Solo un pezzo di palinsesto
L’amaca di sabato 2 dicembre 2023
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
L’amaca di sabato 2 dicembre 2023
• – Redazione
Fa discutere il kolossal biografico “Napoleon”, nelle sale da qualche giorno, per la sua scarsa adesione ai fatti storicamente accertati
• – Pietro Montorfani
Una piattaforma multimediale ricca di documentazione racconta la presenza fondamentale delle donne nell’emigrazione italiana in Svizzera
• – Mattia Lento e Manuela Ruggeri
Versi che cercano risposte impossibili sul dramma della guerra e delle sue vittime innocenti
• – Lelio Demichelis
Leggi qua e là le notizie dal mondo e finisci per chiederti (ma forse non c’è neppure bisogno) se il mondo non sia un po’ troppo storto, tanto da dubitare dell’uomo che lo abita
• – Silvano Toppi
Deve finire presto, con un cessate il fuoco permanente, ma i nostri governi qui in Italia e in Europa (e tanto meno gli Usa) non hanno il coraggio di chiederlo
• – Redazione
Un nuovo saggio di Lorenzo Planzi supera qualche stereotipo, allarga i punti di vista e poggia su una grande varietà di fonti orali e scritte, oltre che su una bibliografia vasta e aggiornatissima
• – Michele Ferrario
Cento anni fa, il 2 dicembre 1923, nasceva Maria Callas, non solo cantante lirica ma interprete totale, per tanti appassionati la migliore, un mito - Di Sabrina Faller
• – Redazione
Il Procuratore Generale Andrea Pagani, dopo l’annullamento del decreto d’abbandono sui fatti del centro autogestito, chiede nuovi documenti relativi alla demolizione del 30 maggio 2021, ma dalla polizia cantonale gli arriva un dossier misteriosamente “annerito”
• – Rocco Bianchi
A pochi mesi dall'entrata in vigore del nuovo regime fiscale, che pesa molto di più sui "nuovi" frontalieri, diminuiscono le richieste di lavoro da oltreconfine: se questo trend si confermasse, quali sarebbero i problemi ma anche le opportunità per il mondo del lavoro cantonale?
• – Aldo Sofia
Per piacere, basta con Filippo Turetta. Ne sappiamo quanto basta per capire come è andata, purtroppo. Un Paese intero è insorto contro quel delitto.
Perché dunque, a caso chiuso, trasformare una ragazza e il suo assassino nei protagonisti di una serie noir, dilungandosi (da settimane) sui dettagli macabri, sulla vita privata delle due famiglie (con tanto di indicazioni stradali: abitano qui!), su una cronologia della violenza che ha un evidente interesse per i vari periti e per chi dovrà giudicare, e che potrà magari fare la gioia dei patiti di questo genere di show, ma per noi è solamente un peso, un accanimento inutile, uno strascico sadico?
Che senso ha rivedere ogni trenta secondi le immagini di lei, che tutto avrebbe desiderato tranne diventare l’icona del martirio quotidiano di migliaia di donne?
Non si usava dire, rispettosamente, “riposi in pace”? Forse che la morte violenta rende impossibile averne diritto, alla pace e al rispetto?
E che senso ha tracciare una specie di mappa ossessiva dell’estradizione, degli interrogatori, dei colloqui di lui con genitori e avvocati, come per riempire le puntate che mancano al nuovo picco di ascolti, che sarà il processo?
Poi alla fine tutto diventa una specie di rito stravisto, strasentito e indistinto, l’inviato del tigì davanti al carcere o alla procura o a qualunque delle anonime facciate della burocrazia giudiziaria, che cuce qualche parola attorno al nulla purché il filo della trama, anche se è ormai esilissimo, rimanga integro.
E si cambia canale, questo è il risultato: il delitto più simbolico e più doloroso dell’anno torna a essere un pezzo di palinsesto risaputo, identico agli altri.
Nell’immagine: fotogramma da uno dei molti servizi TV
Gli USA ostacolano una soluzione politica al conflitto
La giornalista indipendente: «Le accuse a Salis sono vaghe, ancora non provate e non ci sono testimoni»