“Marco se n’è andato e non ritorna più”, canta Laura Pausini nel suo brano forse più celebre, “La solitudine”; quella, ora lo sappiamo, che ha segnato anche Marco Chiesa, in interminabili ore passate in treno e fuori casa, senza potersi occupare come avrebbe voluto della famiglia e dei suoi cari. Ma il nostro Marco, ritorna, certo che ritorna. Ce lo dichiara in un’intervista concessa a Gianni Righinetti sul
“Corriere del Ticino” di oggi, fornendo una versione del suo percorso politico di questi ultimi anni tutto trascorso sui binari e le carrozze ferroviarie ad attraversar la Svizzera in lungo e il largo, dedito all’”ascolto della gente” per ricompattare il partito che l’aveva fatto presidente nel 2020, intorno ai “veri valori” fondanti della destra nazionale quali l’immigrazione di massa, la politica dell’asilo e quella energetica”.
E indubbiamente il suo l’ha fatto, dentro un’UDC che aveva perso colpi nelle elezioni del 2019 e che con lui alla guida del partito ( diciamo, forse più da autista che da pilota) ha portato all’indubbio successo elettorale delle nazionali di un mese e mezzo fa, con tanto di rielezione personale agli Stati dopo una campagna riccamente sponsorizzata dal “padrone del vapore”, l’amico Christoph e la di lui munifica figliola.
Marco ritorna, dunque, lasciando la presidenza a fine mandato, nel marzo prossimo, e restando però senatore di rilievo ed ora che ritrova l’aria di casa nella sua Lugano, annunciandosi più o meno esplicitamente come candidabile per le elezioni comunali di aprile. Una candidatura, la sua, che sarebbe davvero il culmine per l’avanzata udicina anche in Ticino, dentro un’alleanza con la Lega che per ora regge e che dopo i successi alle cantonali e alle federali, potrebbe pure giovare enormemente al successo della destra di Piazza Riforma, a maggior ragione dopo che Chiesa, per le federali, ha stravinto a Lugano con il 45% dei voti.
Naturalmente, come già nei precedenti recenti appuntamenti elettorali, l’alleanza di destra, pur vincente e trionfante, emette anche qualche sinistro scricchiolio ( no, sinistro no, ma scricchiolio certamente) vista la caduta libera dei consensi (e delle figure di riferimento) della Lega, a tutto vantaggio degli “amici” UDC. E qui sembra che con Marco che torna a casa ci si trovi davvero al momento di svolta, perché dalle comunali, e dall’esito elettorale a Lugano, potrebbero davvero cambiare definitivamente i rapporti di forza fra i due schieramenti alleati.
Anche nell’ipotesi, già considerata, che Chiesa ottenesse i voti per la sindacatura e cedesse poi lo scranno all’uscente Foletti ( di cui è amico ed estimatore, ci mancherebbe), tutta una serie di rapporti di forza interni al Municipio potrebbero tranquillamente irradiare la loro influenza sul resto del Cantone, sia a livello di equilibri comunali che cantonali. Se poi si pensa, che non più di due settimane fa, la Lega ha pensato bene di dare in mano le sorti elettorali per la prossima campagna al proprio Consigliere di Stato con tessera Udc, due o tre domande su come andrà a finire, in via Monte Boglia dovranno probabilmente farsele.
Certo, le liste, sulla carta, per il Municipio di Lugano saranno fortissime, diciamo pure destinate a garantire seggi e dicasteri. Ma questa probabile “vittoria” potrebbe portare con sé degli straschichi ancora tutti da valutare. Mentre tutti i commenti di oggi sono volti ad immaginare le ripercussioni, a destra, del ritorno di Chiesa al centro del villaggio, le cose non paiono infatti proprio così a posto; anche chi in Municipio e in Consiglio comunale sta di fatto seduto in mezzo (Centro e PLR) dovrà pur correre ai ripari profilandosi ( e qui gli ex-pipidini paiono in vantaggio) mentre a sinistra è tutto un boccheggiare, da maschera ad ossigeno.
Insomma, gli straschichi – intesi come ripercussioni e riflessioni profonde su ruoli e posizioni di ogni schieramento – con la “discesa in campo di Chiesa” sarebbero garantiti (e magari anche utili) se, di contro, ci fosse uno schieramento politico avverso degno di tal nome. Ma a sinistra si è badato bene di annunciare subito che PS e Verdi non correranno insieme, che il PS si alleerà con PC e Pop (fra contestazioni e scontenti) mentre nessuna alleanza è immaginabile fra rossi e fucsia, con buona pace di tutti e grandi ambasce di non pochi vecchi militanti luganesi del PS.
Così, dove giochi di potere e di interesse sono più forti ( a destra) anche di fronte ad un’imminente possibile “rottura” si sta insieme, mentre là dove si potrebbe approfittare (politicamente) della situazione unendosi, si continua nel gioco dei distinguo e delle incompatibilità (almeno apparenti) con il risultato che la mancata ricandidatura della municipale uscente Zanini-Barzaghi (cui è stata negata da parte del partito la deroga per un’ulteriore legislatura) rischia fortemente di aprire la strada ad un più che possibile successo di Amalia Mirante, certamente molto più appetibile come Municipale anche per l’elettorato di centro-destra.
Ecco che così il “ritorno a casa” di Marco Chiesa tocca da vicino anche le sorti della rappresentanza di sinistra nell’esecutivo luganese, mai in pericolo come in questo caso e forse mai come in questo caso, posta nella necessità di una profonda ed attenta revisione. Perché forse il principale problema per la maggior città del Cantone, non sarà quello di chi, fra Chiesa e Foletti, diventerà il sindaco per il prossimo quadriennio, o se un possibile sorpasso dell’Udc sulla Lega anche a Lugano cambierà radicalmente il volto politico e le scelte strategiche della città. Il problema potrebbe essere quello che la sinistra, costretta dagli elettori con un’ennesima sconfitta alle urne ad “andare all’opposizione”, non saprebbe come farla, né con chi elaborarla quale nuova strategia politica fatta di mobilitazione e di ascolto delle necessità di quelle classi disagiate che si è sempre detto di voler difendere, stando seduti in Municipio. Un bel problema.