Ticketatacketitack! E voilà, le previsioni si sono avverate, l’accordo (più o meno ufficiale, senz’altro palese) ha funzionato ed alla Camera alta di Berna andranno il confermato Marco Chiesa con il candidato a lui più vicino e affine come orientamento politico, ovvero Fabio Regazzi, del Centro, o meglio del “Centro-destra”.
Un ticket ampiamente sponsorizzato anche su certa stampa nostrana trova il consenso della maggioranza degli elettori che sono andati a votare (47% di partecipazione) , e conferma un trend chiarissimo, con una nostra rappresentanza federale che perde il seggio socialista di Marina Carobbio ed anche una rappresentanza femminile: fra i 10 parlamentari federali ticinesi Greta Gysin rimane l’unica donna.
Come sempre i commenti si sommeranno ai commenti, le bocce non saranno mai veramente ferme (anzi, qua e là gireranno) e le conseguenze di questa tornata elettorale post-ballottaggi potranno forse portare con sé anche qualche sorpresa. In casa liberale, anzitutto, perché è difficile pensare che resterà senza conseguenze l’aver perso nettamente la corsa contro il Centro proprio dopo un ticket fallito (quello di quattro anni fa) e ad un ticket mancato, che il Centro ha realizzato guardando ancora più a destra, con la benedizione della Lega.
In un certo senso si potrebbe persino osservare come proprio in casa liberale per prima, sia a livello federale che cantonale, la netta perdita di consensi per il successo del Centro pone non pochi interrogativi (Burkhardt ammette, Speziali boccheggia, Gianella impallidisce) e deve pure preoccupare. Del resto, i numeri, come sempre nelle elezioni sono impietosi: se al primo turno il distacco tra Regazzi e Farinelli era di 1500 voti circa, al secondo turno il distacco è aumentato di altri 900 voti circa anziché ridursi come sarebbe dovuto essere. Già, perché se Regazzi bene o male il suo potenziale lo aveva già sfruttato tutto, Farinelli avrebbe in teoria potuto contare sull’appoggio sia di quei radicali che al primo turno avevano votato Ducry e la sua Costituzione radicale, sia genericamente di quell’elettorato di centrosinistra (o da Avanti con Ticino e lavoro, perché no?) che avrebbe potuto/dovuto appoggiarlo in funzione antidestra. Così evidentemente non è stato ed è certo materia di riflessione per i vertici PLR.
Quanto poi al fronte di destra, l’esito del ballottaggio lascia non pochi interrogativi in prospettiva delle prossime comunali, se pensiamo, ad esempio, che a Lugano Marco Chiesa ha ottenuto il 45% dei consensi: se si candidasse al Municipio appare già oggi come il favorito al sindacato. Ovvio che, di riflesso, l’attore politico nascosto di questo ballottaggio, ovvero la Lega, ha tutta l’aria di doversi preparare ad una battaglia interna (e forse decisiva) con l’”alleato” udicino che certamente non sarà indolore.
Per intanto, comunque, la destra esulta e si gode la vittoria di Chiesa sull’onda di una campagna incentrata sul detto e stradetto di sicuro impatto, quei tre o quattro slogan (neutralità, immigrazione, valori svizzeri sicuri) che già avevano fatto presa in recenti turni elettorali. Il Centro viene premiato, verrebbe da dire, nella sua natura più “oregiatta”, con il successo doppio del candidato imprenditore, presidente dell’USAM (e membro di 28 fra comitati e Consigli d’amministrazione di società, in parte anche sue) e di quello di matrice sindacale, Giorgio Fonio, che subentrerà a Regazzi in Consiglio nazionale. Cosa si può volere di più dalla vita (politica) che poter dire che accontenti tutti, mandando a Berna un rappresentante del padronato ed uno dei lavoratori? Semmai il problema di sintonia sarà fra i i due, ma ci penserà Fiorenzo Dadò.
A sinistra si tirano le somme di quanto è cominciato circa un anno fa, giorno più giorno meno, in un Congresso PS da psicodramma, che ha prodotto le conseguenze già allora paventate. Si possono fare (e si devono fare, certo) tutti i distinguo del caso, ma resta il fatto che il seggio agli Stati di Marina Carobbio è stato perso (e consegnato gentilmente a destra), che Carobbio, è vero, ha vinto alle Cantonali, ma con uno strascico (color fucsia) che ancora andrà valutato nella sua incidenza e che comunque anche in questo ballottaggio potrebbe aver influito, con la candidatura indipendente (e in aperta polemica) di Amalia Mirante con un suo nuovo notevole risultato di voti.
Certamente la rappresentante unica del fronte rossoverde, Greta Gysin, è apparsa, una volta di più, autorevole e preparata (ottenendo 5000 voti in più al secondo turno) e ha dato per l’occasione credibilità ad un’intesa che, indipendentemente da lei, non risulta poi sempre così salda fra PS e Verdi e che si profila già traballante o discutibile in prospettiva, se si pensa che per le comunali, a Lugano, non vi sarà alleanza elettorale fra i due partiti e se si aggiunge che, sempre in previsione delle comunali a Lugano, il PS ha già stabilito un accordo con il PC, che (vale la pena di annotarlo) per il ballottaggio di oggi, con argomentazioni da tichitaca, suggeriva ad amici e simpatizzanti di votare… il ticket di quelli che hanno fatto le scarpe al fronte rossoverde.
Se si considera poi che in casa PS ci si dovrà al più presto misurare con la successione di Fabrizio Sirica (ancora non si sa se Laura Riget manterrà il ruolo di co-presidente) proprio mentre il dibattito sarà infiammato dalle imminenti comunali, beh, ecco c’è pure da immaginare che ancora una volta, a Lugano, l’effetto Mirante potrebbe portare con sé qualche pesante conseguenza, costringendo magari il partito, dopo decenni, ad uscire dal Municipio e ad andare “all’opposizione”.
Forse solo allora, per forza, avverrà al suo interno un vero cambiamento di prospettiva e di progetto politico, difficile e doloroso, certo, ma probabilmente necessario e non più rinviabile, anche dopo l’esito elettorale di oggi.