“Ehi tu! Io ti osservo. Hai guardato un porno, ahi, ahi, ahi!”
Un video di prevenzione al consumo di pornografia online da parte dei giovani sotto i 16 anni fa emergere la concreta preoccupazione circa gli strumenti di controllo della privacy ed il loro utilizzo
Nell’aprile 2023, la Prevenzione Svizzera della Criminalità ha pubblicato un video con l’obiettivo di dissuadere i minori di 16 anni dal consumare e distribuire contenuti pornografici online. Si può certamente discutere se e quando un video del genere sia efficace o rilevante. Possiamo anche chiederci se questa campagna informativa non stia contribuendo, forse inconsapevolmente, a legittimare una maggiore sorveglianza degli utenti.
Il video della Prevenzione Svizzera della Criminalità intitolato “Guardare i porno non va bene ” dura due minuti e mezzo. Inizia con le parole: “Ehi tui! Io ti osservo e so cosa hai fatto ieri. Hai guardato un porno, ahi, ahi, ahi!”. Nello stesso momento in cui dice “io ti osservo”, un occhio si chiude e si sente il rumore di una macchina fotografica. Considerato chi ha prodotto il video, il suo contenuto è legittimo. Esso ricorda che:
la maggior parte dei video pornografici è vietata ai minori di 16 anni;
esistono forme di pornografia vietate a tutti i pubblici, tra queste la pedopornografia;
la diffusione di contenuti pornografici o sessuali che coinvolgono minori di 16 anni è perseguibile penalmente. Quest’ultimo punto è particolarmente importante alla luce della pratica diffusa tra i giovani del sexting, che consiste nello scambio attraverso i social network di foto o video di coetanei in situazioni potenzialmente comprometttenti.
Il video giustifica la sorveglianza
Il video solleva interrogativi in quanto suggerisce che le forze dell’ordine possono accedere liberamente alla nostra sfera privata per far rispettare la legge e proteggere i giovani dalla pornografia. In linea di principio, l’accesso alla nostra sfera privata richiede il nostro consenso o una base legale che giustifichi una violazione della privacy. La pornografia fornisce un quadro per lo sviluppo di tali basi legali. Gli specialisti stanno valutando come individuare i contenuti pedopornografici e intercettare gli scambi di dati sospetti attraverso i social network. Vedremo che le soluzioni tecnologiche previste hanno tutte il potenziale per essere dirottate a vantaggio di una maggiore sorveglianza che intacca la libertà personale.
I limiti del controllo degli accessi
In Svizzera, nell’autunno del 2022, il Parlamento ha adottato la legge federale sulla protezione dei minori nei settori di film e videogiochi. La consultazione sulla relativa ordinanza del Consiglio federale è attualmente in corso. Il Partito Pirata aveva lanciato un referendum contro il testo, ma non è riuscito a raccogliere in tempo un numero sufficiente di firme. Durante il dibattito parlamentare, si sono levate diverse voci per criticare il testo: alcuni ritengono che sostituisca indebitamente le famiglie nel loro ruolo educativo, mentre altri hanno sottolineato la falsa impressione di sicurezza che la legge potrebbe dare. Dal canto suo, il Partito Pirata ritiene che la legge offra agli operatori economici un’opportunità ideale per appropriarsi di dati preziosi. La legge stabilisce che spetta ai fornitori di accesso verificare l’età degli utenti, creando e gestendo un sistema di controllo adeguato, senza tuttavia specificare la natura di tale sistema. Se si trovasse un sistema di questo tipo, bisognerebbe assicurarsi che i fornitori di accesso facciano un uso corretto dei dati personali raccolti in questo modo. Pornhub, uno dei siti porno più popolari al mondo, è stato appena accusato in Italia di aver violato il Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) trattando i dati sull’orientamento sessuale degli utenti senza autorizzazione e forse condividendoli con terzi.
La Francia ha scelto un approccio diverso. All’inizio del 2023, il suo governo ha lanciato un progetto per uno strumento di verifica della maggioranza degli utenti di Internet, che si appoggerebbe ai servizi di intermediari affidabili, come le banche che potrebbero certificare l’età dei titolari di carte di credito. Tale strumento dovrebbe entrare in funzione il prossimo settembre, ma non sembra ancora in grado di risolvere il problema senza violare le norme sulla protezione dei dati personali; c’è il forte rischio che sia liberticida o inefficace e che metta gli intermediari in una posizione molto scomoda.
Una terza soluzione proposta prevede l’introduzione di un’identità digitale (universale). Per essere veramente efficace, questa soluzione richiederebbe il coinvolgimento diretto di tutti gli Stati, il che significa che è alquanto astratta. In sintesi, i siti pornografici non sono affidabili, le terze parti affidabili rappresentano un problema e anche l’impegno di alcuni Stati non è sufficiente. Inoltre, una semplice VPN sarebbe sufficiente per aggirare i vari controlli sull’accesso ai siti pornografici. La tecnologia non sembra quindi fornire le risposte sperate e forse il Parlamento svizzero avrebbe dovuto procedere con maggiore cautela.
I pericoli del controllo dei contenuti
Sul fronte della lotta alla pedopornografia e del controllo degli scambi sui social network, la Commissione europea sta elaborando una proposta che obbligherebbe servizi come WhatsApp a scansionare i propri messaggi alla ricerca di contenuti vietati. Anche in questo caso, non esiste una tecnologia conosciuta che possa garantire una risposta efficace e affidabile a tale ingiunzione. Inoltre, come denunciato in una recente lettera aperta da oltre 150 scienziati, l’implementazione di tale tecnologia indebolirebbe notevolmente la sicurezza degli scambi, poiché richiederebbe agli utenti di installare un software sui loro dispositivi per effettuare la scansione. Ciò indebolirebbe l’efficacia dei metodi di crittografia utilizzati per proteggere gli scambi e li esporrebbe a una sorveglianza che potrebbe andare ben oltre l’individuazione dell’eventuale presenza di materiale pedopornografico.
Non si tratta di un’ipotesi del tutto assurda. Infatti, il Canton Turgovia ha recentemente approvato una legge che consente alla polizia di perquisire il contenuto dei dispositivi elettronici senza limiti, alla sola condizione che il proprietario sia presente.
C’è di meglio da fare
È chiaro che l’obiettivo del video “Ehi tu!” e delle misure tecnologiche previste non è quello di limitare la distribuzione di contenuti pornografici. Non sarà con questi mezzi che potremo prevenire efficacemente la diffusione tra i giovani di un modello di sessualità incentrato sul piacere degli uomini e che oggettivizza le donne in modo violento, o che raffigura evidenti perversioni. Dobbiamo cercare altri approcci. Non è forse essenziale che i giovani abbiano a disposizione luoghi diversi da Internet per trovare risposte alle loro curiosità sessuali? Non sarebbe meglio sostenere la loro ricerca in modo premuroso, piuttosto che minacciarli di azioni penali?
Articolo scritto per “Bon pour la tête” e tradotto in italiano dalla redazione, con approvazione dell’autore
Nell’immagine: il brutto ceffo che ti tiene d’occhio