L’Africa è il continente che fa meno uso di pesticidi, impiegando, infatti, meno di 0,4 kg di pesticidi per ettaro coltivato contro una media globale di 2,6 kg. Eppure, il settore commerciale mondiale dei pesticidi ha da tempo identificato nel continente africano il suo mercato più vasto.
Una crescita demografica esponenziale, un’industria in lenta ma costante espansione – sempre più massiccia la presenza dell’industria agricola – ma soprattutto l’assenza o fragilità di quadri regolatori. Sono questi i principali motivi che fanno oggi dell’Africa uno dei mercati più attraenti per le multinazionali che producono pesticidi. Con 33 milioni di piccoli agricoltori nel continente sempre più nel mirino delle aziende agrochimiche.
Negli ultimi anni, il tasso di crescita della domanda africana di pesticidi è stato il secondo più alto al mondo, dietro al Sud America e, secondo le proiezioni del mercato, continuerà ad aumentare.
A mappare il trend è l’Atlante dei pesticidi 2023, realizzato dalla fondazione Heinrich-Böll-Stiftung, Friends of the Earth Europe e PAN Europe. Secondo lo studio, in Africa Occidentale, l’uso dei pesticidi è aumentato del 177% fra il 2005 e il 2015. Nello stesso periodo, le importazioni di fitofarmaci sono quasi triplicate, con un incremento particolarmente rapido in Costa d’Avorio, Ghana e Nigeria.
Il mercato globale dei pesticidi cresce, mentre il numero delle società che se lo spartiscono rimane esiguo. Tanto da poterle contare sulle dita di una mano. A contendersi il mercato africano sono le società Adama Agricultural Solutions, Sumitomo Chemicals, UPL Limited e Bayer AgroScience AG.
Più di un terzo delle loro vendite riguarda pesticidi contenenti principi attivi classificati come “altamente pericolosi” (Highly Hazardous Pesticides, HHP). OMS e FAO sostengono che tali sostanze presentano livelli di rischio acuto o cronico per la salute o per l’ambiente, motivo per cui da anni non sono più autorizzati nei Paesi membri dell’UE.
Tuttavia, le aziende europee possono continuare a produrli e venderli a Stati al di fuori dell’Unione, scaricando sui più vulnerabili gli effetti dannosi di quelle sostanze. Nel 2018 e nel 2019, i Paesi dell’UE e il Regno Unito hanno approvato l’esportazione di un totale di 140.908 tonnellate di pesticidi vietati sui terreni agricoli europei.
Si tratta dunque di rischi inaccettabili negli Stati membri dell’UE, ma accettabili altrove. E benché da anni gli studi dimostrino che gli HHP provocano gravi danni, specialmente nei Paesi del Sud del Mondo, questi continuano ad essere commercializzati e utilizzati su vasta scala.
Nel 2018, il 40% di tutti i pesticidi usati nel Mali era altamente pericoloso. In Kenya, nello stesso anno, il 43%. Nel 2021, il 65% dei pesticidi usati in quattro stati della Nigeria superava abbondantemente ogni limite di sicurezza.
Uno studio condotto dall’università del Michigan ha segnalato che il 76% degli agricoltori in Zambia fa uso di questa tipologia di pesticidi, l’87% in Mozambico. In Kenya sono stati autorizzati 230 principi attivi, 51 dei quali non sono più consentiti in UE. Dal canto suo, il Sud Africa ha importato prodotti contenenti almeno 28 principi attivi vietati in UE.
Gli effetti su chi lavora nelle coltivazioni sono devastanti. I dati mostrano come il 95% dei 385 milioni di persone colpite ogni anno da avvelenamento non intenzionale da pesticidi vive nel Sud del Mondo.
I più vulnerabili sono infatti i piccoli agricoltori e lavoratori agricoli, ovvero coloro che non hanno avuto una formazione adeguata – o non l’hanno avuta affatto-, pertanto scarsamente informati sui rischi per la salute.
Niente vaporizzatori a zaino, mascherine, indumenti protettivi e guanti adeguati. I dispositivi di protezione individuale spesso sono difficili da reperire o troppo costosi.
I pesticidi vengono travasati da un contenitore all’altro, ignorando le istruzioni per usare il prodotto “in sicurezza”. Molti utenti non sanno leggere le istruzioni a causa di un livello di scolarizzazione basso o inesistente. Talvolta, le istruzioni non sono scritte nelle lingue dei rispettivi Paesi.
Un altro problema è che regole, norme e controlli non riescono a tenere il passo con la crescente domanda di pesticidi. E accanto al commercio legalizzato di questi, se n’è sviluppato uno parallelo. Fonti accademiche e del settore stimano che fino al 20% del mercato africano, e ben il 34% del mercato dell’Africa Occidentale, sia rappresentato da prodotti commercializzati illegalmente. Contenitori e imballaggi vuoti vengono riempiti con prodotti contraffatti e venduti come se fossero originali.
Da tempo, gli esperti delle Nazioni Unite definiscono gli HHP una minaccia globale in termini di diritti umani. I pesticidi mettono a rischio, fra gli altri, il diritto a vivere dignitosamente, il diritto all’integrità fisica e il diritto a un ambiente sano. Tuttavia, nella pratica, sembra non esserci l’intenzione di modificare o rinunciare a questo business. Nel novembre scorso l’europarlamento ha respinto una proposta di regolamento europeo sui pesticidi che ne prevedeva il dimezzamento dell’uso e l’impossibilità di utilizzarli nelle aree sensibili entro il 2030.
L’Europa continua ad esportare in Africa prodotti e principi attivi che ha bandito nel suo territorio e impone pratiche colturali che, in casa propria, promette di sostituire in favore di un’agricoltura sempre più biologica ed ecologica.
Ma come si dice: tutto torna. E così anche alcuni dei pesticidi pericolosi esportati dall’Europa ritornano sotto forma di residui nei prodotti alimentari d’importazione. Residui di 74 pesticidi vietati in UE sono stati rinvenuti in alimenti testati sul mercato europeo nel 2018. Di questi, 22 erano stati esportati dall’Europa nello stesso anno.
Nell’immagine: la copertina dell’Atlante dei pesticidi 2023