La voce di chi lavora
In un podcast prodotto dal giornale “area”, le testimonianze di lavoratori e lavoratrici del commercio al dettaglio di fronte alla prossima votazione sugli orari dei negozi
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In un podcast prodotto dal giornale “area”, le testimonianze di lavoratori e lavoratrici del commercio al dettaglio di fronte alla prossima votazione sugli orari dei negozi
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In un podcast prodotto dal giornale “area”, le testimonianze di lavoratori e lavoratrici del commercio al dettaglio di fronte alla prossima votazione sugli orari dei negozi
La campagna in vista della votazione sugli orari dei negozi del 18 giugno è ormai lanciata. Quello a cui si assiste è un fenomeno strano: da una parte vi sono i sindacati e partiti contrari, dall’altra i partiti favorevoli e al centro – quasi fossero “super partes” i commercianti o i rappresentanti delle loro organizzazioni padronali. Quelli “che conoscono il commercio, perché ci lavorano”, come è stato detto ad un recente dibattito su Teleticino. Così facendo, però, si dimentica l’altra metà del negozio: quelle lavoratrici e quei lavoratori che sanno bene quanto un sì il prossimo 18 giugno avrebbe un impatto molto negativo sulle loro condizioni di vita.
Per questo “area”, giornale di critica sociale e del lavoro edito dal sindacato Unia, ha deciso di dare voce a chi lavora. Rispetto al solito articolo per il giornale o per il sito abbiamo deciso questa volta di proporre un altro strumento giornalistico: l’audio documentario. Per la nostra piccola redazione si tratta di un esperimento per provare a cimentarsi anche con nuovi mezzi narrativi nello stile giornalistico militante e rigoroso che da sempre ci caratterizza. Strumenti che, forse, permettono di diffondere in maniera più efficace la voce di coloro che – come si vede in questa campagna di votazione – sono spesso ignorati dalle principali testate cantonali.
Ascolta il podcast “Come tutte le commesse”
Tutti noi abbiamo a che fare con loro quasi quotidianamente. Ci fanno trovare la merce pronta e ben ordinata sugli scaffali, ci danno consigli sugli acquisti, ci fanno pagare o ci accompagnano alle sempre più presenti casse automatiche. Ci sorridono, sempre. Eppure, delle loro vite sappiamo poco o nulla. Sarà la fretta, l’alienazione o magari anche la mancanza di empatia. Cosa si nasconde dietro a quei sorrisi?Le testimonianze di due lavoratrici e di un lavoratore che abbiamo raccolto mettono in luce il dietro le quinte del settore della vendita.
Quello che emerge è una realtà di lunghe giornate lavorative, sei giorni su sette, di una cattiva gestione dei turni e di una crescente pressione per raggiungere sempre più ambiziosi obiettivi finanziari.
«Stiamo lavorando tutti a personale ridotto. Se un decennio fa eravamo in tre nel reparto, oggi siamo uno o, nei migliori dei casi, quasi due tempi pieni» ci ha detto Anna. Nome di fantasia per una realtà che non è certo una finzione, come spiega un altro addetto del settore, Alessandro: “Inizio alle sette del mattino e mediamente tre o quattro giorni alla settimana sono di chiusura, quindi finisco verso le 19.15. Quando si arriva a casa dopo una giornata di tredici ore, calcolando il tempo per la doccia e mangiare qualcosa, di tempo a disposizione ne resta ben poco».
È la politica del personale nella vendita in voga da qualche decennio. Personale ridotto all’osso, con tempi parziali da spalmare sull’orario settimanale di apertura del commercio. Quando si allungano le ore o i giorni di apertura, la conseguenza sarà una sola. Non illudiamoci, quindi, che con le aperture più estese vi sarà una creazione di nuovi impieghi. Non è mai successo. Al massimo, ci saranno delle assunzioni a tempi parziali da far giostrare nei giorni. Tempi parziali talmente ridotti le cui paghe sono insufficienti per viverci. Eppure è richiesta la disponibilità totale, al cento per cento. Una disponibilità non pagata, naturalmente.
La conseguenza dell’ulteriore ampliamento delle giornate e degli orari di apertura dei commerci proposte dalle modifiche di legge saranno giornate di lavoro di venditrici e venditori ancor più lunghe e distribuite sull’arco dei sette giorni. Una prospettiva che mette ansia ad Anna: “Abbiamo paura di non poter più vivere. Se già oggi vivacchiamo con un minimo di relazioni sociali, dopo non avremo nemmeno quelle. Senza un aumento di personale, le aperture saranno un colpo fatale alla vita sociale di migliaia di venditrici e venditori».
È questa la vita reale nascosta dietro le vetrine che con il nostro audiodocumentario abbiamo cercato di raccontare. Per dare voce a chi – malgrado siano i primi interessati dalla modifica di legge – voce non ne ha.
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