Di Leonardo Filippi, Left
Riprendiamo (con qualche nostro adattamento) un articolo del periodico Left che già nel 2018 segnalava origini e diffusione di quel pensiero ultraliberista che ormai si manifesta anche alle nostre latitudini in modo sempre più dichiarato, e che va ben oltre l’ormai consolidata ideologia del “meno stato” (red.)
Negli stessi anni Sessanta, alla fine dei quali lo slogan «Vietato vietare» incrociava la sua fortuna, in ambienti del tutto diversi da quelli “sessantottini”, si consolidava (negli Usa) una teoria economica tra le meno citate nel dibattito pubblico mainstream. Una dottrina che auspica l’abolizione dello Stato e manomette il concetto di “libertà” fino a farlo coincidere con l’assoluta libertà capitalistica di fare profitti.
Un’idea stravagante che possiamo registrare e poi gettare senza problemi nel dimenticatoio dei manuali? Meglio di no, visto che tale teoria irrora le arterie delle tecnologie che usiamo ogni giorno, da Facebook a Paypal, fino ai Bitcoin. Si chiama “anarco-capitalismo”, e si inserisce nel filone del “libertarianesimo”, un ventaglio di teorizzazioni per le quali l’essere umano deve essere assolutamente libero di poter disporre di sé e degli oggetti di sua proprietà, senza autorità superiori (dogmi del Capitale esclusi), in un contesto sfrenato di libero mercato.
Tra i padri dell’anarco-capitalismo figura Murray N. Rothbard: classe 1926, economista, discepolo di Ludwig von Mises, ha rielaborato le idee che costituivano la cosiddetta “scuola austriaca”, restando però fedele ad una antropologia dell’uomo inteso come homo oeconomicus e ad un feroce odio anti-socialista. Pur presenziando nella radice del termine che lo definisce, l’anarco-capitalismo ha ben poco a che fare con l’anarchia, perlomeno con quella di matrice europea, alla cui base c’è un’imprescindibile critica della proprietà e dei modi di produzione capitalistici, considerati come dispositivi di dominio sull’essere umano. Mentre per Rothbard «il capitalismo è la piena espressione dell’anarchismo e l’anarchismo è la piena espressione del capitalismo».
Un teorema feroce, che vuole gli esseri umani in costante competizione tra loro, e che permea gran parte del web e delle infrastrutture digitali del presente e del futuro. Peter Tiel, imprenditore miliardario della Silicon Valley, tra i primi finanziatori di Facebook e supporter di Donald Trump, è un pasdaran dell’anarco-capitalismo. Nel 1998 fonda Paypal, la società di pagamenti digitali più nota nel mondo. Obiettivo? Sbarazzarsi delle banche centrali, e restituire alle persone il controllo della moneta. Proposito nobile, peccato che il potere delle banche venga in realtà sostituito da quello dei privati, che solo in Italia gestiscono più di 5 milioni di conti correnti, con sede nel paradiso fiscale del Lussemburgo.
E i Bitcoin? Sono il passo successivo in questa direzione: una valuta del tutto decentralizzata, controllata da anonimi algoritmi, in cui vigono speculazioni e “legge del più forte”. Mentre la blockchain, tecnologia su cui si basano le criptovalute, a breve permetterà di stipulare smart contracts, contratti autovalidati che manderanno in soffitta notai e avvocati. Tiel, inoltre, ha per lungo tempo appoggiato (e lautamente finanziato) il progetto libertariano di fondare città-Stato in mezzo agli oceani, sottratte a burocrazia e fisco, come quella che lo Seasteading Institute intende costruire al largo della Polinesia francese. Costo: 167 milioni di dollari.
Ma Tiel ha scommesso anche sulla parabiosi e altre terapie anti età. «Sono contrario alla morte», ha dichiarato. Insomma, «Facebook è parte del gioco dell’affarista anarco-capitalista più potente del mondo. La trasparenza radicale è parte di un vasto progetto politico che comprende il controllo delle relazioni umane tramite tecnologie di sorveglianza (…), costituzione di ghetti autarchici ultratecnologici in mezzo all’oceano, ricerca dell’immortalità tecnologica», scrive il collettivo Ippolita nel brillante saggio Nell’acquario di Facebook (Ledizioni, 2012). Allarmismo apocalittico? Nel dubbio, meglio coltivare lo spirito critico.
Nell’immagine: Murray N. Rothbard e il simpatico simbolo degli anarco-capitalisti. Il serpente a sonagli dice “non calpestarmi”