La rivincita di Puigdemont e degli indipendentisti catalani
Svolta storica nel dopo voto spagnolo: autorizzato l’uso delle lingue regionali in parlamento
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
Svolta storica nel dopo voto spagnolo: autorizzato l’uso delle lingue regionali in parlamento
• – Ruben Rossello
La storica Tipografia Elvetica di Capolago risorge per la terza volta grazie a una coraggiosa iniziativa privata e rivive in un romanzo storico appena pubblicato
• – Michele Ferrario
Ricominciano i campionati di calcio, mentre impazza il mercato nel vortice di affari e dichiarazioni che rasentano l’osceno
• – Paolo Di Stefano
Le difficoltà sul piano militare potrebbero far apparire nuovi scenari
• – Aldo Sofia
Un ricordo ed un omaggio alla scrittrice che ci ha mostrato la necessità di creare uno spazio pubblico e collettivo in cui ciascuna persona possa divenire sé stessa
• – Francesca Coin
• – Franco Cavani
«Tempo e pazienza», la strategia anti-Napoleone del generale Kutuzov gioca contro Kiev. Zelensky ha esaurito le munizioni umane, l’ora del compromesso è sempre più vicina
• – Redazione
Il nuovo colosso bancario non ha più bisogno di garanzie statali. Possiamo stare tranquilli? Nient’affatto
• – Redazione
Il presidente salvadoregno Nayib Bukele dal Frente Farabundo Martì ai Bitcoin. Con un consenso al 70% e l’entuasiastico apprezzamento anche del leader populista argentino Javier Milei
• – Gianni Beretta
L’emergenza umanitaria in Afghanistan è sempre più grave
• – Redazione
Svolta storica nel dopo voto spagnolo: autorizzato l’uso delle lingue regionali in parlamento
All’indomani delle elezioni parlamentari spagnole del 23 luglio, Enric Juliana, vicedirettore de La Vanguardia, il più importante quotidiano di Barcellona, scrisse che il risultato del voto era … diabolico: il Partito popolare aveva vinto nettamente, ma non abbastanza per poter governare; mentre i socialisti di Pedro Sánchez, pur perdenti, avrebbero forse potuto rimanere al governo se fossero riusciti a costruire un’intesa con i partiti indipendentisti catalani, in particolare con Junts (insieme, in catalano), formazione borghese e di ispirazione liberale.
Era diabolico, scriveva Juliana, anche il fatto che il prossimo governo spagnolo sarebbe probabilmente dipeso dal volere del leader di Junts, Carles Puigdemont, attualmente in esilio volontario – o in fuga, a seconda dei punti di vista – a Bruxelles e ancora oggi ricercato dalla giustizia spagnola per alto tradimento, ribellione e malversazione di fondi pubblici. Puigdemont era stato il presidente del governo catalano che nel 2017, dopo un referendum imponente ma illegale, proclamò l’indipendenza della Catalogna.
Tutto questo si è già concretizzato e ha prodotto un primo accordo con effetti clamorosi, particolarmente importanti se letti con occhi e sensibilità svizzere. L’intesa tra i socialisti e i partiti indipendentisti ha consentito di eleggere la nuova presidente del Congresso dei deputati, il primo ramo del parlamento spagnolo, la socialista Francina Armengol, che ha annunciato da subito la possibilità di utilizzare catalano, basco e galiziano per tutti gli interventi al Congresso.
Certo, non si tratta ancora dell’elezione del governo, che nelle prossime settimane esigerà da Pedro Sánchez e dai partiti indipendentisti trattative ben più vaste e impegnative. Ma questo primo accordo ha già dato una svolta di enorme valore pratico e simbolico; finora i deputati che non si esprimevano in spagnolo venivano espulsi dal parlamento di Madrid. Una situazione che inorridiva chi è abituato che a Berna i deputati possono intervenire ognuno nella propria lingua. E sappiamo che Marina Carobbio nel suo anno di presidenza ha insistito particolarmente nell’uso dell’italiano.
Il pluralismo culturale della Spagna (proclamato nella costituzione del 1978), la dignità e il valore delle diverse lingue parlate (da milioni di persone e non da esigue minoranze) esigevano da tempo che si facesse qualche passo concreto in questa direzione. Il risultato annunciato da Armengol nel discorso di insediamento ha un grande significato. Ma c’è persino di più.
I partiti indipendentisti sono diversi e in forte competizione tra loro. Pedro Sánchez ha dovuto conquistare il consenso anche di Esquerra Republicana (sinistra repubblicana), che esprime il presidente della Generalitat, il governo catalano, Pere Aragonès e che al Congresso di Madrid ha 7 deputati, cosi come Junts. Un consenso apparentemente più facile, visto che si tratta di un partito di sinistra, ma non scontato. Nella conferenza stampa il capogruppo al Congresso Gabriel Rufiàn ha rivelato gli altri due punti nell’accordo che ha portato alla elezione della Armengol: l’istituzione di una commissione d’inchiesta sul caso Pegasus (lo spionaggio di 66 leader indipendentisti) e la trasformazione della questione catalana da giudiziaria a politica.
Più in là e più concretamente (se ne parlerà nelle trattative per il nuovo governo Sánchez) vi è l’ipotesi dell’amnistia per i reati connessi al referendum del 2017. E non si tratta solo dei cinque leader ancora oggi in esilio (tra cui Marta Rovida in Svizzera): vi sono migliaia persone che collaborarono come volontari nell’organizzazione del referendum e che sono ancora sotto inchiesta per una lunga serie imputazioni minori, come ricorda Eduard Guerra i Sunyol, responsabile delle formazione dei giovani di Esquerra.
Le dinamiche che si sono messe in moto in questi giorni erano impensabili solo un mese fa quando il Partito Popolare e il suo alleato di estrema destra Vox sembravano destinati ad una facile e completa vittoria. L’intelligenza politica di Pedro Sánchez ha arginato questa prospettiva e le regole del gioco parlamentare stanno configurando nuove prospettive. Per i partiti indipendentisti un rilancio in grande stile e risultati tangibili nella difesa del pluralismo culturale della Spagna e del rispetto delle lingue. L’indipendenza vera e propria, quella, resta un’orizzonte lontanissimo (e forse illusorio) al quale ben difficilmente lo stesso Sánchez potrà avvicinarsi più di quel tanto nelle trattative per il governo.
Nell’immagine: la neo-presidente del Congresso dei Deputati Francina Armengol (PSOE)
Dopo l’inchiesta di Falò: silenzio e negazione delle proprie responsabilità tra chi affiancava il funzionario del DSS a Bellinzona
A settant’anni dalla morte del dittatore sovietico