Elegia per Gino Strada
Ci ha lasciato il guerriero dal cuore buono e fragile
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Ci ha lasciato il guerriero dal cuore buono e fragile
• – Marco Züblin
Il ricordo di una ticinese impegnata per mesi in Emergency nell'inferno afghano
• – Aldo Sofia
• – Franco Cavani
Una multa al Consiglio di Stato e un sollevamento di popolo
• – Silvano Toppi
Quanto credo di aver capito del politico ma soprattutto dell’uomo poco conosciuto
• – Marco Züblin
Tedeschi alle urne il 26 settembre: difficile scelta fra deboli candidati alla successione della Merkel che ha a lungo dominato la scena anche europea
• – Aldo Sofia
Intervista al politologo Andrea Pilotti su percorso, successi nelle urne e difficoltà politiche del sindaco di Lugano
• – Aldo Sofia
Come e perché un Cacciari diventa supporter dei negazionisti
• – Lelio Demichelis
Breve incontro locarnese con una donna impegnata da sempre
• – Pepita Vera Conforti
Insostenibile la proposta di sospendere gli aiuti dello Stato all'economia cantonale
• – Spartaco Greppi
Ci fu un tempo, non troppo remoto, in cui non avrei forse avuto esitazioni se mi avessero chiesto di dare la mia, di vita, per permettergli di proseguire la sua.
Ora se ne va davvero, Gino Strada, un guerriero dall’intelligenza vigile, dal cuore buono e fragile; e noi restiamo qui, increduli e affranti, a doverne dolorosamente prendere atto. Uno degli ultimi hombres verticales del nostro tempo, incarnazione principe, quasi ontologica, di una tensione morale senza uguali e di una straordinaria capacità di sacrificio, coniugate ad una concretezza rara, a una professionalità senza falle e a una capacità unica di incidere effettivamente sul reale, e questo quando proprio quando e dove il reale si fa tremendo, abissale, intollerabile.
Una figura che, con parole ma soprattutto con l’operare senza requie e senza cedimenti, ha sempre messo a nudo l’assurdità e lo scandalo della guerra, il dramma degli umiliati e degli offesi, la protervia e la crudeltà dei potenti; e questo dai luoghi stessi in cui la tragedia si compiva quotidianamente, ogni giorno la stessa, ogni giorno più insopportabile ma contro cui lottare senza soste e senza pietà, con la forza esemplare dell’atto.
Oltre undici milioni di persone curate dalla sua Emergency in ventidue paesi, in 28 anni di attività, decine di ospedali aperti nelle zone in cui più evidente era lo scandalo quotidiano della sopraffazione fisica dell’uomo sull’uomo. E senza fare mai una distinzione basata su criteri non strettamente sanitari, pur nella chiarezza della sua analisi delle radici dell’odio e della violenza. Non fu mai toccato dalla gazzarra politica e mediatica che lo voleva trascinare nella palude di un dibattito senza senso né scopo, ad esempio quella polemica orchestrata in Italia con la sua abortita nomina a commissario per la sanità calabrese. In quell’occasione, prese atto che non era gradito e, nel suo stile, apri un centro Covid da campo a Crotone.
Una presenza di enorme impatto carismatico anche nelle sue apparizioni televisive, in cui stroncava ogni bizantinismo retorico, ogni artifizio argomentativo, per arrivare al nocciolo delle cose, alla radice del problema. Con una credibilità che veniva dalla sua testimonianza tramite l’atto e il gesto.
Da oggi ci sentiamo molto più soli, addirittura più indifesi, senza il suo sguardo limpido e severo, senza quella parola definitiva a mostrare il cammino, senza l’esempio. Sappiamo bene che in questi ciechi tempi abbiamo bisogno di eroi, lo sappiamo ancora meglio quando uno di essi ci abbandona.
Le forme attuali del lavoro, sempre più precarie e "flessibili" rendono necessari nuovi diritti e nuovi mezzi di lotta per ottenerli
Troppo poco e troppo tardi nel bilancio della conferenza di Glasgow