In ricordo di Enzo Jannacci a 10 anni dalla scomparsa – Un racconto (1)

In ricordo di Enzo Jannacci a 10 anni dalla scomparsa – Un racconto (1)

Giuseppe Panebarco accusa polmonite


Redazione
Redazione
In ricordo di Enzo Jannacci a 10 anni dalla...

Di Enzo Jannacci, La Regione, 6.9.2008 – ripubblicato il 3.4.2013

Giuseppe Panebarco, tutto sommato, disteso a letto, quella mattina di domenica stava bene. Al caldo. Certo stava meglio della notte prima con tutti quei brividi che gli salivano su per la schiena. Caldo, aveva caldo, anche fin troppo per cui si scopriva e si copriva come aveva visto fare a Luigi l’Africano (per via che era stato prigioniero in Libia) quando gli venivano gli attacchi di malaria. 

Giuseppe Panebarco si era preso, anche su consiglio del farmacista, le sue brave due pillole di chinino e si era detto: così domani sto bene. Infatti stava meglio della sera precedente, se non fosse stato per il caldo, per quel continuo sudare e per il fatto che lui, Giuseppe Panebarco, professione muratore, uomo di novanta chili, vedere girare tutta la stanza come nel calcinculo gli era venuto anche da ridere del fatto che tutto il mondo girasse intorno a lui, proprio come nel calcinculo, che avevano fatto un gran rìdere quella volta con Luigi l’Africano e Carletto Nembrini ch’era proprio una macchietta, tanto che lui poi aveva dovuto vomitare, però capita. Non te la prendere.

Solo che adesso i fatti erano due. Ridere gli veniva sempre da ridere, ma era da solo anche se sentiva fuori suonare le campane che finché è una questione di dieci minuti fa anche piacere, fa sentire odore di paese. Dopo diventa rompimento di coglioni, specialmente con quel gran caldo, perché lui adesso aveva più caldo di prima e non aveva più voglia dì rìdere così da solo. 

Fuori in paese, invece, era festa, e i giorni di festa nei paesi sono tutti eguali specialmente quando si è soli, che devi rendere conto in paese delle scarpe nuove, che non hai delle bottiglie, che ti dispiace perdere alle carte o alle bocce, delle ragazze che non ti vogliono perché vogliono uno con la moto giapponese, non con la Guzzi dell’82. Che tu sia muratore o no fa lo stesso, il fatto è della moto giapponese che non puoi mica andare a rubarla.

Così è meglio andare a lavorare anche il giorno di festa, solo che il Padreterno ha detto di no di modo che uno di novanta chili con quei problemi lì che avrebbe potuto lavorare sette giorni alla settimana e invece non poteva. Gliel’aveva detto anche al sindacalista che era venuto: e giù tutti a ridere come avesse detto chissà che scemata. 

Ma lui, Panebarco Giuseppe di novanta chili, gli piaceva lavorare e la cosa non gli era andata giù, considerati poi gli altri problemi, di non inferiore importanza.

E adesso era lì con quel caldo e non era neanche estate e Giuseppe Panebarco capì di essere solo con le campane che andavano avanti in un bel giorno di festa che erano tutti a casa e così non seppero che il muratore viveva solo di un bicchiere di acqua e vino, praticamente un piòcc, un pidocchio, aveva una polmonite fulminante e che sul turbinìo del calcinculo, del caldo equatoriale, delle campane festanti, delle ragazze con la minigonna sulle Kawasakì dei ganzi venuti su da Bergamo al paese. 

Ridendo e tutto sommato divertendosi come succede alla gente alla buona, stava crepando. Infatti verso le 17.30, cinque e un quarto ora locale, Giuseppe Panebarco, manovale di muratore, che con una cazzuola in mano se gli giravano i coglioni faceva scappare un paese intero, aveva finito di divertirsi. 

È lì come se dormisse, disse piano un suo compagno di lavoro; è morto di festa il giorno dell’Assunzione lontano dalle braccia del signore fecero eco le mogli e le figlie più grandi. Alle 18.30 l’Africano, il sindacalista e il prete: è come se dormisse, ridissero tutti in coro, come se volessero togliersi un gran peso dalla coscienza. Ma porca miseria proprio di influenza neanche di silicosi, fece sommesso il sindacalista. E proprio il giorno dell’Assunzione ti va a crepare un muratore, fece il prete ancora più sommesso.

La sera in televisione c’era Toto Cutugno che contro il parere dei medici cantava a Domenica in. Col playback.

Gli altri racconti
Nell’immagine: Enzo Jannacci nel film di Carlo Lizzani “La vita agra” (1964)

Dal nostro archivio

Una mano di bianco politicamente scorretta
Onda su onda

Una mano di bianco politicamente scorretta

Il dibattito tra filologia e ideologia suscitato dalle recenti riscritture dei romanzi di Roald Dahl (o della vittoria di Netflix sul sacrosanto diritto alla proprietà...

Pubblicato il Pietro Montorfani
“Succession” – HBO torna ai fasti dell’epoca d’oro
Onda su onda

“Succession” – HBO torna ai fasti dell’epoca d’oro

A partire dal 13 marzo, su RSI LA1, le prime due stagioni di una serie imperdibile, ispirata alla storia della famiglia Murdoch e al suo impero mediatico

Pubblicato il Redazione