Un’analisi di come gira il mondo
Frutto di un’approfondita ricerca, il libro Sans transition-Une nouvelle histoire de l’énergie (pubblicato in Francia da Seuil), scritto dallo studioso francese Jean-Baptiste Fressoz, può essere suddiviso in due parti. I primi due terzi delle sue 330 pagine presentano una storia materiale dell’energia. La sua tesi principale è che lo sfruttamento di tutte le principali materie prime ha subìto una crescita continua negli ultimi due secoli. Solo materie come la lana e l’amianto hanno subito una diminuzione. Questa crescita è stata simbiotica, in nessun momento una materia prima ha reso inutile una materia usata precedentemente. La dimostrazione di questa tesi è rigorosa, ma di lettura piacevole. Chiunque voglia capire come gira il mondo vi troverà qualcosa di interessante. L’ultimo terzo è consacrato a chiarire i meccanismi che hanno portato l’espressione “transizione energetica” al suo uso corrente, dando per scontato che si riferisse a qualcosa di più o meno preciso. Il testo è completato da una settantina di pagine di note, che ne fanno un’utile fonte per approfondimenti.
Il libro non è una critica allo sforzo di sviluppare le energie rinnovabili, né di mostrare che una transizione verso di esse sia impossibile. Vuole piuttosto dimostrare che la transizione com’è stata concepita serve da giustificazione alla rassegnazione climatica. Dagli anni 1980 ha accompagnato la procrastinazione generale ad agire, e continua a farlo. L’autore si spinge fino a dire che la transizione è l’ideologia del capitale nel XXI secolo. Questo perché serve a spiegare come il capitale, finanziando l’innovazione tecnologica, può contribuire positivamente alla lotta climatica. La transizione permette di proiettarsi in scenari a lunghissima scadenza, fatti di auto elettriche e di aerei a idrogeno, piuttosto che di mettere in discussione il livello dei consumi materiali e le disuguaglianze.
Il Palazzo di cristallo
Costruito nel 1851 in occasione della prima Esposizione Universale tenutasi a Londra, il Crystal Palace è stato considerato un inno alla modernità. La sua struttura apparente doveva far dimenticare il legno. Di fatto, il Palazzo conteneva in peso tre volte più di legno che di ferro e di vetro, e nel 1936 è stato completamente distrutto da un incendio, visto che il legno si era completamente seccato dopo 85 anni passati nell’immensa serra. “Una bella metafora del capitalismo”, ci dice Fressoz. Purtroppo la maggior parte dei racconti che tracciano una storia dell’uso delle energie ricalca lo schema del mito del Palazzo di cristallo, semplicemente perché non pone attenzione alla storia materiale, al come le cose sono fatte, all’interdipendenza tra i vari processi produttivi. Fressoz mostra che la storia delle simbiosi energetiche è fatta di cicli; è una storia che non ha direzione.
Ferrovie di legno, e automobili a carbone
Il carbone non si oppone e non ha reso obsoleto il legno, così come il petrolio non ha soppiantato il carbone. Anzi, senza il legno, niente carbone, e senza il carbone, niente petrolio. Le miniere di carbone sono impensabili senza le infrastrutture usate per sostenere le loro gallerie. Anche quando sono state introdotte infrastrutture in metallo, il legno è restato di gran lunga il materiale più usato e preferito dai minatori. I treni a vapore ci fanno pensare a nuove scoperte nella fisica, alla sostituzione della forza muscolare con la forza meccanica, al progresso insomma, all’era industriale. Ma quante traversine di legno ci sono volute per tenere i binari, per costruire le stazioni e le cisterne d’acqua per i rifornimenti? Il legno ha anche svolto un ruolo preponderante nello sviluppo dello sfruttamento del petrolio. Chiediamoci come mai il petrolio si misura in barili. Prima dell’uso delle condotte in acciaio, la liquidità del petrolio ha posto enormi problemi logistici che sono stati risolti solo grazie all’uso di manufatti in legno, dai barili alle navi. Poi, quando sono state introdotte le più moderne condotte di acciaio per pipeline e gasdotti, è stato il turno del carbone a essere indispensabile per l’industria del petrolio. La dipendenza dell’industria automobilistica dal carbone era già chiara a George Orwell, che nel 1937 scriveva che sono il carbone e i minatori a far avanzare le automobili. In uno spot pubblicitario della Ford degli anni 1970, intitolato A car is born, questa dipendenza è messa in scena in maniera spettacolare. La relazione simbiotica tra le materie prime può anche rovesciarsi, così il petrolio è fondamentale nello sfruttamento di miniere di carbone a cielo aperto, e negli ultimi cinquant’anni si produce sempre più carburante sintetico (synfuel) a partire dal carbone.
Queste considerazioni qualitative, possono essere completate con cifre che mostrano quanto l’idea di transizione sia una mera finizione. Una gran parte del libro di Fressoz fa proprio questo. Qualche esempio semplice: la parte del legno nel mix energetico è sì diminuita in termini relativi, ma il suo consumo è passato da 2,5 miliardi di tonnellate nel 1961 a 3,9 miliardi nel 2020, e usiamo tre volte più legno per produrre energia nel 2020 che un secolo prima; dal canto suo il consumo del carbone è raddoppiato tra il 1960 e il 2020.
Dal vecchio al nuovo? La costruzione di una narrativa
Da queste brevi considerazioni vediamo che non si può dire che il legno o il carbone siano resti del passato. Mulini e turbine per sfruttare la forza del vento ve ne sono da secoli, ma vi sono anche state moltissime innovazioni tecnologiche che hanno permesso di sfruttare nuove fonti di energia (atomo, sole), che hanno reso lo sfruttamento e il consumo più efficace ed efficiente, e via dicendo. Queste innovazioni non hanno però mai cancellato il passato, contrariamente all’idea corrente che ci si fa dell’innovazione quale distruzione creatrice (come proposto dall’economista Schumpeter). Anzi, alcune innovazioni come i synfuel o i pannelli di compensato hanno dato nuova vita a materie prime già ampiamente usate. Allora come si arrivati alla narrativa della transizione?
Formato alle science and technology studies, di cui uno degli esponenti più conosciuti è Bruno Latour, e avendo iniziato la sua carriera accademica allo Center for the history of science, technology and medicine creato da David Edgerton presso l’Imperial college London, Fressoz possiede gli strumenti per rispondere a questa domanda. Si tratta da un lato di seguire da vicino l’uso delle materie prime, tenendo conto delle problematiche legate al loro trasporto, dei processi di fabbricazione reali, al loro uso, ecc., e dall’altro di analizzare il discorso dei vari attori implicati. È così facendo che è apparso il ruolo cruciale nella propagazione dell’ideologia della transizione di un gruppo di scienziati che lavoravano sull’energia nucleare. Questi si sono prima interessati al cambiamento climatico, che già sembrava evidente alla fine degli anni 1960 a seguito dell’osservazione dell’innalzamento del livello del mare. Visto che l’unica spiegazione plausibile di questo fenomeno era legata alla quantità di CO2 nell’atmosfera, preconizzavano la sostituzione delle energie fossili con l’impiego di reattori super veloci nucleari. La loro visione e le loro previsioni sono state in un certo qual modo confermate, salvo quelle riguardanti l’utopia nucleare. Questo gruppo ha poi anche per primo scritto su quello che era stata chiamata la crisi energetica. La crisi petrolifera e i blackout erano già allora usati come denuncia dei “deliri ambientalisti”. È allora che ha cominciato a diffondersi l’espressione transizione energetica, declinata in diverse varianti. Si è anche cominciato a parlare di zero energy growth, cioè l’idea di limitare il consumo di energia senza impedire la crescita economica. La transizione energetica era presentata come un modo per traghettare l’economia verso lidi più sicuri, ed è stata iscritta nei programmi energetici delle amministrazioni Nixon e Carter per dar loro una patina futuristica. Di fatto questi programmi erano basati sul rilancio del carbone domestico. L’espressione si è diffusa rapidamente dopo il discorso alla Nazione di Carter del 18 aprile 1977 . Al minuto 3’30 parla della transizione a venire, che spiega referendosi alla transizione che ci sarebbe stata 200 anni prima dal legno al carbone, e a quella analoga del XX secolo con l’uso accresciuto di petrolio e gas naturale. Come indicato, si trattava di convincere il popolo americano della necessità di aumentare l’uso del carbone, fonte di energia interna più abbondante, così da ridurre la dipendenza dalle importazioni. Nel suo discorso, il presidente menziona anche i consumi elevati e la necessità di agire su di essi, ma tra i dieci principi che fondano il suo piano figura in seconda posizione il mantenimento della crescita … Lo sviluppo delle energie rinnovabili figura in decima posizione.
Fressoz sembra essere il primo storico a criticare così severamente la narrativa della transizione. Alcune delle sue linee di pensiero sono però state anticipate da pochi fisici negli ultimi decenni del secolo scorso. In particolare, Cesare Marchetti, già attivo presso EURATOM, ha messo in evidenza la grande inerzia del sistema energetico mondiale, il cui futuro dipende quindi in grandissima parte dal passato. Altri hanno messo in dubbio il valore delle modellizzazioni di economisti come il premio Nobel Nordhaus. Malgrado queste espressioni di dissenso, il discorso della transizione si è sviluppato ed è servito come bussola per uscire dalla crisi energetica, e poi per parlare del cambiamento climatico. Fressoz lo qualifica uno scandalo scientifico e politico. La transizione è servita a temperare (!) gli animi: così per esempio anche esperti che avevano messo in evidenza il cambiamento climatico non si sono mostrati contrari a una transizione che passasse per i synfuels, al fine di ridurre la dipendenza dal petrolio. Cioè anche se vi era accordo sull’analisi scientifica, le soluzioni sono sempre state pensate per prendere tempo. La struttura in tre sotto-gruppi del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC in inglese) rispecchia questo approccio: il primo si occupa di climatologia, il secondo degli impatti, e il terzo di soluzioni. Risultato: se il primo arriva a un consenso sull’urgenza climatica, il terzo può tradurlo in misure senza un reale impatto. Di fatto, si è dovuto aspettare il 2022 perché l’IPCC promuovesse il concetto di sobrietà, ma la decrescita non è ancora contemplata da nessuno dei circa 3000 scenari considerati dal terzo sotto-gruppo!
Sarà dura!
Intanto, British Petroleum aveva cambiato nome in Beyond Petroleum, e Total è diventata TotalEnergies. Puro marketing. C’è stata battaglia per il posizionamento del Ministero della transizione in seno al governo francese. Scaramucce tra funzionari e politici. Meloni accusa un’ipotetica transizione ideologica di aver stufato gli agricoltori. Per spingere il nucleare. Di fatto le cose serie avanzano molto lentamente, e una rassegnazione irresponsabile ha cominciato a diffondersi. C’è chi dice “il clima cambierà e noi ci adatteremo spostando l’agricoltura”, o ancora “in fondo per il bene dei più è normale che alcuni si sacrifichino”, senza indicare come ripensare le nostre politiche di accoglienza e di solidarietà. Durante Prima Guerra Mondiale e la Spagnola le emissioni di CO2 sono diminuite del 17%, durante la Crisi del 1929 del 25%, e durante il Covid e suoi confinamenti solo del 5%, per poi riprendere come prima. Considerati assieme, acciaio, cemento, plastica e fertilizzanti rappresentano un quarto delle emissioni di CO2, e vi sono poche proposte che spieghino come modificare la chimica del cemento, dell’acciaio o degli ossidi d’azoto, né come convincere i paesi produttori a chiudere i loro pozzi di petrolio o di gas. Si sono fatti progressi per decarbonizzare l’elettricità, ma questo non basta. Il libro di Fressoz è una messa in guardia, che ci invita a trarre le giuste lezioni dalla Storia. Sarà dura arrivare a ridurre drasticamente l’uso di sorgenti di energia carbonifere! Ciò malgrado, ognuno può fare la sua parte informandosi, mettendo in questione il proprio agire e quello della società in cui vive.