Dal nostro corrispondente da Mosca
In Europa gli incontri con i giornalisti di fine anno di presidenti e premier hanno un qualcosa di austero, ma anche di familiare e natalizio. Quella inventata da Putin anni fa, e che solo straordinariamente non si è tenuta lo scorso dicembre, nell’anno dell’attacco all’Ucraina, ha invece le sembianze della festa paesana.
Giornalisti provenienti dalle più lontane regioni del Paese indossano cappelli folkloristici, altri alzano cartelli con le domande più strambe, per attirare l’attenzione dei moderatori. Naturalmente tutti sanno che le domande e le risposte e i giornalisti a cui verrà concesso di prendere la parola sono tutte già definite in altra sede. Nell’universo putiniano c’è poco spazio per l’improvvisazione, ma funziona come parte dell’intrattenimento televisivo: la kermesse dura per quasi quattro ore e la noia può prendere il sopravvento per chi la guarda in TV da casa.
Sì, perché la Conferenza Stampa di fine anno di Putin è rivolta in primo luogo all’interno, al suo popolo. Che deve essere rassicurato, blandito, incoraggiato e il Presidente sa quali sono i tasti da pigiare.
Prima di tutto quello della “guerra giusta”. Anche giovedì Putin ha ripetuto che “la pace ci sarà quando raggiungeremo i nostri obbiettivi, che restano immutati”. Oltre alle annessioni già realizzate ha fatto baluginare apertamente l’idea, per la prima volta, della conquista di Odessa: “L’intero sud-est dell’Ucraina – ha detto il presidente russo – è sempre stato filo-russo, perché è storicamente territorio russo… Odessa è una città russa! Lo sappiamo! Tutti lo sanno molto bene”. Quanto ci sia di realistico in questo obbiettivo lo dirà il futuro, ma la rivendicazione anche qui aveva più una funzione interna che esterna: si tratta di dare un contentino agli ultra-sciovinisti, a quelli che dal 2014 chiedono di “arrivare fino a Kiev”. Ma non c’è stato modo di replicare a tali pretese imperiali: erano presenti alcuni giornalisti occidentali (BBC, New York Times, The Guardian) ma non hanno avuto la possibilità di fare domande, come invece succedeva prima del 2022.
Se neutralità ucraina, rovesciamento del suo governo (la mitica “denazificazione”) e conquiste territoriali restano nell’agenda almeno di medio termine del Cremlino, allora la militarizzazione della società russa diventa un orizzonte prioritario. Citando Bismark Putin ha voluto sottolineare che le guerre non vengono vinte dai generali, ma dagli insegnanti di scuola e dai sacerdoti: “L’educazione dei giovani allo spirito patriottico – ha affermato Putin – è estremamente importante e stiamo già iniziando a farlo. Più di mille persone che hanno prestato servizio al fronte sono già tornati alla vita civile, più di mille lavorano nelle scuole e con gruppi di bambini e adolescenti. E sicuramente lo faremo ancora, amplieremo questo lavoro. Perché una cosa è leggere un libro o anche guardare un film di natura patriottica, e un’altra cosa è trasmettere qualcosa con l’esempio personale. La migliore educazione è l’esempio personale”. Nulla di nuovo per chi conosce la storia del XX secolo: il motto di un leader italiano non era forse “libro e moschetto, balilla perfetto”? E forse non erano i prelati a benedire un tempo chi partiva per la guerra?
Putin si è mostrato complessivamente abbastanza tranquillo, e ha certo qualche motivo di soddisfazione per come le cose si sono messe, almeno negli ultimi mesi. Il suo esercito è passato indenne dalla controffensiva ucraina, ha messo fuorigioco Prigozhin, e l’economia è in netta ripresa. L’inflazione resta alta (8%) e il rublo debole malgrado gli alti tassi d’interesse, tuttavia il PIl quest’anno crescerà del 3%.
Si tratta di un fenomeno non inedito nella storia russa e rappresenta l’altro lato della medaglia delle sanzioni. Da una parte le restrizioni rendono faticoso il commercio internazionale, ma dall’altra attivano le forze economiche e il mercato interno. Comunque, laddove la componentistica occidentale è indispensabile son dolori e Putin ha dovuto riconoscere che i modelli di automobile “Lada” costano il 40% di più che all’inizio del conflitto con l’Ucraina.
Alla fine, la “grande” conferenza stampa, ha fatto appello a uno dei principali pregi del carattere dei russi: la pazienza. Del resto, se qualcuno non l’avesse ancora compreso, quella iniziata il 24 febbraio 2022 è una maratona, non una gara di velocità.
Nell’immagine: 1400 giornalisti alla conferenza stampa di Putin