Tutti d’accordo: i delegati delle Federazioni sportive svizzere, l’organizzazione-mantello Swiss Olimpic e Viola Amherd, orgogliosa Ministra dello Sport, seguace di una nuova disciplina olimpica: la giravolta con salto mortale e doppio avvitamento. Inventata,
noblesse oblige, dallo stesso Comitato Olimpico Internazionale presieduto dal tedesco Thomas Bach, che si è trovato con l’acqua alla gola, anzi, ‘cornuto e mazziato’. Perché al solo vedere la sigla, CIO, autorità statali e popoli europei all’unisono gridavano ad alta voce:
vade retro Satana!, avendo capito ormai chiaramente di avere a che fare con una congrega succhia-sangue che si muove sul principio “La gloria e i profitti a noi, le perdite per la faraonica impresa a voi, Stato e spettabile pubblico”. Tant’è vero che per le Olimpiadi del 2026 (cui la Svizzera aveva pensato a lungo), erano rimasti in lizza solo Svezia e Italia. Alla fine i Giochi sono finiti a Milano, Bormio, Livigno e Cortina.
Gli italiani molto più veloci e reattivi dei bernesi avevano capito che il CIO non poteva più fare la voce grossa e i Giochi, se li voleva ancora, doveva pagarseli. Il coltello dalla parte del manico è passato così in mano alla Nazione organizzatrice. L’antifona, non l’avevano capita, allora, le nostre due ‘pasionarie’: la poschiavina Silvia Semadeni e la dolce, ma inflessibile Simonetta Sommaruga: non avevano còlto che la cinquantennale tracotanza del CIO (potremmo definirla l’oltrecontanza dantesca – ond’esta oltrecotanza in voi s’alletta), quella protervia che faceva dire al CIO “noi siamo gli eredi degli Dei dell’Olimpo, se vi diamo i Giochi dovete essere contenti”, non valeva più, anzi, andava prontamente accantonata per evitare che il giocattolo olimpico scoppiasse come la rana di Esopo.
La risposta del popolo svizzero, allora (fino al 2019, quando si affermò la candidatura italiana) è stata di perentoria rinuncia: prima Berna, poi due volte Sion e il Vallese, quindi due volte i Grigioni hanno detto di no. Non per nulla è dal 1948 che la Svizzera non ospita più i Giochi invernali. Ma ora le carte in tavola sono cambiate: il CIO è sceso dal monte Olimpo. Per forza, altrimenti le Olimpiadi riproposte dallo stranissimo cattolico Pierre Fredy, barone di De Coubertin, sarebbero scomparse.
In particolare il CIO rinuncia ai suoi tre dogmi: a) garanzie di un miliardo di dollari da parte dello Stato del Paese organizzatore b) raggruppamento delle discipline in una specie di ‘villaggio olimpico’ c) palazzi dello sport fatti dai migliori architetti al mondo e cerimonie d’apertura e chiusura spettacolari e costose per arrivare alla fatidica frase conclusiva: best ever held. Le migliori di sempre.
Così, ieri il progetto svizzero per i Giochi invernali 2030 è stato approvato, anche se molto, forse troppo a ridosso delle scelte che farà CIO. I tempi, infatti, sono strettissimi. Fra pochi giorni il CIO dovra stabilire se entrare nel merito del progetto di fattibilità della Svizzera, della Svezia e della Francia di Macron. Svezia e Francia non sottostanno a referendum popolare. La Svizzera sì, il che potrebbe complicare la faccenda, anche se va detto che il progetto elvetico è talmente decentralizzato da rendere ardua l’impresa.
Il concetto svizzero stravolge, fra l’altro, uno dei capisaldi dei Giochi, quello della vicinanza, con il village ad ospitare, spalla a spalla, gli atleti di tutti i Paesi, le razze e le religioni. La Svizzera, con qualche ragione, sostiene di essere lei stessa un village: piccola, con un’ottima rete ferroviaria e stradale (Gottardo permettendo), qualificate capacità organizzative (avrà 9 mondiali e europei nelle discipline olimpiche entro il 2027), tre etnie-lingue che hanno fatto l’Europa nel primo Dopoguerra, (Francia, Germani e Italia) e che convivono anche con una quarta Svizzera, quella dei romanci di St. Moritz (San Murezzan, ma il tedesco avanza) che l’Enciclopedia Treccani sciaguratamente scambia per una cittadina hollywodiana: Saint Moritz (oh when the Saints go marching in).
Quanto alla parte di village italofona, parrebbe, stando al progetto, pienamente considerata ed implicata e potrebbe ospitare le gare di curling e short track (nel Palazzetto del ghiaccio di Lugano, per il momento solo un progetto) l’hockey femminile e parte dello sci acrobatico (gobbe) ad Airolo. Troppa grazia S. Antonio. A crederci.
Ma qualcosa senz’altro arriverà, sennò salta il progetto della massima decentralizzazione su cui punta il concetto presentato e approvato a Ittigen. Certo, mancano anche, forzatamente dei tasselli qualificati (e costosi), come ad esempio il Palazzo del ghiaccio per il pattinaggio di velocità, con un anello di 400 m. La disciplina si sposterebbe a Heerenveen in Olanda, dove il pattinaggio è sport nazionale, o a Inzell in Germania.
Un capitolo che ha quasi del paradossale è quello che concerne le gare di bob: la pista – gioiello di St.Moritz, storica, naturale e non inquinante, potrebbe, nel 2030, non reggere più a causa dell’aumento della temperatura.
All’insegna della decentralizzazione il progetto svizzero prevede anche due diverse sedi per le cerimonie d’apertura e chiusura (a Losanna e a Berna), così come le diverse cerimonie di consegna delle medaglie. Il costo previsto per la gigantesca operazione sarebbe di un miliardo e mezzo di franchi: ma, si sa, i preventivi sono fatti per essere superati.
Il dato clamoroso è che il CIO adesso contribuisce con 710 milioni di franchi alle spese mentre prima le accollava tutte al paese organizzatore. Per questo non le voleva più nessuno, e il popolo votava contro. 250 milioni arrivano dai grandi Sponsor (i Giochi hanno un miliardi di spettatori nel mondo!), e 310 dai biglietti (si calcolano 2 milioni e 250’000 spettatori). I costi per la sicurezza sono però a carico di Stato e Cantoni: Sion li aveva quantificati in 400 milioni!
Se la Svizzera non avrà i Giochi del 2030 dovrà aspettare il 2038: quelli del 2034 sono ormai praticamente appannaggio di Salt Lake City. Persino i mormoni sono stati più svelti dei bernesi e di tutti gli altri rossocrociati, che ora cercano di mutare codice genetico e di trasformasi in rapidissimi animaletti a codice indefinito: beep-beep.
Nell’immagine: le gare olimpiche di sci acrobatico a Airolo. A crederci