Protagonista discreto della cultura italiana del dopoguerra
Un ritratto ed un ricordo di Ernesto Ferrero, scrittore ed intellettuale scomparso ieri a Torino
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Un ritratto ed un ricordo di Ernesto Ferrero, scrittore ed intellettuale scomparso ieri a Torino
• – Paolo Di Stefano
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• – Silvano Toppi
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• – Mario Conforti
Nel documento del ministero dell’Intelligence israeliano svelato dalla rivista +972 Local Call il piano per trasferire 2,2 milioni di gazawi nel Sinai
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È giusto non dimenticare il punto di partenza della nuova tragedia israelo-palestinese; ma l’eccesso di distinguo non porta che ad altre catastrofi
• – Aldo Sofia
La guerra non è capace di rispettare nemmeno le regole di guerra
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Come nelle peggiori previsioni gli effetti della manovra di rientro voluta dal “decreto Morisoli” stanno colpendo le classi medio-basse
• – Francesco Bonsaver
Il governo di Bratislava ha deciso per lo stop all’invio di armi – Per il leader Fico, sul campo l’Ucraina non può vincere e l’UE “dovrebbe trasformarsi da fornitore di armi in un pacificatore"
• – Redazione
Un ritratto ed un ricordo di Ernesto Ferrero, scrittore ed intellettuale scomparso ieri a Torino
Ci mancherà per tanti motivi, Ernesto Ferrero. Come amico, presenza critica rigorosa, conversatore piacevole (magari con la moglie Carla, nella «sua» Teglio, in Valtellina, davanti a un piatto di pizzoccheri), grande ritrattista, che dal dettaglio di un viso o di un gesto riusciva a ricavare un carattere, una psicologia, un pensiero complesso. I ritratti dei suoi maestri e dei suoi compagni di strada sono improntati all’ammirazione e alla riconoscenza. Come se la felicità che aveva vissuto nel lavoro editoriale fosse dovuta più agli altri che alla sua stessa umanità e cultura.
Rhêmes o della felicità è il titolo di un librino uscito nel 2008 presso Liaison di Courmayeur: Rhêmes-Notre-Dame, un paese in fondo alla valle che sale verso il Gran Paradiso, era la meta dei «ritiri spirituali» einaudiani, dove all’inizio di luglio si incontravano per qualche giorno l’editore, i dirigenti, i redattori, i consulenti più illustri (Vittorini, Calvino, Bobbio, Venturi, Cases, Contini, Segre, Natalia Ginzburg, l’unica donna…) per fare autocoscienza sul lavoro compiuto e disegnare i programmi futuri.
Dall’alto del nostro utilitarismo, quel rituale elitario e quella antieconomica abitudine al confronto oggi possono far sorridere. Ma era il segno di un’altra civiltà e di un’ambizione culturale tramontata: pensare in grande (e insieme) a un progetto ideale (il mercato semmai veniva dopo). Lì era la pienezza, secondo il motto di Stendhal caro a Roberto Cerati (il direttore commerciale storico dell’Einaudi): «La felicità è fare della passione il proprio mestiere». Quella felicità vissuta Ferrero si era proposto di comunicarla in un racconto cordiale ed esatto, grato e privo di retorica, come per indicare anche ai giovani un modo di immaginare il mondo e sé stessi nel mondo.
Dell’ammirazione, Ferrero aveva fatto un’arte narrativa. Suo era il tratto elegante, una gentilezza non ostentata in un connubio speciale di ironia e austerità (probabilmente appreso dagli amati Levi e Calvino), con punte di insofferenza per come va il mondo (anche letterario), tra sciatteria e narcisismo. Ogni tanto mandava agli amici un suo libretto «clandestino», stampato presso un micro-editore (Henry Beyle era tra i suoi preferiti). L’ultimo, pubblicato da Il Formichiere, è arrivato da Perugia pochi giorni fa: è un discorso sulla traduzione illustrato dall’amico Lino Di Lallo. Si conclude con un elogio in versi di Borges alla lingua tedesca. Questo il congedo che piaceva a Ernesto: «ti intravedo / lontana come l’algebra e la luna».
Articolo scritto per il “Corriere della sera”
Nell’immagine: Ernesto Ferrero
“Ho una bisnonna di Mendrisio”, diceva compiaciuto, simpaticamente, a chi, come il sottoscritto, lo intervistava per la TV svizzera: Ernesto Ferrero, per 18 anni direttore e anima del Salone del Libro di Torino, maestro di accoglienza elegante e misurata ironia, si concedeva volentieri, a fine edizione, anche alle telecamere della RSI, che peraltro aveva fatto in modo, con grande generosità, che trovassero una sede fissa dentro uno splendido e strategico “studio”, al Lingotto di Torino. Ad un anno da quello che sarebbe stato il suo congedo dal Salone, nel maggio 2015, Ernesto Ferrero si era ancora amabilmente concesso ad una conversazione in cui parlava del senso della lettura, di mercato editoriale e anche del Ticino e della Svizzera. È visibile nel sito RSI. [e.l.]
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