La Svizzera è il paese dei cerotti. Difficile che si proceda a riforme strutturali o di grande respiro. Si viaggia piuttosto a piccoli passi e per i grandi temi che hanno difetti e lacune evidenti si introducono cerotti, ovvero ritocchi o piccoli aggiustamenti. Accade per i costi della sanità, per l’emergenza climatica e per il sistema pensionistico.
Per la previdenza per la vecchiaia da ormai cinquant’anni si è scelto il meccanismo dei tre pilastri (AVS, casse pensioni, risparmio privato). Dal 1952 in tema di pensioni i cittadini sono stati chiamati alle urne ben 22 volte. Forse la nostra democrazia semi diretta concorre a frenare le grandi riforme, perché si propongono in continuazione iniziative o referendum su temi parziali e quindi il Governo si accontenta di gestire la situazione.
A marzo saremo chiamati a decidere su due possibili interventi in materia di Assicurazione Vecchiaia e Superstiti. La prima è l’iniziativa popolare “Vivere meglio la pensione (Iniziativa per una 13esima mensilità AVS)”, proposta dall’Unione Sindacale Svizzera (USS). La seconda è l’iniziativa popolare “Per una previdenza vecchiaia sicura e sostenibile (Iniziativa sulle pensioni)”.
Diciamo subito che la seconda, mascherata da un titolo ingannevole, è una fregatura: si propone infatti di innalzare a 66 anni l’età di pensionamento nel 2031, e di adattarla in seguito alla speranza di vita. In base alle previsioni attuali, i promotori, i giovani liberali, stimano che l’età pensionabile salirà a 67 anni nel 2043 e a 68 anni nel 2056. Il Consiglio federale e il Parlamento propongono di bocciare questa iniziativa: scelta condivisibile, una volta tanto.
L’iniziativa per la 13esma AVS merita invece di essere sostenuta. L’Unione Sindacale Svizzera indica i motivi per cui è importante appoggiarla. Gli affitti e i premi delle casse malati continuano ad aumentare e i pensionati hanno sempre meno denaro per vivere. La tredicesima AVS permetterebbe di migliorare le rendite delle donne, sempre troppo basse e lacunose. Un’AVS più forte può compensare in modo sicuro il crollo delle rendite del secondo pilastro. Con la 13esima mensilità si impedisce lo smantellamento delle pensioni, rafforzando un sistema di finanziamento fondato sulla solidarietà; infatti, il 92% degli assicurati riceve dall’AVS più di quanto ha versato.
Anziani poveri
Anche in Svizzera gli anziani sono confrontati con il pericolo della povertà. Secondo i dati dell’Osservatorio nazionale della vecchiaia di Pro Senectute, si stima che circa 295 mila persone siano minacciate di povertà quando vanno in pensione. Fra queste 46 mila si trovano in uno stato di povertà senza speranza. Il 13,9 % delle persone con più di 65 anni ha un reddito mensile inferiore alla soglia di povertà (2’279 franchi).
Migliorare la rendita del primo pilastro è dunque una necessità per un numero elevato di cittadini. Ma anche per coloro che non sono considerati poveri: l’aumento degli affitti e dei premi di casse malati, le spese di riscaldamento o dell’energia, oltre all’inflazione di questi ultimi tempi, rendono urgente un adeguamento sostanziale della rendita.
Consiglio federale e Parlamento propongono di bocciare l’iniziativa “Vivere meglio la pensione”. Il motivo è sempre il solito, costerebbe troppo. Le stime indicano una spesa supplementare di cinque miliardi di franchi nel 2032. L’ex-Consigliere federale socialista Alain Berset, responsabile del dossier, ha detto in Parlamento che “comprendiamo le motivazioni degli autori dell’iniziativa, ma non c’è margine di manovra a livello finanziario”. Pierre-Yves Maillard, deputato socialista e presidente dell’USS, ha espresso con indignazione che “in migliaia non sanno come fare per riempire il frigorifero”. Marina Carobbio Guscetti, che al momento del dibattito era ancora consigliera agli Stati, ha sostenuto che “rafforzare l’AVS tramite una tredicesima rendita è certamente un sistema efficace per lottare contro la povertà nella popolazione anziana”.
Una delle critiche espresse nei confronti dell’iniziativa riguarda il fatto che la tredicesima andrebbe a favore di tutta la popolazione anziana, quindi anche dei più ricchi, che non ne hanno bisogno. Perciò, in occasione del dibattito parlamentare, è stata avanzata anche la proposta di limitare l’esborso della rendita a chi percepisce bassi redditi. Ma anche questo compromesso è stato bocciato dal Parlamento.
Pensioni in cima alle apprensioni
La previdenza per la vecchiaia figura sempre ai vertici delle apprensioni degli svizzeri, il che significa che le soluzioni proposte dalla politica non soddisfano i bisogni della popolazione. In merito ai due appuntamenti del prossimo marzo, un sondaggio di 20 Minuti e Tamedia del luglio scorso rivela che l’iniziativa per una tredicesima AVS era sostenuta dal 68% degli svizzeri. Sia gli elettori di sinistra che quelli dell’UDC avrebbero votato a favore. L’iniziativa dei giovani liberali, che vuole legare l’aspettativa di vita alle pensioni innalzando, per cominciare, l’età pensionabile a 66 anni, non convince e sarebbe stata bocciata dai due terzi degli intervistati. Troppo presto, otto mesi prima, per cantar vittoria, anche perché a livello politico l’iniziativa per la tredicesima è sostenuta solo dalla sinistra, mentre UDC, PLR, Centro e Verdi liberali la combattono.
Quando si affronta il tema dell’AVS i partiti borghesi ripetono sempre la solita solfa. Sono decenni che preannunciano la catastrofe dell’assicurazione più sociale che sia nata in Svizzera. L’AVS ha radici centenarie. L’assicurazione per la vecchiaia figura fra le rivendicazioni dello sciopero generale del 1918 e nel 1925 il popolo accetta di ancorare nella Costituzione il principio di un’assicurazione in caso di vecchiaia, l’assicurazione a favore dei superstiti e quella in caso di invalidità. Poi, lentezza elvetica oblige, solo nel 1948 entra in vigore la rendita e, a partire dai 65 anni, maschi e femmine, svizzeri e residenti, ricevono dal postino gli agognati, allora, 40 franchi mensili. All’inizio degli anni Settanta le rendite fanno un sostanzioso balzo avanti, prima dell’80%, poi ancora del 25%.
Dopo il 1948, l’altro anno cruciale è il 1972, quando il Partito del lavoro lancia l’iniziativa “Per vere pensioni popolari”, che prevede un netto rafforzamento dell’AVS. In sostanza si propone di dare maggior peso all’AVS e di ridurre l’importanza delle assicurazioni private, cosa che era invisa a chi difendeva gli interessi degli assicuratori privati.
L’opposizione nei confronti dell’AVS da parte borghese è una costante storica. Purtroppo nel 1972 anche il partito socialista e i sindacati avvallano la proposta governativa che contrasta l’iniziativa del PDL e fa nascere il sistema dei tre pilastri, con le pensioni professionali (che diventano obbligatorie), che fanno e faranno la parte del leone innescando un meccanismo pernicioso di concorrenza e speculazioni private.
I soldi ci sono
Da sempre i paladini del libero mercato e i partiti borghesi prefigurano il fallimento dell’AVS. Certo, il numero degli anziani aumenta e pesa sulla popolazione attiva, ma l’aumento di salari e stipendi (ultimamente piuttosto fermi!) nel corso degli ultimi cinquant’anni e la crescita degli occupati hanno mantenuto in salute i conti dell’assicurazione sociale. Matthieu Leimgruber, professore di storia all’Università di Zurigo ed esperto di assicurazioni sociali, intervistato da Blue News, è categorico: “L’AVS scomparirà solo se la Svizzera smetterà di esistere come nazione. Per il momento non siamo a questo punto, e se lo fossimo avremmo altre preoccupazioni. Non esiste un Paese che istituisca un sistema pensionistico e poi smetta di pagare”. E aggiunge: “L’invecchiamento della popolazione è reale, ma è solo una delle variabili nel finanziamento delle pensioni. Tra il 1980 e il 2020, il numero dei beneficiari dell’AVS è quasi raddoppiato, passando da 900 mila a quasi 1,6 milioni di persone. Eppure, nello stesso periodo, il costo annuo delle pensioni erogate dall’AVS, in percentuale sul prodotto interno lordo, non è raddoppiato ma aumentato solo del 20%. Siamo quindi ben lontani da un imminente fallimento del sistema e la Svizzera, uno dei Paesi più ricchi del mondo, ha ancora la possibilità di finanziare l’AVS”.
Gli strumenti per sostenere l’AVS e per garantirne il futuro possono essere diversi, ma sappiamo tutti che bisogna andare a cercare i soldi dove ci sono, ottenendo così anche una riduzione delle disuguaglianze, che negli ultimi decenni sono in continuo aumento. Per fare un esempio, una proposta originale e sempre attuale è quella di introdurre in Svizzera una microimposta sui pagamenti elettronici per finanziare le spese dello Stato.
Giù le mani dalle pensioni
Ai partiti borghesi non basta aver alzato l’età pensionabile delle donne con la controriforma dello scorso anno, non basta attaccare la tredicesima AVS in votazione a marzo, non basta! È necessario peggiorare anche le condizioni del secondo pilastro, con la controriforma delle casse pensioni (LPP21), accettata dal Parlamento nel marzo scorso. Il ritornello è sempre lo stesso: bisogna “rafforzare il finanziamento del secondo pilastro perché a causa dell’aumento della speranza di vita della popolazione e delle fluttuazioni sui mercati finanziari, la situazione delle rendite della previdenza professionale è già da tempo precaria”, spiega l’Ufficio federale delle assicurazioni sociali. Quindi, in sostanza, riduzione delle pensioni per i lavoratori assicurati. “Le persone in Svizzera non vogliono e non possono permettersi questa riforma. – ha detto la presidente di UNIA Vania Alleva – Con questo progetto, il denaro passa dalla dipendente dell’industria alberghiera e della ristorazione o dall’addetta alle cure direttamente a Paradeplatz”. La formula è draconiana: pagare di più per ottenere rendite più basse. Contro questa controriforma è stato lanciato con successo un referendum; quindi, si andrà a votare il prossimo anno anche su questo gioco al massacro contro le fasce più deboli della società.
AVS è una perla dello Stato sociale elvetico, un’assicurazione fondata sulla solidarietà, perché i cittadini pagano in proporzione al reddito ma ricevono rendite simili. Va difesa dai continui tentativi di indebolirla. Anzi, in prospettiva andrebbe rafforzata a scapito del secondo pilastro, che promuove speculazioni finanziarie e immobiliari.
Da ultimo, merita di essere ricordato il dettato costituzionale: “Le rendite devono coprire adeguatamente il fabbisogno vitale” e “vanno adattate almeno all’evoluzione dei prezzi”. Con l’aumento della povertà fra la popolazione anziana, come rivelano le statistiche, siamo sicuri che la Costituzione sia rispettata?
Questo articolo è uscito sull’ultimo numero del Quaderno del Forum alternativo