Sgomberare il passato al passo del gambero
La politica luganese, anche attraverso il suo quotidiano di riferimento, non sa proprio cosa opporre alle azioni dell’autogestione se non pretesti sempre più goffi per invocare l’”ordine pubblico”
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La politica luganese, anche attraverso il suo quotidiano di riferimento, non sa proprio cosa opporre alle azioni dell’autogestione se non pretesti sempre più goffi per invocare l’”ordine pubblico”
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La politica luganese, anche attraverso il suo quotidiano di riferimento, non sa proprio cosa opporre alle azioni dell’autogestione se non pretesti sempre più goffi per invocare l’”ordine pubblico”
Per la cronaca, si tratta del settimo episodio di “occupazione” di un edificio dismesso, e se ci si volesse ragionare sopra un attimo, varrebbe pure la pena di riflettere sul fatto che le “azioni” dell’autogestione mettono in evidenza (fra le altre cose) quanto e come gli spazi urbani luganesi siano costellati da edifici abbandonati, inabitati da anni; insomma, qualcosa che varrebbe la pena di considerare problematico.
Del più recente episodio di Capo San Martino si è già dato conto in questa sede con un intervento di Bruno Brughera; è un episodio, in verità, che continua a suscitare reazioni alquanto inquietanti. Si è detto qui, con Danilo Baratti, delle smodate e goffe esternazioni pseudostoriche dei due vicepresidenti luganesi del PLR.
Ieri ci è tornato sopra anche Paride Pelli, direttore del Corriere del Ticino, con un editoriale che pare scritto (non senza un certo eccesso di zelo) come fosse un comunicato stampa di Municipio e Polizia di Lugano, tanto è allineato a quella che pare la rinnovata e ferma chiusura nei confronti di qualsiasi forma di visione alternativa (eh, sì, magari anche antagonista) della realtà sociale e culturale non solo cittadina, liquidata con il motto “gli autogestiti non sono un problema politico ma di ordine pubblico”.
Appare piuttosto discutibile ed anche inquietante prendere atto che una questione che riguarda anzitutto la socialità, i margini di convivenza e di confronto che dovrebbero essere garantiti democraticamente dal potere politico a forme di organizzazione che ad esso non si conformano, si trasformi immediatamente in una semplice questione di polizia, che rimetta al più presto tutto in ordine e rimetta “quei quattro esaltati” al loro posto (che quale sia, non si sa).
Così facendo, con tanto di benedizione in prima pagina, dopo qualche passo “distensivo”, che aveva portato anche la municipale Valenzano Rossi ad incontrare gli autogestiti, eccoci tornare indietro alle severe misure di un’autorità che non sa essere autorevole, ma solo autoritaria e punitiva. Ed ecco che l’abbattimento di parte dell’ex-macello del maggio 2021, nonostante l’iter giudiziario ancora in corso, dopo la riapertura delle indagini su quell’episodio di “comunicazione claudicante”, torna ad essere, per la penna di Pelli, uno “sgombero causa edificio pericolante”. Incredibile!
A scanso di equivoci, va chiarito che contestando le affermazioni del “Corriere” non si vuole e non si deve automaticamente accettare in toto la logica e le azioni degli autogestiti; non si vuole e non si deve per forza approvare acriticamente il fatto che le diverse forme di occupazione coincidano con atti di vandalismo (?) ed imbrattamenti di muri, mobili e finestre, che gli attivisti ritengono, discutibilmente, espressioni insite nella lotta.
Di queste forme di “protesta” si può certamente dibattere, richiamarsi alla legge fin che si vuole, con pieno diritto. Ma se così si vuole e dev’essere, bisogna ricordare anche che fra il 29 ed il 30 maggio 2021 da parte dell’autorità è stato compiuto un reato (per volontà precisa o per errore o per altro ancora, chissà se lo sapremo mai) tuttora impunito; ed allora questo continuo richiamarsi alla legge con il fiato alle trombe di un po’ tutti gli smemorati del circondario suona incoerente ed inaccettabile.
Così come molto discutibile risulta la posizione che nel tempo il Municipio di Lugano ha assunto verso altre forme di “cultura alternativa”, salutando con inedita enfasi l’esperienza della “Tour Vagabonde” di un anno fa, senza che poi ne sia seguito nulla, se non, da parte delle associazioni coinvolte, una recentissima “Carta della Gerra” che ripropone il tema della necessità di “spazi” per attività culturali e ricreative che nascano indipendenti, “dal basso”. Uno spazio che manca, indiscutibilmente, in una pianificazione territoriale totalmente consacrata alle esigenze dell’imprenditoria edile ed immobiliare.
Sia ben chiaro: “La Straordinaria” e l’esperienza dello scorso anno non sono la stessa cosa dell’autogestione dei molinari, per la quale c’è una valenza di chiara opposizione politico-sociale che può manifestarsi in forme di lotta assenti nella strategia “culturale” delle associazioni che hanno dato vita alla programmazione della “Tour Vagabonde”.
Ma l’una e l’altra esperienza, magari con qualche connessione ed intreccio fra loro, sono segnali forti, di intraprendenza, di voglia di autonomia, di alternativa, che in un contesto urbano come quello di Lugano la politica non può pensare di definire solo e soltanto come realtà da contenere con misure d’ordine pubblico, non può limitarsi a considerare come un un “disturbo della pubblica quiete” e poco più.
Per una semplice legge della fisica (se proprio non vogliamo ricorrere al buon senso) varrebbe la pena di ricordare che senza valvola, la pentola a pressione scoppia. E poi si rischia di doversi chinare sul altre macerie, su altre lattine, vetri di bottiglia, cocci. Amari.
Nell’immagine: alcuni dei molti edifici abbandonati e/o inutilizzabili del Luganese, tratte da un video-elenco realizzato dal movimento Ticino is Burning che vi proponiamo qui sotto
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