Produzione locale, prezzi internazionali
È la “nostra” energia elettrica. Perché dovremo pagarla di più? Intervista a Bruno Storni, esperto di energia e deputato PS al Consiglio Nazionale
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È la “nostra” energia elettrica. Perché dovremo pagarla di più? Intervista a Bruno Storni, esperto di energia e deputato PS al Consiglio Nazionale
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Bruno Storni, ieri è intervenuto pubblicamente per denunciare quello che secondo lei è un aumento ingiustificato delle tariffe per il 2023 della Società Elettrica Sopracenerina (SES). Tuttavia oggi assistiamo al rincaro generalizzato dell’energia in tutta Europa. Perché considera strano che anche in Ticino il prezzo dell’energia aumenti?
È strano perché si riferisce in gran parte al consumo di energia idroelettrica ticinese, la cosiddetta “TIacqua”. Ma l’idroelettrico ticinese costa come prima, come cinque anni fa, come dieci anni fa, poiché gli impianti sono quelli di 50, 60 anni fa e i costi per la produzione non sono cambiati di molto. La stessa cosa penso valga anche per l’AIL (Aziende Industriali di Lugano), perché anche l’AIL ha aumentato notevolmente le tariffe.
TIacqua doveva essere un prodotto locale, quindi in quantità sufficiente per coloro che lo compravano. E quindi è strano che sia aumentato di 4 centesimi al chilowattora. Bisogna dire inoltre che la SES è anche riuscita aumentare la tassa per l’utilizzo della rete, che adesso è più di 10 centesimi al kWh. Secondo me è un altro schiaffo ai consumatori, perché sappiamo che la SES fa utili, e l’utile lo fa soprattutto sull’utilizzo della rete.
È questo che trovo scorretto in un cantone dove l’idroelettrico in fondo è un po l’oro blu, cioè una delle risorse naturali che sfruttiamo molto bene da oltre 50 anni. Siamo al punto di dover pagare l’energia elettrica molto di più di certe città d’Oltralpe che in questo momento non hanno neanche dovuto aumentare i prezzi, che erano già inferiori ai nostri. Perché tutto il loro fabbisogno lo producono loro. Tutto Il consumo di Zurigo è prodotto dagli impianti che la città di Zurigo ha anche in Ticino.
Va inoltre sottolineato che la SES è di proprietà pubblica, non è più un’azienda privata.
E questo è grave. Dopo l’acquisto da parte del cantone (nel 2014) il 70% del capitale azionario appartiene a 37 comuni, la metà di questo è in mano a cinque o sei grossi comuni come Locarno, Muralto, Minusio, Losone, Biasca e Gambarogno, che fanno il bello e il brutto tempo. E nonostante sia un’azienda pubblica i costi del consiglio d’amministrazione sono rimasti quelli dei tempi di Alpiq, quando nel consiglio d’amministrazione prima il presidente era Filippo Lombardi, ed è poi diventato Giovanni Leonardi. A quel tempo questi dati erano pubblici perché la SES era quotata in borsa: i compensi per i membri del Consiglio di amministrazione ammontavano a circa 400.000 franchi all’anno.
Poi anche la direzione costava l’ira di Dio. Il direttore costava quasi mezzo milione, fra fisso e bonus. E così è rimasto fino all’anno scorso, quando hanno sostituito Lotti, che è andato in pensione e hanno nominato un nuovo direttore, che adesso effettivamente costa meno.
Ma c’è di più. È stato deciso di pagare il 3,5% del capitale che i Comuni hanno investito, cioè il capitale azionario, in dividendi. E due anni fa è stato versato un dividendo straordinario di un milione. Da quanto mi risulta la ragione è che la città di Locarno aveva difficoltà finanziarie per via del Covid. Ma anche i consumatori avevano le loro belle difficoltà, e quindi sarebbe stato meglio abbassare le tariffe. Invece hanno proposto di distribuire un dividendo supplementare di un milione. L’anno scorso hanno fatto il bis. Di nuovo un milione in più, giustificandolo con il fatto che nel 2021 avevano venduto più energia elettrica, quindi avevano fatto più benefici, perché era stato un anno più freddo e la gente aveva riscaldato di più. Ma invece avrebbero dovuto abbassare le tariffe perché in fondo è stata usata più energia elettrica per riscaldare le abitazioni. Invece hanno fatto di nuovo un regalino ai comuni, usando soldi dei consumatori come se fossero imposte comunali indirette.
Ci sono molti altri aspetti discutibili, ma un altro importante è questo: la SES paga anche imposte sui redditi aziendali, perché fa benefici. Ma è assurdo. L’azienda acqua potabile di cui sono responsabile da venti anni a Gordola deve unicamente coprire i costi. Gli incassi vanno a coprire i costi, non si parla di utili, al massimo si fa una riserva.
E cosa si dovrebbe invece fare ai vari livelli, dai Comuni in su?
I Comuni dovrebbero finalmente dire “Basta, l’energia elettrica è un bene di prima necessità, Non incassiamo più tasse comunali sui consumi di elettricità”. Questo sarebbe un primo passo, e lo possiamo fare perché è in mano nostra.
Il resto va risolto più in alto. È molto difficile intervenire perché ormai il mercato adesso è semi-liberalizzato. Alcune aziende hanno lavorato bene e non hanno dovuto aumentare le tariffe perché hanno predisposto un approvvigionamento a prezzi normali, ma altri hanno giocato al piccolo Monopoli dell’energia e adesso non riescono più a garantire tariffe decenti. Teoricamente si dovrebbe chiudere con la semi-liberalizzazione, ma conoscendo il sistema politico e le maggioranze svizzere sarà molto difficile. Tra l’altro è ancora in ballo la legge sull’approvvigionamento elettrico sicuro e rinnovabile, che da un anno è sul tavolo del Consiglio degli Stati e che prevede miglioramenti per la produzione delle energie rinnovabili, ma che prevede però anche la liberalizzazione totale, un impegno che abbiamo con l’Unione europea per poter partecipare al mercato elettrico europeo. Ciò significa che anche il singolo potrà comprare energia dal fornitore che preferisce, ad esempio non obbligatoriamente dalla SES, ma magari all’azienda del Canton Zurigo, che potrebbe venderla a prezzi inferiori.
La cosa più importante da fare è promuovere finalmente il rinnovabile svizzero. E qui, purtroppo di nuovo, le aziende elettriche che – ricordo – appartengono ai Comuni sono le prime a frenare il fotovoltaico, perché pagano tariffe di immissione in rete insufficienti, e quindi chi investe in un impianto non ha la garanzia di averne un ritorno economico. Ne vengono fatti molti adesso, perché qualche privato a titolo anche ideale si fa il suo impiantino sul tetto. In parte fa autoconsumo, e il resto lo mette in rete. Ma la parte che immette nella rete economicamente non rende. Le aziende elettriche speculano anche su questo: non la pagano sufficientemente, ma poi quando la rivendono lo fanno a prezzo pieno. Ci sono aziende in Svizzera che pagano correttamente il fotovoltaico. Le aziende elettriche di proprietà dei comuni in questo momento sono il più grande freno al rinnovabile.
L’anno scorso come VESE (l’Associazione dei produttori indipendenti di energia) abbiamo preparato una mozione tipo che è stata presentata in molti comuni del Ticino, per chiedere al proprio al municipio di intervenire presso l’azienda nella quale partecipa per far sì che il fotovoltaico sia pagato adeguatamente. Staremo a vedere cosa faranno.
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