronta tardo-medioevale con venature rinascimentali a uno stato moderno, ai tempi (era il 1848) forse addirittura il più moderno e “progressista” d’Europa. Non da intonare il De profundis, ma poco ci manca.
Abbiamo infatti assistito al compiersi di una débâcle annunciata. In Ticino, dove il ticket UDC/Centro formato da Marco Chiesa e Fabio Regazzi come ampiamente previsto non ha avuto difficoltà alcuna a riconfermare il risultato del primo turno e formare quella che è stata definita la rappresentanza più a destra che il Cantone abbia mai avuto alla Camera (il campo progressista si consola con l’ingresso al Nazionale del sindacalista OCST Giorgio Fonio), ma anche nel resto della Svizzera, dove la sciagurata idea di ritirare i propri candidati per appoggiare quelli democentristi in funzione antisocialista ha sortito ovunque l’effetto contrario, con i rappresentanti del PS o comunque dell’area di centrosinistra che sono stati eletti e quelli UDC no. A riprova che, almeno in Svizzera, invitare a votare contro senza fare proposte costruttive o alternative non paga.
I risultati parlano da soli: questa domenica oltre al Ticino si votava anche in altri quattro cantoni (Argovia, Sciaffusa, Soletta e Zurigo). In ognuno di loro restava un seggio da assegnare, in ognuno di loro non vi era un candidato targato PLR, in ognuno di loro i vertici di questo partito avevano invitato a votare il candidato più a destra dello spettro politico, ossia un UDC (Argovia, Soletta e Zurigo) o uno a questa formazione vicino (l’indipendente Thomas Minder a Sciaffusa).
Il risultato è stato un cappotto: 4-0. Emblematica della deriva del PLR è stata la decisione di Zurigo, dove il partito ha deciso di ritirare la propria candidata Regine Sauter, che era comunque giunta terza al primo turno, per sostenere Gregor Rutz, UDC ed esponente della linea dura del partito, rinunciando così a difendere un seggio che deteneva ininterrottamente del 1983 (e che in pratica ha sempre avuto). Una decisione questa resa ancora più incomprensibile dal fatto che al primo turno l’esponente della sinistra, il PS Daniel Jositch, era già stato eletto, per cui la signora Sauter avrebbe potuto usufruire dell’appoggio di buona parte di questa area. Appoggio che difatti è arrivato senza se e senza ma alla verde-liberale Tiana Angelina Moser, al primo turno staccata di 20.000 voti dalla candidata PLR e di ben 50.000 da Rutz, ma che ieri l’ha nettamente superato. Un dato su tutti: tra primo e secondo turno la Moser ha raccolto qualcosa come 100.000 voti in più, molti dei quali, non facciamo fatica a ipotizzarlo, di elettori PLR scioccati e disgustati dalla decisione dei propri vertici.
Discorso simile ad Argovia – già eletto il PLR Thierry Burkhardt, al secondo turno ha avuto la meglio la centrista Marianne Binder-Keller che ha strappato il seggio all’UDC, che non è riuscita a difenderlo con Benjamin Giezendanner – a Soletta – già eletto il centrista Pirmin Bischof al primo turno, il PS è riuscito a difendere la sua poltrona dall’assalto del democentrista Christian Imark, che godeva dell’appoggio del PLR cantonale (il suo candidato Remo Ankli è stato infatti obbligato a ritirarsi) – e a Sciaffusa, dove come detto l’indipendente di area democentrista Thomas Minder malgrado l’appoggio del PLR ha perso il seggio che deteneva da tre legislature a favore del giovane socialista Simon Stocker (al primo turno era già stato eletto l’UDC Hannes Germann).
L’elezione del Consiglio degli Stati ha insomma confermato la forza del Centro, primo partito in questa Camera con 15 rappresentanti, la debolezza del PLR e dei Verdi, che lasciano sul campo alcuni seggi, la sostanziale stabilità del PS, che riconferma i suoi 9 senatori (ne aveva persi due per strada durante il quadriennio, ieri li ha recuperati), e la difficoltà dell’UDC a far breccia in un sistema maggioritario trovando candidati che possano indurre gli altri partiti a formare quelle alleanze indispensabili per avere successo in elezioni di questo tipo, che oltre all’appoggio di Minder (ma guadagna quello del ginevrino Mauro Poggia) perde un seggio e scende a 6.
Adesso occhi puntati su dicembre, all’elezione del Consiglio federale, che se è vero che il presidente del Centro Gerard Pfister ha già affermato che il suo partito non attaccherà un ministro in carica (ogni riferimento al PLR non è puramente casuale), è anche vero che ha un seggio in più rispetto ai suoi storici rivali al Consiglio nazionale, cui si devono aggiungere i 2 Evangelici che da sempre fanno gruppo con loro, e ben 4 agli Stati. E in politica, non solo, vige la regola dello zero: tutto è falso, e tutto è vero.
Lo afferma, in questa intervista, Massimo Filippini, professore di economia politica all’USI e al Politecnico di Zurigo
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