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Enrico Lombardi
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• 7 Maggio 2021 – Enrico Lombardi
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Nei giorni in cui si commemora un po’ ovunque il bicentenario della nascita di Napoleone, viene spontaneo ritornare ad un’epoca, quella del Settecento illuminista, da cui il grande còrso discende, e con lui noi tutti, occidentalmente figli dei lumi nel pensare laicamente e giudicare ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, nel rivedere e orientare gran parte delle nostre convinzioni su diritti e doveri.

Grazie al milanese Cesare Beccaria ed al suo fondamentale saggio “Dei diritti e delle pene” (1764) abbiamo acquisito, per esempio, che nel meccanismo dell’”occhio per occhio, dente per dente” che sottostà alla legittimazione della pena di morte, si annida un’enorme contraddizione: per sanzionare un atto ritenuto inaccettabile (un omicidio) si commina come pena lo stesso atto (si commette, per legge, un omicidio).

Inoppugnabile, anche se le parole di Beccaria non hanno certo avuto una grande eco, per decenni e secoli, in non poca parte del globo, a cominciare dall’”illuminatissima” Francia rivoluzionaria o dalla culla della democrazia, ovvero la Federazione degli Stati Uniti d’America.

Ma tutto, si sa, va contestualizzato, collocato dentro un preciso momento storico e le sue “temperie”, compresi gli efferati delitti compiuti negli anni’70 e ’80 del secolo scorso da gruppi rivoluzionari armati italiani di cui si sta tornando a parlare in questi giorni. Insomma, tutto va analizzato con adeguati approfondimenti, indagando nelle sfumature di fatti e parole a volte anche un po’ bizantineggiando. Ma non sempre si sottilizza.

Ormai non passa giorno senza che ci si trovi confrontati con questioni di principio, diritti che la Storia ha calpestato e che oggi vanno strenuamente sostenuti con la mobilitazione, appelli, movimenti di opinione; vanno “presi di petto” senza compromessi e sottigliezze: ed è ancora dagli Stati Uniti che ci sono giunti fenomeni come “Me too” o “Black lives matter”, che certamente sollevano quintali di polvere da sotto i tappeti delle peggiori ingiustizie sociali.

Nell’ambito di temi cruciali, importantissimi, come i diritti delle donne, le parità di genere, la lotta alla discriminazione razziale, vanno salutati come manifestazioni legittime e sacrosante, da sostenere senza esitazione, tali e tanti sono, ogni giorno, nel mondo, gli esempi di sopraffazione e umiliazione inflitti in nome della pura e spesso crudele prevaricazione.

Però, poi, chissà come, chissà quando, chissà perché, le battaglie “contro”, a volte, acquisiscono proprio gli stessi meccanismi, lo stesso aspetto, delle esecrate nefandezze che si combattono. Ne sono la faccia diametralmente uguale.

È quanto sta accadendo con l’affermarsi progressivo, dentro il contesto della battaglia per l’affermazione dei diritti civili fondamentali, di una sorta di revisionismo storico, guarda un po’ ancora americano in origine, che in nome del “politicamente corretto” si sta spingendo a manifestarsi in forme perlomeno discutibili.

Si parla, ormai, di “cancel culture” per definire  una sorta di ostracismo con cui una tal persona così come un brand o un gruppo commerciale vengono messi al bando, poiché rei  di aver detto oppure fatto qualcosa di molto offensivo, altamente discutibile e per molti inammissibile.

Così, come una sorta di novella inquisizione, i fautori integerrimi di questa forma estrema di applicazione del politicamente corretto sono ormai attivi a briglia sciolta nel decretare, senza alcuna propensione alle sfumature, cosa sia buono e cosa no, chi sia da condannare inesorabilmente e per sempre, non solo fra i contemporanei, ma anche, retrospettivamente, nella Storia.

O bianco, o nero, insomma, come ad esempio alla Howard University di Washington, l’ateneo “nero” per eccellenza negli USA, dove si è deciso di chiudere il dipartimento di studi classici perché obbliga a studiare personaggi come Omero, Virgilio, Dante, che altro non sono che suprematisti bianchi. Da non credere, ma è così. E da quell’Università è uscita l’attuale élite politica ed economica di colore americana, a cominciare da Kamala Harris (che qui ci si scusa di nominare senza essere neri!).

Ma il delirio sta andando oltre: ora anche il mondo delle favole è sotto la lente dei novelli Torquemada (che alla giusta causa dei diritti fondamentali stanno facendo più danno che altro): e allora si prenda la favola per eccellenza, quella di Biancaneve, e si scopre che a Disneyland in California, suscita scalpore e polemiche un’istallazione che ripropone il bacio del principe azzurro, quello che rianima la fanciulla innamorata e fa felici pure i sette nani. Macché: non va bene, dice il sito “San Francisco Gate” (vedi “La Repubblica” del 4.5.21)

Non va bene perché il bacio è dato ad una donna non consenziente (poiché incosciente, priva di sensi) e dunque il messaggio che passa verso i bambini è “diseducativo”.

Di questo passo arriveremo presto ad una reintroduzione della pratica dei “baci tagliati” intorno a cui ruota, in maniera malinconica e commovente, il celebre film di Giuseppe Tornatore “Nuovo Cinema Paradiso”.

Ma di più: vista questa escalation, andrebbe allertata tutta la comunità cristiana del pianeta: occhio alla Bibbia, o meglio al Nuovo Testamento: in ben tre dei quattro Vangeli si racconta che Giuda baciò Gesù, certamente senza consenso.

Solo il Vangelo di Giovanni omette l’episodio. Forse ci ha visto più lungo di Marco, Matteo e Luca, che rischieranno presto sanzioni, tanto più che, come non bastasse, sono tutti “mediorientali”.

Salvate l’apostolo Giovanni, per carità.






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