Demografia e lavoro: come cambia il Ticino (terza parte)
Quali risposte al declino demografico? Decrescita felice o integrazione transfrontaliera?
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Quali risposte al declino demografico? Decrescita felice o integrazione transfrontaliera?
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Vi sono due scenari possibili per affrontare le criticità insite nel declino demografico.
Vi è una prima ipotesi politica che si sta affacciando, che intende risolvere il nodo riducendo la necessità di vivere in un territorio troppo affollato, unicamente per dare risposta alle esigenze dell’economia. Si tratta di un approccio molto legato alla centralità della produzione industriale e ai servizi avanzati, che trova spazio a livello nazionale, come antidoto alla Svizzera da dieci milioni di abitanti. Si fonda sull’idea che l’economia svizzera possa rinunciare a parte della manodopera grazie a più forti impulsi innovativi e all’aumento della produttività e che si possa dunque rinunciare alla crescita dell’occupazione senza rinunciare ad un’economia florida e ridimensionando la necessità di accogliere nuovi migranti. Invertendo i flussi migratori potremmo vivere ugualmente meglio e in modo più sostenibile, puntando sui settori ad alto valore aggiunto. Una teoria che apparirebbe ben applicabile al Ticino, cantone in cui già si sono esaurite le spinte migratorie.
In realtà, come sappiamo, l’economia locale dipende da settori maturi e dall’integrazione transfrontaliera del mercato del lavoro, senza la quale difficilmente disporremmo delle risorse necessarie ad assicurare le attività produttive e soprattutto i servizi sociali, sanitari, educativi e culturali cui dobbiamo la crescita dell’occupazione. Ha in sostanza un suo fascino l’idea che la risposta al declino demografico possa venire dalla rinuncia a creare troppo lavoro, ma lascia irrisolte molte contraddizioni: chi lavorerà per rispondere ai bisogni delle persone anziane, nelle cure di lunga durata, dove già oggi la penuria di personale qualificato è drammatica? Quale redistribuzione del reddito tra profitti, salari e fiscalità destinata ad alimentare la spesa pubblica dovremmo reinventare per rispondere ai bisogni della popolazione, in una condizione di decrescita e in un paese storicamente allergico alle tasse? Come scongiureremo il declino demografico, senza immettere nuove energie che producano nuova cittadinanza?
In alternativa la questione può essere posta in un altro modo mettendo al centro proprio l’integrazione transfrontaliera dell’economia e della società insubrica. In fin dei conti siamo confrontati con una sfida comune, che riguarda la struttura della popolazione e l’assetto socio-economico di un’area che ha costruito sulla frontiera un precario equilibrio di interessi, ma che rischia di vedersi ridotta a regione periferica, presa tra due poli di attrazione come Zurigo e Milano. Per il Ticino la maggiore prossimità di Zurigo, area metropolitana avvicinata dalla rete ferroviaria Alptransit, inizia a tradursi in nuovi fenomeni di pendolarismo professionale. La permanenza di varie forme di dislocazione del lavoro e le potenzialità del lavoro ubiquo reso possibile dalle tecnologie stanno già determinando forme diverse di fruizione del territorio, che rendono permeabili i confini tra regioni e accrescono le possibili interdipendenze. Territori condannati all’invecchiamento e allo spopolamento – come le aree vallive e montane – possono riconquistare nuova attrattività residenziale (vedi anche il cambiamento climatico) e connettersi in modo intelligente con le aree urbane. La risposta al declino demografico ci sembra possa venire dal viversi in un territorio ricco di interdipendenze e connessioni, dove anche la questione del rapporto tra spazi di vita e residenza e spazi di lavoro va ripensata, decongestionando il traffico.
Si tratta di progettare soluzioni competitive e sostenibili comuni in ottica regionale allargata, guardando all’integrazione socio-economica con le regioni a nord e a sud, per produrre innovazione organizzativa, valore aggiunto, educazione, cultura e non da ultimo risposte intelligenti e forti ai bisogni della popolazione. In questo modo si potrà ricucire la frattura tra assetto dell’economia e percezione insoddisfacente della loro condizione che hanno le donne e gli uomini che risiedono nel Cantone, ricostituendo i fattori di attrazione che possono riportare a casa i ticinesi e dare nuova linfa ai flussi migratori in ingresso, contribuendo a porre freno al declino demografico cui altrimenti la struttura anagrafica ci condannerà inesorabilmente.
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