Sembrava proprio che il CIO avesse cambiato il pelo, e con il nuovo manto anche il vizio:
por el nada de nada, gnanca ‘n po’: lo ha dimostrato sculacciando la Svizzera come si fa con un monello o un soldatino: il
petit suisse di Brecht: vuoi mettere le garanzie (e la parola) di una Viola Amherd con quelle di un Biden (Salt Lake City 2034) o di un Macron (Francia 2030?). Appunto.
Il Comitato Olimpico in brache di tela (non lo voleva più nessuno) che ha dato (e co-finanziato) le Olimpiadi 2026 a un’Italia a sua volta non proprio in smoking, ha ripreso, come si direbbe a Losanna (sede del Museo Olimpico) du poil de la bête: la grandeur francese di Macron e l’imperialismo (anche culturale) di un Biden abbinato ai mormoni di Salt Lake City hanno convinto il CIO che ci sarà sempre un Putin (Sochi 2014), una Corea del Sud che vuol mostrare i muscoli a quella del Nord (Pyeongchang 2018) o un Xi Jinping (Pechino 2022) disposti a spendere barche di soldi per Giochi faraonici in impianti centralizzati.
La Svizzera aveva presentato un modello che cancellava con un colpo di spugna la storica mania di grandezza del CIO (e ne avevamo parlato in questa sede): Olimpiadi decentralizzate nelle quattro componenti etniche del Paese, nessun villaggio olimpico per i 5000 atleti e i 5000 ufficiali ma alloggi negli hotel, budget limitato a 1,5 miliardi di franchi, con soli 200 milioni di garanzie private – rispetto al miliardo chiesto in precedenza agli Stati organizzatori. In definitiva non più una città olimpica che ospita i Giochi (Host City) ma un Paese (Host Country) con dislocazioni molto periferiche a Lugano (in un Palazzo dello Sport da fare) e ad Airolo, località poco conosciute al delegato asiatico proveniente dal ‘Paese del Dragone tuonante’ (Bhutan) o a quello africano (del Malawi).
Alla Svizzera, secondo Viola Amherd, è stato dato un binario preferenziale per il 2038.
Possiamo esprimere forti dubbi – mettiamola così: se il CIO in seguito a crisi mondiali e guerre
dovesse trovarsi ancora una volta di fronte e molti rifiuti da parte di Paesi che temono di dover
accollarsi troppi debiti (Montreal impiegò 24 anni a estinguere quelli dei Giochi estivi del 1976)
presterà orecchio anche ai rossocrociati, che comunque, anche se non è ufficiale, dovranno
annacquare il loro progetto: il concetto delle quattro regioni linguistiche, delle quattro etnie
scompare, il Canton Ticino sarà escluso. Ci saranno probabilmente solo quattro poli: Losanna-Sion, Zurigo, Berna e il polo obbligato di San Moritz-Celerina per la pista di bob, slittino e skeleton, formalmente in zona romancia, in realtà in un’appendice da oligarchi di tutto il mondo.
Comanda come sempre la moneta: il CIO, disposto a cofinanziare i Giochi Invernali italiani
(e di conseguenza, si pensava, anche il progetto svizzero) con 710 milioni ha fiutato l’affare: come in passato. Pensa che qualche Grande Potenza, per ragioni di prestigio e politica (interna ed esterna) disposta a ballare al suo ritmo senza speculare sul centesimo si troverà sempre.
Insomma, i padroni dei Cinque Anelli inventati da De Coubertin, discesi dall’Olimpo sede degli
Dei, si sono convinti che sulla Terra erano solo di passaggio, in visita di cortesia, per vedere da vicino gli Umani: hanno fatto finta di mischiarsi con noi, hanno sentito dire che certi Paesi contemplano uno strano diritto – quel horreur: quello del referendum, che infatti in Svizzera ha bastonato più volte i Giochi spendaccioni, ritornati parchi solo per pochi anni, pronti a riprendere l’eterno andazzo.
Tanto, lo sanno bene, l’ideale olimpico della gioventù di tutto il mondo è sempre vivo. Garantisce
la sopravvivenza del mito. E dei marpioni che lo gestiscono.