Certo, ci sono aree del mondo dove si va più spediti, in Cina per esempio. O proprio negli Emirati Arabi Uniti che ospitano Cop28. Qui, some ricorda il presidente dell’Associazione italiana nucleare Stefano Monti, «sono passati, in poco più di un decennio, dal non avere nemmeno un ingegnere nucleare alla messa in funzione di tre reattori. E un quarto è in costruzione». Ma Cina ed Emirati hanno grandi risorse economiche (quelle di Abu Dhabi, per paradosso, derivano dal petrolio venduto all’Occidente) e opinioni pubbliche il cui parere, per usare un eufemismo, non è dirimente nella definizione delle politiche energetiche.
Supponiamo ora che, come per incanto, tutti i Paesi che a Dubai hanno annunciato di voler puntare sul nucleare dispongano delle finanze, delle opinioni pubbliche e degli spazi disabitati di Cina ed Emirati, e che in 12-15 anni riescano nello stesso “miracolo nucleare”. Problema risolto? La risposta è appunto: no.
Secondo l’Emission Gap Report 2023, pubblicato dall’Unep, il Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite, alla vigilia di Cop28, per restare entro gli 1,5 gradi di riscaldamento dovremmo tagliare le emissioni del 42% da qui al 2030. Tra appena sette anni, troppo pochi per confidare sulla rinascita del nucleare. È alla luce di dati come questo che Francesco La Camera, direttore dell’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (Irena), boccia l’atomo: «Le risorse economiche sono poche: occorre fare delle scelte e darsi delle priorità. Se si riconosce che il riscaldamento globale è una vera emergenza, allora occorre puntare su soluzioni che ci aiutino nel minor tempo possibile a tagliare le emissioni di CO2».
L’Inviato speciale Corvaro, un tecnico di nomina governativa, lo ha detto ai suoi due referenti politici, i ministri Tajani e Pichetto Fratin: «Giusto continuare a fare ricerca. Ma si tratta di una soluzione non praticabile nel breve termine in Italia, sia per questioni tecniche che di accettabilità sociale. E i tagli alle emissioni di CO2 vanno fatti subito». Forse si spiega così la cautela della premier Meloni sull’argomento ieri a Dubai.
Ma allora che prospettive ha il nucleare a uso civile? Di più lungo termine: il 2050, appunto, quando il mondo dovrebbe tagliare il traguardo “emissioni zero”. Lo conferma il direttore esecutivo dell’Agenzia internazionale per l’energia (Iea) Fatih Birol: «Il nostro fabbisogno di elettricità continuerà a crescere, ne servirà sempre di più. E anche se le rinnovabili faranno la parte del leone, l’energia atomica avrà comunque un ruolo importante. Per questo sono convinto che ci sarà un ritorno al nucleare».
Nell’immagine: un impianto nucleare di ultima generazione