“Ti te se no” chi era: Enzo Jannacci, e chi se no
A dieci anni dalla scomparsa di uno dei maggiori autori della musica italiana-Intervista al contrabbassista Riccardo Fioravanti (VIDEO)
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Il 29 marzo 2013 se n’è andato Enzo Jannacci, ma il suo lascito artistico è ancora ben vivo, specie per i suoi moltissimi appassionati cultori che anche dopo dieci anni dalla sua scomparsa, si accendono all’improvviso al solo ascolto di un accordo, un verso, una parola di una delle sue tante canzoni, in italiano e in dialetto. Pensiamo ai “scarp del tennis” o all’urlo “son s’ciopaa”, solo per fare due esempi della sua produzione, appunto, dialettale, che con la lingua milanese cercava di raccontare con il massimo di aderenza alla realtà, la vita ai margini di tanti personaggi “minori”, dimenticati dall’onda del boom economico degli anni ’60 e poi rimasti lì, nella grigia periferia del mondo, a subire, a soffrire.
Ma poi dobbiamo anche subito andare alle sue melodie, per nulla i soliti accordi, frutto della profonda conoscenza musicale di Jannacci, che aveva studiato pianoforte al Conservatorio, e poi suonato con numerosi jazzisti. Jazz e dialetto, quanto di apparentemente più lontano, eppure in Jannacci (anche in quello in lingua) è diventato il tratto distintivo di una produzione che ha sempre guardato alla tradizione popolare innovandola, e innervandola di forme a volte sincopate, solo apparentemente sgangherate, di soluzioni surreali, che lui trovava o improvvisava quando sul palco, in scena, si muoveva come un saltimbanco in esecuzioni in cui regalava la sua voce così particolare, così “poco educata” e invece potentissima nella capacità di esprimere il mondo dei suoi testi.
Enzo Jannacci era anche fatto dei tanti “miracolosi” incontri umani, musicali e teatrali, che ha favorito o in cui si è imbattuto nel suo percorso cominciato alla metà degli anni ’50: si pensi a Dario Fo (Ho visto un re, ah beh, sì beh…), a Giorgio Gaber (il fraterno compagno della fetta di limone); e ancora a Paolo Conte (Messico e nuvole) addirittura Fabrizio De André (Via del campo). Poi naturalmente il sodalizio con Cochi e Renato e quella forma di canzone-cabaret che ha avuto uno straordinario successo popolare (grazie al surrealismo, tipo quello della canzone intelligente).
Nella sua lunga carriera, che ha per decenni affiancato a quella di medico, Jannacci è stato anche attore (ne “La vita agra” di Lizzani, per esempio) ed autore di testi narrativi che ha proposto anche al quotidiano “La Regione”, fra il 2006 e il 2008, in una sorta di occasionale rubrica intitolata significativamente “L’Armando” (un altro dei suoi indimenticabili personaggi messi in canzone).
Alcuni di questi “racconti brevi”, li proporremo a partire da domani, mentre qui, oggi, vogliamo ricordare soprattutto L’Enzo Jannacci uomo e musicista. Lo facciamo con chi ha a lungo suonato con lui, in concerti e in sala d’incisione, uno dei maggiori contrabbassisti jazz della scena italiana, ovvero Riccardo Fioravanti, con cui cominciamo la conversazione partendo da un brano significativo, intitolato, guarda caso “Il suonatore di contrabbasso”.
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