Dalla vacca di Bazoum al Patto finanziario
Interrogativi intorno alla scala delle priorità con cui le grandi organizzazioni mondiali distribuiscono decine di miliardi
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Interrogativi intorno alla scala delle priorità con cui le grandi organizzazioni mondiali distribuiscono decine di miliardi
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Interrogativi intorno alla scala delle priorità con cui le grandi organizzazioni mondiali distribuiscono decine di miliardi
“La siccità ha generato la violenza come una conseguenza naturale. Sono in massima parte gli effetti a catena del cambiamento climatico, osservabile da ognuno di noi. La crisi migratoria e la crisi per la sicurezza, alimentate dalle crisi climatica ed economica, sono la nostra realtà quotidiana, di cui la comunità internazionale dovrebbe preoccuparsi con discernimento e responsabilità”.
“Nel mio paese la demografia non regolata è il fattore preponderante che alimenta la povertà, sul quale si innestano le altre crisi, migratorie, della sicurezza, ambientali. Accedendo all’indipendenza nel 1960 il Niger contava 3 milioni di abitanti. Oggi ne conta 26. Con il tasso attuale di crescita saremo 70 milioni verso il 2050. Il 77 per cento delle figlie si sposano prima dei 18 anni, il 28 per cento prima del compimento del quindicesimo anno di età. L’unica leva che possiamo azionare per far fronte a questa situazione è l’educazione e la formazione dei giovani, che permetterebbe di controllare anche la demografia e poi di creare dei posti di lavoro. Ma l’educazione costa molto caro.”
“Il Sahel è una delle zone del pianeta più perturbate dagli effetti del cambiamento climatico. Rischia però di essere vittima dei programmi previsti nell’ambito della transizione climatica. È da questo punto di vista che, come tutti i paesi poveri, noi ci opponiamo a ogni politica che vuole privarci del ricorso alle energie fossili contenute nel nostro sottosuolo”.
“I nostri bisogni fondamentali devono essere soddisfatti prima di ogni decrescita, poiché, come si dice da noi, una vacca che ha bevuto e una vacca assetata non cammineranno mai assieme. C’è quindi per noi un’urgenza a breve termine nell’urgenza globale: quella, cioè, di mobilitare dei fondi per rispondere al nostro imperativo di sviluppo”.
Sono estratti del discorso che ha tenuto, al Vertice di Parigi per un nuovo Patto finanziario mondiale, Mohamed Bazoum, presidente del Niger, Stato dell’Africa occidentale senza sbocco sul mare che deve il suo nome al fiume che l’attraversa (il cui Delta, che si trova però in Nigeria, è ricco di petrolio) e che fa parte della cosiddetta fascia subsahariana del Sahel” (in arabo: bordo del deserto). Per quanto riguarda gli scambi con l’estero, circa la metà del valore delle sue esportazioni è dovuta all’uranio e per il rimanente al bestiame (carne, cuoio e pelli).
Quegli estratti sono di per sé eloquenti e stanno a dimostrare la concatenazione, l’intreccio, esistenti e inscindibili tra un paese africano, povero, e ogni paese europeo, più o meno ricco. Basta indicare tre temi, l’uno all’altro concausa e conseguenza nello stesso tempo: demografia (povertà) -emigrazione (con tutti i drammi quotidiani conosciuti) – conseguenze climatiche (siccità, fuga verso l’Europa).
C’è una prima osservazione, fatta brutalmente dallo stesso segretario generale dell’ONU. Nel 2021-2022 il Fondo Monetario Internazionale (di cui è membro anche la Svizzera) ha aiutato i paesi europei nella misura di 160 miliardi di dollari; tutta l’Africa, invece, nella misura di 34 miliardi. “È profondamente immorale”, ha tuonato Guterres. Forse è più assurdo e stupido, che immorale. Se l’emigrazione è una tragedia continua; se si lascia il proprio paese, in certe condizioni e con rischi e incertezze enormi, solo perché si credere di riuscire a sopravvivere; se l’immigrazione diventa un innegabile grosso problema politico e causa di tensioni sociali per l’Europa, sempre più difficile da amministrare, non sarebbe il caso di impegnarsi maggiormente sull’origine di tutto e su quanto può essere umanamente raddrizzato?
C’è un’altra osservazione che non si può evitare, anche scontando le critiche che arriveranno immancabilmente da una certa parte. La scorsa settimana, in poche ore, a Londra, si sono trovati 60 miliardi di euro di “nuovi” sostegni finanziari all’Ucraina per la sua ricostruzione (50 dall’Unione europea; generosa anche la Svizzera con quasi due miliardi). Se si pensa a ciò che ha rilevato Guterres (o anche che il pacchetto di 100 miliardi di dollari all’anno promessi nel 2009 dai paesi ricchi ai paesi poveri è completamente esaurito) oppure che a Parigi si son trovati a malapena 2.5 miliardi per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili di alcuni paesi africani, qualche interrogativo rimane lecito. Forse non tanto chiedendosi da che parte sta il torto o il maggior pericolo (per l’Ucraina, dopo la distruzione quasi a tappeto, è comunque la ricostruzione), ma chiedendosi se la Politica (con la P maiuscola) sappia ancora darsi una gerarchia di valori, abbia ancora una sua visione minimamente logica o umanamente salvifica del mondo in cui viviamo.
Nell’immagine: un allevatore del Sahel (fotografia di Vincent Tremeau per la Banca Mondiale)
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