Zuzanna Ginczanka – La poesia spezzata
Parole, suoni, immagini da una terra tormentata
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Parole, suoni, immagini da una terra tormentata
Zuzanna Ginczanka, nata a Kiev il 22 marzo 1917, è stata protagonista dei circoli letterari della Varsavia degli Anni ’30, fucilata dai nazisti pochi giorni prima della liberazione della Polonia, a soli 27 anni. Una vita spezzata, come lo fu la sua splendida ars poetica, apprezzata, seppur non completamente, troppo tardi, lei non più in vita. Cresce a Rivne, la cittadina allora sovietica e oggi ucraina dove abitavano i nonni materni e dove, tra l’altro, era nato l’israeliano Amoz Oz. È un piccolo centro, una zona tranquilla: la famiglia lo ha scelto per allontanarsi dalla rivoluzione sovietica, ci sono scuole polacche, russe, ebraiche e ucraine. La futura poetessa sceglie il polacco, già forse come segno di adesione alla letteratura di quel Paese.
Nel ‘35 si trasferisce a Varsavia, mentre i genitori si separano e spariscono letteralmente. Del padre si dice, ma senza prove certe, che sia finito a fare l’attore a Hollywood. La madre si risposa e si trasferisce a Pamplona. Ma Zuzanna non si perde d’animo, sviluppando una cultura, un intellettualismo, un senso della satira e dell’autoironia, rari, soprattutto allora e soprattutto per una donna.
Comincia a scrivere per i giornali, in cui esprime tutta la propria vitale esigenza di emancipazione femminile e diventa ben presto bersaglio di pubblicazioni antisemite, che non nasconde nelle sue poesie. Lo scoppio della guerra la sorprende a Rivne, in vacanza. Non potendo tornare a Varsavia, come tanti altri intellettuali si rifugia a Leopoli, dove collaborerà con riviste di osservanza sovietica, aderendo all’Unione Scrittori: risultato, dopo l’89, in certi ambiti culturali e politici, la sua eredità verrà guardata con diffidenza, se non addirittura con ostilità.
Quando, nel ’41, i nazisti arrivano anche a Leopoli, comincia una lunga clandestinità. Viene però denunciata dalla padrona di casa, e deve fuggire. L’ultima tappa è Cracovia, dove è in contatto con la Resistenza. Qui, nell’inverno del ’44, è arrestata insieme ad un’amica, torturata e fucilata (a 27 anni), pochi mesi prima della fine della guerra. Alla guerra ed alla Shoah sono sopravvissuti circa centosettanta componimenti della Ginczanka: si tratta di poesie manoscritte contenute in due quaderni risalenti agli anni 1932-1934, che attualmente sono conservati presso il Museo della Letteratura di Varsavia.
(Da Zuzanna Ginczanka (1917-1944) – La poesia spezzata di M.C. Nascosi Sandri, in altritaliani.net)
Qui una delle sue più amate poesie, che ci dice ancora oggi, e forse oggi a maggior ragione, dello straordinario patrimonio di vite, sofferenze e culture nate in quella terra lacerata e contesa.
NOTA A MARGINE – 1936
Polvere non sono
e polvere non tornerò.
Non sono scesa dal cielo
e in cielo non salirò.
Sono io stessa il cielo
come volta di vetro.
Sono io stessa la terra
come fertile suolo.
Non sono fuggita
da nessuna parte
e non ci tornerò.
Oltre a me stessa non conosco altra distanza.
Nel gonfio polmone del vento
e nella calcificazione delle rocce
devo me stessa
qui dispersa
ritrovare.
(trad. Paolo Statuti)
Consigli di lettura
Un diario della rivoluzione europeista, una passeggiata solitaria a Chornobyl’ (la variante ucraina di Chernobyl) e un racconto-viaggio oltre la linea del fronte nella città...