Il fascismo globale
È quello che asseconda la logica del dominio del tecno-capitalismo e che schiera populisti, nazionalisti, sovranisti anzitutto a difesa delle esigenze del capitale
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È quello che asseconda la logica del dominio del tecno-capitalismo e che schiera populisti, nazionalisti, sovranisti anzitutto a difesa delle esigenze del capitale
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È quello che asseconda la logica del dominio del tecno-capitalismo e che schiera populisti, nazionalisti, sovranisti anzitutto a difesa delle esigenze del capitale
Cosa lega tra loro le dichiarazioni di Biden a proposito dell’intelligenza artificiale e il dilagare delle destre in Europa e nel mondo, con la parziale eccezione delle elezioni in Spagna, dove si registra la tenuta e anzi i guadagni in termini di seggi dei socialisti e della coalizione di sinistra (di una sinistra che ha saputo fare la sinistra), il tonfo dei franchisti / fascisti di Vox, ma con i Popolari primo partito, sempre più a destra e sempre più falsi moderati? Apparentemente nulla, in realtà tutto. E ci obbliga a tornare a un secolo fa, quando il capitale (capitalisti e industriali) sostennero, favorirono, finanziarono la nascita e poi l’avvento del fascismo in Italia, prima, e del nazismo in Germania, poi. Con lo scopo di impedire in ogni modo – anche con la violenza degli squadristi fascisti – il rafforzamento dei movimenti socialisti e così di ristabilire l’ordine capitalistico e borghese dopo il Biennio rosso 1919-1920 in Italia (ma anche in altri paesi d’Europa), che caratterizzò il periodo con scioperi e occupazioni di fabbriche.
Ma il fascismo fu anche l’esito di una storia che affonda nell’Ottocento, in quella che lo storico George L. Mosse aveva chiamato nazionalizzazione delle masse per incorporare le masse di allora nella nazione intesa come mito e come narrazione identitaria, il tutto creando una serie di riti e di simbologie collettive (una pedagogia per le masse) funzionali a produrre e poi a rafforzare questa incorporazione di ciascuno nel corpo politico della nazione. L’obiettivo per il capitalismo e i conservatori borghesi di allora, scriveva Mosse, era quello di contrastare le masse proletarie che esso stesso stava producendo attraverso l’industrialismo, evitando che acquisissero una coscienza di classe e che lo abbattessero secondo l’ipotesi di Marx ed Engels; e poi governarle in modo capitalistico, rendendole funzionali al proprio funzionamento e adattandole alle esigenze del capitale. E questo appunto furono fascismo e nazismo: forme politiche totalitarie, non certo anticapitaliste, ma di sostegno attivo del capitalismo di allora (compreso il dirigismo, lo statalismo e il neocorporativismo e un certo welfare), forze che il capitale sostenne per salvare se stesso e i suoi profitti. E questo, analogamente, furono il neoliberalismo e poi le tecnologie di rete avviate dai primi anni ’80 in America e in GB per dilagare poi ovunque, una risposta/reazione capitalistica alle lotte operaie degli anni ’60 e a quelle studentesche del Sessantotto e del post-Sessantotto.
Oggi il processo si replica – quasi come un copia e incolla – davanti alla crisi climatica: con il capitale che favorisce, sostiene, finanzia i nazionalismi (detti oggi sovranismi) e i populismi (le forme aggiornate del fascismo di ieri) perché tutti negano di fatto – da Meloni & Salvini a Orbán, da Trump a Macron, dalla Svezia alla spagnola Vox e ai Popolari di vari paesi, arrivando alla svizzera Udc – il riscaldamento climatico e chiamano terroristi e radicali/estremisti gli ambientalisti e non invece chi finanzia il fossile, chi rallenta lo sviluppo delle energie rinnovabili, chi vuole rilanciare questo modello irrazionale ed ecocida di produzione e di consumismo. La realtà e la verità scientifica vengono cioè rovesciate, si costruisce una contro-narrazione del tutto falsa ma utile al capitale almeno per guadagnare tempo; importante è non cambiare mai e davvero il capitalismo (che è la causa prima e unica del riscaldamento climatico). Nemico è infatti – per il tecno-capitalismo – chiunque cerchi di metterne in crisi il modello di accumulazione e di sfruttamento dell’uomo e della Terra. E cerca quindi di annientarlo, anche oggi, con ogni mezzo e in ogni modo.
Detto altrimenti: non potendo più nascondere il riscaldamento climatico come invece hanno fatto per trent’anni ad esempio le compagnie petrolifere, contro l’ambientalismo e la scienza si sta scatenando quello che non possiamo non chiamare un fascismo globale digitale. E quindi, se l’antifascista liberale italiano Piero Gobetti (1901-1926) definiva il fascismo, cento anni fa, come l’autobiografia della nazione (cioè dell’Italia e degli italiani), oggi dovremmo aggiornare il suo pensiero e dire che il fascismo è l’autobiografia del tecno-capitalismo globale, che sempre nega, ovunque può, democrazia e libertà dell’individuo se deve difendere i suoi interessi. Vecchia storia, certo. Di un tecno-capitalismo ormai tri-secolare, apparentemente sempre diverso, in realtà sempre uguale nella sua essenza fin dall’avvio della rivoluzione industriale, essenza che sembra diventata il nostro destino e insieme un dato di fatto immodificabile.
E non era stato forse uno degli ideologi più cinici del neoliberalismo, Friedrich von Hayek (1899-1992), a dire che è meglio una dittatura favorevole al mercato che una democrazia contraria al mercato – e si riferiva al neoliberismo testato nel Cile della dittatura, appunto fascista, di Augusto Pinochet dopo il golpe del 1973, sostenuto e finanziato dagli Stati Uniti, che abbatté e uccise il presidente democraticamente eletto, Salvador Allende – golpe di cui a breve (11 settembre) ricorrono i 50 anni? E non sono forse passati 22 anni dalla macelleria poliziesca-fascista – tortura compresa – attivata dall’Italia a Genova nel 2001 pur di stroncare quel movimento globale che chiedeva un’altra globalizzazione e non quella del capitale? E allora è facile immaginare che von Hayek guarderebbe con grande favore ed entusiasmo ai sovranismi / populismi / fascismi e alle autocrazie di oggi – che sono ben oltre e ben peggio dei neoliberisti Margaret Thatcher e Ronald Reagan – perché sono appunto tutte a favore del capitale e quindi negazioniste della crisi climatica. Ieri il nemico era il proletariato, poi i no-global e oggi lo è appunto l’ambientalismo. Importante è che l’ordine, la gerarchia sociale e i profitti del capitale non vengano intaccati e neppure messi, sia pure timidamente, in discussione. La lotta di classe l’abbiamo vinta noi, sosteneva anni fa il miliardario americano Warren Buffett. E il capitale continua a vincerla, ogni giorno di più.
E veniamo a Biden e all’intelligenza artificiale, l’altra faccia della stessa medaglia. Nei giorni scorsi il presidente americano ha incontrato i colossi del settore per invitarli a spianare la strada a “un’innovazione responsabile”. E Amazon, Google, Meta, Microsoft e OpenAI (a cui fa capo ChatGpt) si sono impegnate “a consentire a esperti di sicurezza indipendenti di testare i loro sistemi prima del lancio al pubblico e a condividere dati sulla sicurezza con Governi e accademici. Ma anche a sviluppare sistemi di allerta per il pubblico in grado di segnalare quando immagini, video o testi sono stati creati dall’intelligenza artificiale”. Di più: “Siamo lieti di assumerci questi impegni volontari. Sono un importante primo passo per assicurare paletti responsabili che possano essere un modello da seguire anche per altri Governi”, ha detto il presidente dei global affairs di Meta, Nick Clegg.
Impegni volontari? Una risata ci nasce, spontanea e diventa irrefrenabile. Non è stata forse proprio Meta, cioè Facebook, cioè Mark Zuckerberg a violare per anni tutte le regole in materia di privacy, salvo poi dire, dopo essere stato scoperto, non lo faccio più! Mi impegno volontariamente! – ricominciando a farlo dal giorno seguente? E di cosa vive anche l’intelligenza artificiale se non dei dati che noi produciamo? E come vengono presi questi dati se non nascondendosi dietro a un algoritmo e alla favola del condividere? E non si tratta quindi di un furto ai nostri danni, per il profitto dei giganti hi-tech? Ma chiedere a chi ci rapina dei nostri dati (della nostra vita) – e ne vuole e ne cerca sempre di più, in ogni modo e con ogni mezzo – di avere comportamenti responsabili e di assumere impegni volontari, non è come chiedere impegni volontari di autoregolazione alla mafia e alla criminalità organizzata – qualcosa di oggettivamente impossibile?
Dovremmo allora capire che è il tecno-capitalismo – in sé e per sé – ad essere la minaccia per l’ambiente, la democrazia e la libertà. E dovremmo quindi indignarci e poi ribellarci al fatto che la nostra vita sia governata da imprese private a prescindere da ogni principio di democrazia e da ogni controllo democratico. E capire che l’intelligenza artificiale ci sta alienando da noi stessi e dalla realtà e dalla conoscenza e dalla responsabilità verso le future generazioni e dalla libertà e dalla democrazia, perché stiamo delegando tutto a macchine che non controlliamo ma che determinano / controllano tutto della nostra vita.
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