No, lo Stato non è una famiglia.
Lo hanno spiegato bene e chiaro autorevoli penne di queste colonne, e lo ha spiegato bene, tra gli altri e a più riprese, il direttore de “laRegione” Daniele Ritzer prima e dopo la votazione sul cosiddetto “decreto Morisoli”. Decreto che è passato attraverso le maglie del referendum promosso dai sindacati e appoggiato dalla sinistra e dai progressisti in genere. Una delle immagini che ha fatto colpo nella maggioranza dei votanti è sicuramente quella del “portamonete del buon padre di famiglia”. Un’altra è quella secondo la quale “si vuole il pareggio, non si vogliono tagli”, il che, per uno Stato, è una specie di oscuro ossimoro.
Le due bugie, in realtà, sono grossolane falsità che la destra, quella radicale in particolare, usa mentendo e sapendo di mentire: che importano i mezzi, solo il risultato conta. E, non raramente, una maggioranza di votanti ci abbocca. Poi, come capita sempre, la verità presto o tardi viene a galla, sovente quando oramai i più fragili o hanno pagato o stanno pagando per coloro i quali avrebbero invece dovuto comprendere il senso della “solidarietà”, in questo caso quella sostenuta dai Sindacati. E` un classico che si ripeterà con prevedibile rapidità, è una fragilità intrinseca nella democrazia diretta: non sempre vince chi ha ragione, sovente vince chi mente e ha mezzi finanziari -e non solo- per far passare le menzogne.
Sono passati pochi giorni e la destra “vincente” si agita già, allo scoperto, per almeno due deduzioni fiscali immediate, in perfetta contraddizione con il “non vogliamo tagli”. A Berna UDC e liberali chiedono sgravi sulle accise dei carburanti, a Bellinzona rifà capolino la voglia di dedurre le tasse di circolazione. Entrambe, evidentemente, per dare una mano al popolo, messo in difficoltà dalla guerra in Ucraina, e non solo. E, evidentemente, con misure a tappeto, senza discriminazione fra chi ne avrebbe bisogno e che ne approfitterebbe. A guidare queste “rivendicazioni” sono, naturalmente, sempre gli stessi: le lobby dei trasporti, e la destra radicale che li alimenta (o è il contrario?).
Queste due misurette comporterebbero una minore entrata di miliardi per la prima, di milioni per la seconda. Tutti quei soldi mancheranno evidentemente al buon funzionamento dello Stato. Ma non sarà finita: per evitare la sollevazione popolare, quegli stessi bacchettoni dell’austerità di bilancio dovranno pur fare qualcosa a proposito dell’aumento dei premi delle casse malati. I socialisti, pure loro ingoiati dalla dinamica dei contributi, chiedono 2 miliardi e mezzo per i sussidi ai meno abbienti: vedremo quanti ne otterranno. (Tutti quei soldi andranno alle casse malati private, che non hanno nemmeno l’obbligo della trasparenza contabile; ma questo è un altro discorso…)
Torniamo alla benzina e alle automobili. Il Consiglio federale, che sciocco non è, non abbasserà le accise, ma “non finisce lì” : il consigliere nazionale (guarda un po’: UDC) Marchesi promette che non mollerà e che tornerà alla carica, magari forte dell’appoggio del Consiglio di Stato -e non ci sarebbe da stupirsi. Il signor Marchesi è anche sindaco di Ponte Tresa, e sa di cosa parla: i benzinari di confine sono un po’ “imbarazzati” dalla concorrenza italiana -ossia dal mondo al contrario- e quindi anche loro vanno aiutati (dallo Stato, s’intende: quello stato al quale si tolgono incessantemente le entrate e al quale si chiede un perentorio “pareggio del bilancio”…).
E ora torniamo allo Stato che “è come una famiglia”. Sappiamo che così non è, ma siccome chi pensa il contrario ha vinto, ora dovrà spiegare come farà lo Stato, anzi no, la famiglia, che deve pagare l’affitto, la cassa malati, le assicurazioni, l’automobile, un po’ di vacanze, qualche pizza, qualche libro (perché no?) il vitto, gli abiti, gli studi dei figli eccetera eccetera, come farà quella famiglia se alla fine del mese, o a partire dal prossimo anno, si dovesse trovare un portamonete con qualche migliaio di franchi in meno. Perché la verità vera è quella: uno Sato con meno soldi significa una famiglia con meno stipendio o una famiglia che dovrà fare delle scelte sulla qualità della propria vita e sull’avvenire dei propri figli. I poveri saranno più poveri, il ceto medio sarà meno medio e più povero, i ricchi saranno automaticamente più ricchi: non lo dice la sinistra, ma lo dicono tutte le statistiche del mondo. Altro che ”pareggiamo i conti per dare un avvenire ai nostri giovani”: se necessario, invece, facciamo debiti oggi per assicurare ai nostri giovani un domani migliore! Se non c’è questa tensione prospettica di generale solidarietà, la società è destinata a spegnersi, a chiudersi su se stessa.
La democrazia diretta, tanto vantata dai “patrioti” che poi la sviliscono, alla lunga funziona solo se è sorretta da un progetto di società che inglobi tutti i ceti sociali, tutte le forze produttive, in un profondo senso di giustizia e di solidarietà. In assenza di quei principi, la democrazia diretta è solo fumo e diventa uno strumento equivoco di potere. Quando la si usa per guadagnare di più o per pagare di meno, o per ottenere più voti sulla paura artatamente creata, se ne fa un uso distorto. Quante finte democrazie vi sono solo nella piccola Europa? E quante democrazie sono manipolate a favore dei clan? Vogliamo che la nostra democrazia diretta faccia quella fine? Vogliamo che l’etica dei lumi (come ci ricorda Arnaldo Alberti) venga definitivamente cancellata dagli interessi, come oramai è accaduto negli USA? Vogliamo fare la fine degli Stati Uniti, dove la socialità è ancora carità pelosa nella mani delle congregazioni religiose come ai tempi del Far West? Dove le -poche e nemmeno generalizzate- conquiste sociali (come il diritto all’aborto, ad una copertura sanitaria, ad un vero diritto sindacale, ad una giustizia uguale per tutti, un voto garantito ad ognuno, e così via) sono oramai lettera morta o aggredite in continuazione?
In conclusione: con le frottole si può anche governare, ma chi governa con le frottole non è uomo/donna di Stato, è un dilettante al soldo di interessi puntuali, senza un disegno di società degno di quel nome. Un uomo/donna di Stato è fautore di una società nella quale si possano riconoscere tutti i cittadini, a cominciare da quelli più fragili. A furia di dividere, ci ritroveremo con un corpo elettorale incapace di assumersi qualsiasi responsabilità poiché sarà sempre piu spinto ad abbandonare aneliti globali a favore di egoismi personali o di gruppo.
Si dice che la guerra è una cosa troppo seria per essere lasciata in mano ai generali. Ma anche la democrazia diretta è una cosa troppo seria per essere lasciata in mano ai manipolatori di verità.
Nell’immagine: la “cura Morisoli” applicata al Ticino