Perché adesso Putin punta sulla Moldavia
Lo Zar vorrebbe aprire un altro fronte, ma ha poche possibilità di intervenire in Transnistria
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Lo Zar vorrebbe aprire un altro fronte, ma ha poche possibilità di intervenire in Transnistria
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• – Redazione
Lo Zar vorrebbe aprire un altro fronte, ma ha poche possibilità di intervenire in Transnistria
Per ora, la seconda guerra della Russia per strappare un territorio a una sua ex colonia si ferma sulla soglia. Il congresso dei deputati della Transnistria, l’entità filorussa non riconosciuta della Moldova, non ha chiesto ieri di passare immediatamente sotto la mano del Cremlino, come davano per certo sia molti esponenti locali che alcuni osservatori internazionali. L’assemblea – convocata per la prima volta in 17 anni – si è limitata a chiedere a Mosca un «aiuto» non meglio precisato. La palla è ora passata nel campo russo, da dove una fonte prudentemente anonima del ministero degli Esteri dichiara che la «difesa dei compatrioti della Transnistria rimane una delle priorità». Ma sembra decisamente troppo tardi per il colpo di scena che diverse fonti avevano preannunciato nei giorni scorsi: che oggi, pronunciando il suo discorso annuale alle camere riunite, Vladimir Putin avrebbe annunciato l’annessione dell’enclave moldava, aprendo un secondo fronte nella sua guerra per ricostituire l’impero sovietico.
Erano stati deputati della repubblica non riconosciuta, come Gennady Chorba, a dare per imminente una richiesta a entrare a far parte della Russia. Lo scenario si ispirava a quello della Crimea di 10 anni fa: un territorio in buona parte russofono e nostalgico del comune passato sovietico, con una popolazione alla quale Mosca aveva dispensato passaporti russi per avere il pretesto di «difendere i propri concittadini». Il “referendum” sulla secessione dalla Moldova si era tenuto già nel 2006, ma il Cremlino aveva preferito tenere la Trasnistria nel suo limbo di enclave “congelata”, presidiata da un piccolo contingente militare di “peacekeepers” russi e governata da un clan di servizi segreti impegnati in ogni sorta di affari. Sede del primo conflitto armato postsovietico già nel 1992, la Transnistria era diventata una pistola puntata alla testa della Moldova, dell’Ucraina – nel caso di una sua caduta in mano alla Russia si aprirebbe un secondo fronte a sud-ovest, minacciando Odessa – e dell’Europa.
Il modo in cui questa pistola è stata sfoggiata per poi venire abbassata fa pensare a una operazione di propaganda, oppure a un’operazione sulla quale diverse fazioni del Cremlino non hanno preso ancora una decisione. Anche perché non è di facile realizzazione. La Transnistria è una striscia di terra lungo la frontiera con l’Ucraina, non confina con la Russia, rendendo impossibile una invasione di terra. Per trasportare truppe con gli aerei bisognerebbe sorvolare il territorio ucraino – dove gli aerei russi ultimamente vengono abbattuti quasi tutti i giorni – oppure la Romania, un Paese Nato. Il contingente russo di stanza in Transnistria verrebbe bloccato dall’esercito ucraino dall’altra parte del confine. Senza contare che se 220 mila dei quasi 500 mila cittadini della enclave non riconosciuta hanno la cittadinanza russa, 350 mila però possiedono un passaporto moldavo, e possono a loro volta invocare soccorsi da Chishinau.
Una spiegazione possibile è quella di un gioco di pressioni innescato dalla Transnistria stessa, che con lo scoppio della guerra in Ucraina è rimasta isolata dai suoi protettori moscoviti. Approfittando del blocco del negoziato che vedeva come mediatori Kyiv e Mosca, Chishinau ha iniziato a imporre ai secessionisti di Tiraspol le proprie regole: devono pagare tasse e dazi doganali alla Moldova. La presidente pro-europea Maya Sandu ha ottenuto anche l’approvazione di un nuovo codice penale che rende il “separatismo” un reato, e come nota il ricercatore di Carnegie Politika Vladimir Solovyov, uno dei motivi dell’escalation potrebbe essere la paura delle autorità secessioniste a perdere «soldi, autorevolezza e quindi potere». L’invocazione di Mosca potrebbe essere il tentativo di ricattare più Sandu che Putin. Che però ora può progettare una nuova “operazione speciale”. Tra due settimane deve riconfermare il suo quinto mandato presidenziale, e sa che il suo elettorato è nostalgico dell’impero: un’altra annessione, seppure probabilmente solo sulla carta, potrebbe far dimenticare l’impantanamento dell’esercito in Ucraina, e mostrare che Mosca non ha intenzione di fermarsi. Proprio quello che fa paura in queste settimane all’Europa, che si sta preparando a rimediare alle proprie vulnerabilità di fronte a una possibile nuova aggressione russa. Che colpirebbe per primi proprio gli ex sudditi di Mosca: solo pochi giorni fa il ministro degli Esteri putiniano Sergey Lavrov ha accusato la Moldova di «stare seguendo la strada dell’Ucraina».
Nell’immagine: nella cartina, segnata in rosso, la Transnistria
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