Il commissario Beretta
Un originale ed affettuoso ricordo di Remo Beretta, scrittore ed insegnante, fra gli autori più significativi del Novecento letterario svizzero di lingua italiana
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
Un originale ed affettuoso ricordo di Remo Beretta, scrittore ed insegnante, fra gli autori più significativi del Novecento letterario svizzero di lingua italiana
• – Redazione
I mercati finanziari di fronte al crac di Credit Suisse, alla crescita del gigante UBS e alle prese con un nuovo innalzamento dei tassi delle banche centrali
• – Enrico Lombardi
Invecchiamento della popolazione e aumento dell’emigrazione dal Cantone; le cause, gli effetti, le ipotesi per risolvere l’inquietante futuro di questo intreccio
• – Furio Bednarz
Cosa ci insegna in Ticino l’esperienza straordinaria della… ‘Straordinaria’ - Di Boas Erez
• – Redazione
C’è da scommettere che sarà una decisione destinata a far discutere, non solo in Germania
• – Redazione
Crac bancario, piazza finanziaria svizzera, identità e sovranità nazionale in un ipotetico (ma neanche tanto) faccia a faccia
• – Silvano Toppi
Dopo la presentazione dell’Audit esterno sul caso dell’ex-funzionario del DSS, rimane il disagio per una vicenda che avrebbe anzitutto dovuto proteggere delle giovani che hanno avuto il coraggio di denunciare
• – Enrico Lombardi
Dopo il padre-padrone Nazarbaev e le proteste di piazza del 2022, il Paese prova a cambiare alle urne: ben 6 partiti in Parlamento (nel 2007 fu uno solo)
• – Donato Sani
A vent’anni dall’inizio del conflitto scatenato dagli Stati Uniti per abbattere il regime di Saddam Hussein; una guerra che ha seminato morte, distruzioni, terrorismo, di cui ritroviamo ancora le tracce nella politica mediorientale
• – Redazione
Biden approva il progetto di trivellazione petrolifera Willow in Alaska. I gruppi ambientalisti e le comunità native lanciano l’allarme
• – Redazione
Un originale ed affettuoso ricordo di Remo Beretta, scrittore ed insegnante, fra gli autori più significativi del Novecento letterario svizzero di lingua italiana
In occasione del centenario dalla nascita di Remo Beretta, celebrato lo scorso anno, la rivista letteraria e culturale “Cenobio”, diretta da Pietro Montorfani, ha allestito un numero monografico consacrato allo scrittore bleniese a cura di Michela Marazzi- Beretta e Sofia Marazzi, con saggi inediti e una ricca bibliografia. Un’occasione importante per scoprire o riscoprire, doverosamente, una voce originale quanto appartata, della letteratura svizzera di lingua italiana del secondo Novecento.
Remo Beretta (1922-2009) ha passato una vita, si potrebbe dire, ad insegnare, con rara passione, letteratura italiana a centinaia di studenti, come docente in diversi ordini di scuola, dapprima in Capriasca, infine al Liceo cantonale di Lugano. Tra le sue pubblicazioni: con pseudonimo Martino della Valle, Sette racconti (Edizioni Cenobio, 1964; poi, con introduzione di Gilberto Isella, Dadò, 2002); Tre testi di Remo Beretta per tre litografie di Massimo Cavalli (Upiglio, 1976); Massimo Cavalli (Scheiwiller, 1986); Classici e dialetto, con Giovanni Orelli (Ulivo, 2008); I giorni e la morte, a cura di Sofia Marazzi, introduzione di Fabio Soldini (Dadò, 2015).
Il prezioso fascicolo di “Cenobio” viene presentato oggi alle 18.00 alla Biblioteca Salita dei Frati di Lugano. In questa sede, per gentile concessione dell’autore, ne offriamo un assaggio, con la proposta di un breve ed affettuoso omaggio a Beretta da parte dello scrittore e poeta Aurelio Buletti. (red.)
Nel tempo in cui c’era ancora la scuola chiamata ginnasio, al termine dell’ultimo anno vi si svolgevano gli esami di licenza: chi li superava – ma si teneva conto anche di quello che ogni allievo, ogni allieva aveva combinato nell’intero anno scolastico – otteneva la licenza ginnasiale. Le materie considerate più importanti avevano un esame scritto e uno orale. All’orale interveniva anche un esaminatore esterno, un commissario, che quasi sempre era un docente della scuola media superiore. Una volta, forse era il giugno del 1977, ma non ne sono sicuro, ebbi come commissario Remo Beretta, che in quel ginnasio era stato docente. Era la prima delle poche volte che ho avuto la fortuna di parlare con lui. I ragazzi e le ragazze di quella quinta saranno stati circa venticinque e circa venticinque testi, scelti fra quelli letti durante l’anno scolastico, avevo indicato come da portare all’esame orale. Ciascuno e ciascuna avrebbe dovuto rispondere ad alcune domande su uno di essi, domande che mi ero preparato con diligenza e che in piccola parte, per farne conoscere il tipo, avevo svelato alla classe.
Prima dell’interrogazione sui testi era prevista una breve discussione sul lavoro scritto, che era sempre un componimento. Ora, cosa capitò con il commissario Beretta? Che tutta la sua attenzione fu presa dai componimenti dei ragazzi e delle ragazze. Dei testi degli autori sembrava non gliene importasse o forse, meglio, li avrebbe anche presi in considerazione se ci fosse stato più tempo a sua disposizione. Il tempo che si poteva dedicare a ogni singolo allievo Remo lo voleva invece usare per convincere autori e autrici di quei componimenti dei passaggi dove avrebbero dovuto essere più chiari, delle parole che avrebbero dovuto scegliere meglio, delle costruzioni degli enunciati che avrebbero dovuto essere più solide. E quando poi io riuscivo a formulare almeno una domanda sul testo, sembrava che a Remo Beretta fosse impossibile ascoltare la mia domanda e la risposta dell’interrogato: stava ancora riflettendo su come quei lavori scritti potessero essere resi più corretti e più chiari. E aveva un’aria fra l’irritato e il dispiaciuto: non si capacitava che potessero esserci tanti punti oscuri e gli rincresceva che quei ragazzi non avessero imparato a scrivere meglio.
Credo che per lui ogni scritto meritasse rispetto e attenzione, non solo se era uscito dalla penna di uno dei suoi amati grandi autori, ma anche se era opera di uno scolaro. Oppure di un autore minore, cosa che ho avuto la fortuna di sperimentare direttamente. Remo Beretta mi aveva scritto il 29 febbraio 1984 a proposito dei miei Trenta racconti brevi da poco usciti da Casagrande. Una lettera di tre pagine, che conservo con affetto, ricca di citazioni e di annotazioni e con un incipit che mi pare di poter dire di grande e sorridente onestà: «Caro Buletti, proverò a dirti un paio di cose prive di piaggeria da riconoscenza (per aver ricevuto il libro)».
Un po’ di anni dopo – il suo testo Componimenti poetici di Aurelio Buletti tradotti in “vecchio parlare” sarebbe uscito sul «Cantonetto» nell’ottobre del 2001 – Remo avrebbe tradotto nella parlata di Leontica ante fine dell’età della pastorizia quattro mie poesie, accompagnando le traduzioni con alcune considerazioni sia sulle poesie tradotte sia sul mio modo di scrivere. Per quel suo scritto volle prima incontrarmi e andai da lui, nella casa dove abitava, in Via Mola, poco distante dalla scuola dove era stato mio commissario. Cercai di rispondere alle sue domande, però parlai poco e ascoltai tanto. Era immensamente più sapiente di me. Credo anche che fosse più appassionato di me nell’indagare e scoprire la consistenza dei testi.
Qualche anno dopo ancora procurai involontariamente a Remo – ma forse sarebbe più corretto scrivere imprudentemente – una seccatura. Era, per un po’ di giorni, in una clinica, per rimettersi in forma dopo un serio problema di salute. Gli avevo scritto alcune volte, per simpatia e incoraggiamento, indirizzando la mia posta al Professore Remo Beretta. Mi fece sapere, piuttosto contrariato, che così tutti e tutte si erano messi a chiamarlo professore, cosa che lo infastidiva parecchio. A quel tempo non sapevo ancora che per parecchi anni nell’elenco del telefono si era qualificato come impiegato dello Stato.
Di lui ricordo ancora questo: un ragazzo di cui ero stato docente al ginnasio, in uno degli anni scolastici del liceo aveva ricevuto il compito, che avrebbe svolto con un suo compagno, di presentare alla classe un autore di lingua italiana. Quel ragazzo si era rivolto a me per avere un consiglio e io gli avevo ricordato che avevo fatto leggere a lui e ai suoi compagni un paio di racconti di Sandro Beretta, nato nel 1926 e morto a soli 34 anni. Sarebbe inutile rammentare che Sandro era uno dei fratelli di Remo e che il romanzo di Remo I giorni e la morte è collegato alla malattia e alla morte del giovane fratello. Avevo suggerito al giovane studente di chiedere a Beretta un incontro per avere utili indicazioni per il suo lavoro. Colloquio che era stato accordato e dal quale i due studenti liceali erano usciti non solo con spiegazioni e racconti, ma anche con copie sufficienti per tutta la classe del libro dei racconti di Sandro intitolato, nelle Edizioni Cenobio del 1963, È nato in casa d’altri, Gesù.
Sono quasi sicuro di sapere dove ho visto Remo Beretta per l’ultima volta, scambiando con lui un saluto e poche altre parole. Era seduto su una delle panchine che stanno subito all’esterno del cimitero di Lugano. Un posto dove, forse, possono sostare solo persone molto in pace con sé stesse oppure persone in continua ricerca di pace. Stava leggendo un libro. Non poche volte negli anni precedenti l’avevo visto leggere mentre camminava. Forse voleva dare fiato alla speranza che anche dopo il Passaggio gli fosse possibile continuare a leggere gli amatissimi libri o forse voleva protestare silenziosamente contro il fatto che ciò non gli sarebbe stato possibile. O, più semplicemente, quel posto gli piaceva, lo riteneva adatto alla lettura. Era anche non troppo lontano dalla casa dove abitava, ma abbastanza per poter fare alcuni passi.
Note di lettura per la raccolta poetica “Verso la ruggine” con cui l’autrice ha vinto il Premio svizzero di letteratura
A pochi giorni dalla scomparsa, un ritratto di Mary Quant, colei che inventò la minigonna ed un nuovo modo, rivoluzionario, di sentirsi ed essere donna