La procura federale condanna SICPA. Una sentenza scritta con l’inchiostro simpatico?
La condanna della multinazionale svizzera riaccende il dibattito sugli strumenti di lotta alla corruzione d’impresa
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La condanna della multinazionale svizzera riaccende il dibattito sugli strumenti di lotta alla corruzione d’impresa
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La condanna della multinazionale svizzera riaccende il dibattito sugli strumenti di lotta alla corruzione d’impresa
A vent’anni dall’introduzione nel codice penale dell’articolo 102 – quello cioè che permette di condannare le imprese che non hanno impedito atti corruttivi – ecco quindi arrivare, a poco tempo l’una dall’altra, due condanne a due importanti imprese svizzere. Finora tra le comunque poche aziende condannate figuravano soprattutto multinazionali straniere o filiali elvetiche di gruppi esteri. La sola impresa interamente svizzera ad essere punita penalmente è stata, nel 2016, Nitrochem, filiale della multinazionale basilese dell’ammoniaca Ameropa, per un caso di corruzione avvenuto in Libia, all’epoca del colonnello Gheddafi.
Le recenti condanne di ABB e SICPA hanno una portata bivalente. Da un lato dimostrano i limiti di una norma che prevede una multa massima contestata dalle istanze internazionali e dallo stesso Procuratore generale Stefan Blättler: 5 milioni di franchi, un ammontare grottesco nei grandi casi di corruzione internazionale e a cui spesso la Procura federale aggiunge un risarcimento sulla base del calcolo degli utili realizzati grazie ai fatti illeciti. D’altro lato l’esito di queste due vicende dimostra che è possibile, anche in Svizzera, perseguire le multinazionali elvetiche che corrompono all’estero. L’articolo 102 del Codice penale è quindi applicabile e applicato, seppur con parsimonia.
Introdotto nel 2003, questo strumento normativo per il quale occorre provare una “carente organizzazione” d’impresa è stato per anni ignorato salvo poi venire impiegato con più regolarità a partire soprattutto dal 2016. Se per i casi di riciclaggio, l’applicabilità dell’articolo 102 è stata avallata persino dal Tribunale penale federale – si vedano le condanne di Falcon Bank e soprattutto di Credit Suisse – per i casi di corruzione per ora la Procura federale si è limitata a procedere con lo strumento del decreto d’accusa. Ossia attraverso uno strumento pensato per casi minori ma che permette in questi grossi casi di riciclaggio e corruzione di ottenere un vantaggio per entrambe le parti: per la procura pubblica che può portare a casa un’inchiesta e per l’azienda che può evitare un processo e negoziare una pena conveniente evitando inoltre di essere esposta mediaticamente.
Associazioni come Transparency International contestano la scarsità dei risultati ottenuti negli ultimi 20 anni e chiedono interventi legislativi. Anche per lo stesso MPC, la situazione normativa non è ottimale. Oltre a chiedere che le multe massime vengano aumentate, in questi ultimi mesi si sono moltiplicate le prese di posizioni da parte del procuratore generale a favore dell’introduzione anche in Svizzera di un Deferred Prosecution Agreement all’americana. Si tratta di una sorta d’intesa extra giudiziale secondo la quale la procura sospende la promozione dell’accusa nei confronti di un’impresa a condizione, ad esempio, che questa collabori con le autorità per alcuni anni, che si sottoponga a un audit o che cambi il proprio management. Nella stessa comunicazione tra la Procura federale e SICPA, nell’ambito della chiusura della vicenda, il procuratore federale Urs Köhli lo ha scritto chiaramente: «A differenza di Paesi come gli Stati Uniti e il Regno Unito, l’ordinamento giuridico svizzero non dispone di uno strumento che consenta di chiudere il procedimento penale ai sensi dell’articolo 102 senza punire l’azienda colpevole. In particolare, in Svizzera manca la possibilità di un giudizio differito nel senso di un Deferred Prosecution Agreement». In sostanza, a detta del procuratore, tocca quindi chiuderla con un decreto d’accusa e tramite l’articolo 102. In questo caso, però, non vi è né l’ammissione di colpa da parte dell’azienda, né l’avallo di un tribunale.
Qualche anno fa, la Procura federale aveva già chiesto di introdurre questa possibilità, ma il Parlamento, su pressione anche delle lobby economiche, non ne ha tenuto conto. Vedremo se di fronte ai nuovi appelli di Stefan Blättler qualche cosa cambierà.
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