Così pèrdono proprio tutti
Ancora a proposito del progetto di un carcere minorile in Ticino
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Ancora a proposito del progetto di un carcere minorile in Ticino
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Ancora a proposito del progetto di un carcere minorile in Ticino
Mentre, su “Naufraghi/e”, leggevo il recente commento di Bruno Brughera dedicato al progetto di un carcere minorile in Ticino (titolo: “Dalle emozioni alle scelte politiche”), me ne è venuta in mente una di emozione, da me vissuta oltre trent’anni fa. In quel periodo ero tutore di un detenuto adulto. Lui era a fine pena, e viveva una nuova libertà “frazionata”, che gli permetteva di uscire in giardino a godersi il panorama: il panorama era quello del carcere minorile ginevrino.
Si nasce delinquenti? O si impara a diventarlo per opportunismo o necessità?
A queste domande si deve cercare di fornire una risposta non facile e molto seria, per poter poi elaborare una politica di contrasto efficace alla delinquenza giovanile. Tenuto conto dell’80% di recidiva che le nostre carceri per adulti annualmente sfornano, è legittimo chiedersi se sia saggio replicare sui giovani quello che sappiamo non funzionare sugli adulti. E vien pure da chiedersi come facciano i promotori a convincersi e a convincere che il loro progetto sia finanziabile con un milione di franchi all’anno, in una fabbrica, per usare una metafora che non dimentica il fattore umano ma che aiuta a farci capire, in cui ben l’80 per cento dei prodotti risulta difettoso.
Con una cifra del genere è praticamente impossibile cambiare i contesti nei quali i giovani in questione sono costretti a vivere. Perché è proprio ‘l’atterraggio’, dunque il luogo dove si arriva una volta usciti di galera, quello che conta di più. Il mio “pupillo” aveva 56 anni e stava tirando la fine di un ergastolo. Prima del quale c’era stata una dozzina di condanne, anche a diversi anni di detenzione. Ripetiamo, la recidiva supera l’80% dei casi. Non è teoria.
L’uomo di cui fui tutore ha trascorso la maggior parte della sua esistenza dietro le sbarre. Il suo mantenimento è costato allo Stato, dunque a noi comunità, oltre cinque milioni di franchi: 170.000 fr. all’anno per tre decenni. Alla società sarebbe costato meno cercare di capirlo alle prime avvisaglie di disagio, piuttosto che metterlo e isolarlo allo ‘zoo’; e magari il cervello di una impiegata di 18 anni non sarebbe finito sulle piastrelle di un ufficio postale.
Così non vince nessuno
PS: il diagramma che vi propongo è di Carlo M. Cipolla, e ci aiuta a definire oggettivamente le qualità di chi promuove una situazione in cui tutti perdono o tutti vincono. I due assi cartesiani rappresentano il guadagno portato dalle azioni delle diverse persone, che possono essere positive, nulle o negative per la persona stessa o per le persone che la circondano.
Michel Venturelli è criminologo
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