La successione di ‘Mutti” Angela
Tedeschi alle urne il 26 settembre: difficile scelta fra deboli candidati alla successione della Merkel che ha a lungo dominato la scena anche europea
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Tedeschi alle urne il 26 settembre: difficile scelta fra deboli candidati alla successione della Merkel che ha a lungo dominato la scena anche europea
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Tedeschi alle urne il 26 settembre: difficile scelta fra deboli candidati alla successione della Merkel che ha a lungo dominato la scena anche europea
Bilancio in cui c`è di tutto: cancelliera per lo più apprezzata ma anche detestata; simbolo della concretezza pragmatica ma anche di un turbocapitalismo senz’anima che non si capisce quanto condividesse; portavoce del rigore finanziario rigidamente applicato alla Grecia ma poi anche motore del riposizionamento europeo in favore di una spesa pubblica condivisa e imposta dalle devastazioni economiche della crisi sanitaria; di una leader persuasiva nel negoziare la ‘Grossse Koalition’ con lo storico rivale socialdemocratico ma poi in grado di ‘cannibalizzare’ l’SPD riducendolo ai minimi storici; capace anche di bacchettare quelli del suo schieramento (soprattutto la CSU bavarese) tentati dalle sirene populiste dell’AFD (l’Alternativa per la Germania di forte orientamento destrorso).
È la donna che fece piangere una piccola profuga palestinese davanti alle telecamere, spiegandole che non tutti gli immigrati potevano rimanere nel suo paese e che subito dopo aprì le porte a quasi un milione di disperati fuggiti dalla guerra in Siria attraverso il corridoio balcanico, un coraggio prima pagato elettoralmente ma che oggi presenta un positivo bilancio di integrazione e di manodopera a buon mercato. Quindi approdata a un programma di denuclearizzazione ambientalista che ha fatto scuola anche dalle nostre parti. Infine la Merkel che pesca nelle sue competenze scientifiche (studi in fisica e chimica) che la rendono assai più credibile dei suoi colleghi nazionali e internazionali nella strategia anti-Covid e nelle misure restrittive. Certo, si deve ancora capire quanto, come dicono alcuni analisti, quanto delle sue scelte siano state originale farina del suo sacco o spesso furbo adattamento di idee mutuate da altri, per esempio quelle sul piano sociale, in buona parte mutuate dalle idee minimaliste di un Gerhard Schroeder.
Sta di fatto che la ‘Kanzlerine’ ha segnato un’era che, per densità di decisioni e intensità di eventi storici, sembra andare ben oltre i tre lustri del suo governo. È forse anche per questo che le figure che oggi se ne contendono la successione sembrano figure troppo sbiadite, non all’altezza, scarse idee o scarsamente capaci di mobilitare gli elettori. L’Armin Laschet, erede designato ma non amato nemmeno dalla Merkel, bonario e buon governatore CDU del Nord Reno Westfalia, ‘irremovibilmente vago’ nel parlare di tutto senza dir nulla di preciso, che rischia di essere sepolto da una risata, la propria, immortalata da una sua foto scattata sulle macerie dell’inondazione più catastrofica e mortale del secolo per la sua nazione. Oppure l’Olaf Scholz, ministro delle finanze, socialdemocratico di vecchia scuola senza un briciolo di carisma, che stando alle previsioni riuscirà difficilmente a schiodare gli eredi di Brandt dal 15 per cento in cui sono precipitati; “stiamo facendo una campagna in vagone letto”, da sonnambuli dicono i suoi detrattori interni. O ancora Annalena Baerbock, la verde favoritissima al debutto della campagna, personalità controversa, scivolata malamente su presunti plagi e aggiustamenti della sua biografia, per cui non si capisce se la tragica conferma dei cambiamenti climatici che hanno flagellato il paese le potrà dare una spinta decisiva.
Così che i sondaggi – che finalmente non segnalano risultati a due cifre dell’estrema destra nazionalista e anti-immigrazione, apparentemente più spiazzata che favorita dalle polemiche sulle misure sanitarie – i sondaggi registrano a sei settimane dal voto un’istantanea che colpisce: un andamento borsistico delle reciproche fortune, ma anche quella di un sorprendente 45 per cento di votanti ancora poco propensi a scegliere uno dei candidati in gara. Dunque, la Germania paradigma della stabilità politica diventata teatro di ondivaghi stati d’animo, di inabituali incertezze, di possibili inedite future alleanze di governo federale. Una Germania più ‘normale’? L’Europa, e non solo, capirà presto se e quanto le mancherà “Frau Angela”.
Articolo pubblicato da laRegione l’11 agosto 2021
Nell’immagine: Angela Merkel nel 2008
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