La ‘cappa’ di Veneziani e la ‘gabbia’ reale
Quando da analoghe considerazioni sulla realtà sociopolitica attuale destra e sinistra prendono strade ben diverse per immaginare il futuro
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Quando da analoghe considerazioni sulla realtà sociopolitica attuale destra e sinistra prendono strade ben diverse per immaginare il futuro
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Quando da analoghe considerazioni sulla realtà sociopolitica attuale destra e sinistra prendono strade ben diverse per immaginare il futuro
In realtà, oltre all’uguaglianza (e quindi alla giustizia sociale e oggi ambientale), le sinistre in Occidente (il comunismo realizzato è stata tutta un’altra storia, pessima e ignobile) si caratterizza(va)no per l’attenzione ai diritti soprattutto sociali e alla cultura, per l’impegno a raggiungere un mondo migliore contestando o riformando il capitalismo, sulla solidarietà come via per la libertà.
Dai tempi di Bobbio, in realtà le disuguaglianze sono cresciute sempre di più perché le destre neoliberali, in America e in Europa, non solo le hanno considerate ineliminabili, ma le hanno deliberatamente prodotte e accresciute facendo della disuguaglianza la loro linea politica e programmatica – sostiene l’economista americano Joseph Stiglitz – e poi realizzandola pienamente anche con il consenso – paradossale, ma reale – degli impoveriti e dei diseguagliati (ovvero, come ha detto il super-ricco Warren Buffett, “la lotta di classe esiste, ma l’abbiamo vinta noi”). Insieme producendo, oltre alla disuguaglianza, anche – e peggio – la istituzionalizzazione dello stato di natura pre-contratto sociale (ne ha scritto l’antropologo Massimo De Carolis, ne Il rovescio della libertà, Quodlibet): perché nella concorrenza e nella competizione economica globale di oggi, così come nello stato di natura di cui scriveva Thomas Hobbes molto tempo fa, ciascuno è homo homini lupus e il nostro vivere è un incessante bellum omnium contra omnes.
Stato di natura oggi appunto diventato la norma(lità) del nostro vivere tecno-capitalista e dove quindi – conseguentemente – non solo stanno morendo l’uguaglianza e la solidarietà, ma anche la libertà, la democrazia e soprattutto la biosfera. E sicuramente il grande sociologo Max Weber scriverebbe ancora oggi di una gabbia d’acciaio capitalistica che, ancor di più di ieri, cattura la nostra vita intera e la mette a profitto privato (oggi via piattaforme e capitalismo della sorveglianza) e non ci lascia liberi.
Non di gabbia ma di Cappa scrive invece il controverso intellettuale Marcello Veneziani nel suo ultimo libro (La Cappa, Marsilio), una Cappa che ci soffoca “in un sistema globalitario che ci controlla e corregge ogni cosa: la natura, i sessi, la salute, la storia, la lingua, il pensiero, la religione. Bioliberista fino alla morte, ma in un regime di sorveglianza totale”. E così: “Tutto perde contorno, consistenza, memoria e visione (…) I sessi sconfinano e mutano, le differenze scolorano e si uniformano, la natura è abolita, la realtà è revocata (…). Ma anche il passato sparisce, tramonta ogni civiltà; svaniscono i luoghi, compresi quelli di lavoro, in una società delocalizzata, senza territorio. La schiavitù prosegue a domicilio con l’home working”.
Di questo libro si è discusso in un recente dibattito a Lugano, con Tito Tettamanti e in una intervista a Veneziani di Lorenzo Erroi su La Regione. In realtà, Veneziani – che è di destra (ed è del 1995 la sua violenta polemica contro Norberto Bobbio in un pamphlet che rovesciava il titolo in Sinistra e destra); che forse è post-fascista (ma sul suo sito c’è un inquietante elogio del fascistissimo Movimento sociale italiano, padre del meloniano Fratelli d’Italia di oggi); che comunque si inserisce in una lunga storia culturale che fa critica da destra al mondo moderno – dice e scrive cose condivisibili anche da sinistra.
Ad esempio quando contesta la “cancellazione della storia e della cultura” (ma chi ha prodotto questa cancellazione se non il tecno-capitalismo destrorso, illiberale, classista che vuole che si apprendano solo competenze tecniche e funzionali al funzionamento del sistema, agendo insieme a un neoliberalismo che sempre ha tagliato e taglia la spesa pubblica in istruzione e in cultura umanistica?); quando critica la rimozione “del pensiero della differenza e l’inibire la libertà d’opinione” (ma, anche qui, non sono state forse le destre neoliberali a farci credere che non esistono alternative a questo sistema capitalista che appunto ha generato oggi “un allineamento che si estende dalla cultura più alta alla pubblicità, agli influencer, al lessico quotidiano, con un canone ideologico che fa perdere di vista la varietà del reale, annullando tutte le differenze culturali, naturali e storiche presenti nella nostra società” come scrive Veneziani?); quando denuncia l’alienazione totale in cui siamo caduti (e ne abbiamo scritto anche noi, da sinistra, già nel 2018).
Chi ha dunque prodotto la Cappa che tanto indigna (giustamente) Veneziani, se non proprio le destre del mondo, omofobe, illiberali, anti-democratiche, anti-diritti civili e sociali, negazioniste della crisi climatica, ma fortissimamente capitaliste?
Dobbiamo forse pensare che Veneziani sia diventato di sinistra, visto che queste cose le scrive la sinistra critica da quasi un secolo – e rimandiamo alla benemerita ma dimenticata Scuola di Francoforte, criticatissima proprio da destra – anche Veneziani invocando “l’arma dell’intelligenza” come l’unica “capace di salvarci o almeno di perforare la Cappa, perché stupido sarebbe rifiutarsi di capire, non denunciare, farsi complici”? No, Veneziani resta di destra, senza accorgersi che condanna gli effetti sociali, ambientali, culturali e antropologici – la Cappa – prodotti proprio dal mondo a cui appartiene, perché la destra è capitalista sempre e comunque.
E quindi sbaglia quando scrive di una “Cappa sanitaria” fatta “di restrizioni e di controlli” e imposta dalla pandemia, “che si sarebbe poi trasferita in altri ambiti fino a farsi regime” (restrizioni e controlli sono in realtà intrinseci al tecno-capitalismo e non nascono certo con la pandemia); sbaglia quando, pur scrivendo di un dovere collettivo di difendere la Natura, critica pesantemente Greta Thunberg, non cogliendo la grande novità dei giovani dei Fridays for Future; sbaglia quando reitera l’accusa delle destre a Papa Francesco di concentrarsi troppo sulla solidarietà e l’accoglienza dimenticando “l’idea stessa di una relazione con Dio e col sacro”; e sbaglia nel voler rivendicare/recuperare il ruolo della tradizione e appunto del sacro non vedendo che oggi la tradizione e il sacro sono nel consumismo e nel feticismo per le merci (soprattutto tecnologiche), nei social, in quella rivoluzione industriale che è diventata così normale da essersi trasformata appunto in tradizione. E in religione capitalista, come scriveva il filosofo Walter Benjamin cento anni fa; e in religione tecno-capitalista come abbiamo scritto nel 2015.
È allora da questa tradizione ecocida, omologante, alienante e aliena da ogni pensiero critico che dovremmo uscire; ma senza ricadere – la differenza tra destra e sinistra è anche qui – in quella per Dio, patria e famiglia.
Ma Veneziani sbaglia anche là dove invoca il ritorno alla figura del Padre, perché il Padre – figura simbolica della Legge e dell’Autorità – è oggi sì evaporato ma in realtà si è trasferito nei Mercati, nella Silicon Valley, nel bisogno di un coach o di un influencer, nei dispositivi tecnologici che sono dispositivi soprattutto per la produzione di comportamenti normati e normali e funzionali al sistema. Tutti Padri che sono la nuova fonte della Legge, la nuova Autorità del mondo.
Senza dimenticare, come hanno scritto i francesi Dardot e Laval (ne La nuova ragione del mondo, DeriveApprodi, 2019), che il populismo di oggi è neoliberale comunque, e “sposa la retorica del sovranismo e assume uno stile populista per rafforzare e radicalizzare ulteriormente la presa sulla società da parte del capitale. (…) Il recupero della rabbia e del risentimento sociale [prodotti da quarant’anni di neoliberismo] esige oggi, perché il recupero sia funzionale [a consolidare il sistema neoliberale, impedendone la reale messa in discussione], il carisma di un leader [cioè di un Padre – e oggi, in Italia, di una leader-Madre] capace di incarnare la sintesi tra nazionalismo economico, liberalizzazione dei meccanismi economici e finanziari e una politica sistematicamente orientata a favorire il mercato”.
E quindi, le strade della destra (Veneziani) e le nostre – che possono avvicinarsi su certi punti di analisi – divergono poi radicalmente sulla soluzione da ricercare. La destra invocando la tradizione, un Padre e Dio, cioè guardando indietro; noi invocando invece una autentica emancipazione/uscita dell’uomo dalla gabbia (dalla Cappa) del tecno-capitalismo, cioè guardando avanti.
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