Non ce la faremo mai
Una logica ecocida dietro la nomina di un petroliere arabo a presidente della prossima COP 28, il vertice sul clima che si terrà a Dubai
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
Una logica ecocida dietro la nomina di un petroliere arabo a presidente della prossima COP 28, il vertice sul clima che si terrà a Dubai
• – Lelio Demichelis
Un filo lega governi democratici e regimi autoritari: la delegittimazione strutturale del diritto internazionale
• – Redazione
Si tratta di materie prime fondamentali per la produzione di tecnologie innovative come gli smartphone o le auto elettriche
• – Redazione
Tremila chilometri, dai confini orientali d’Europa fino all’Oceano indiano, in barba ad ogni intervento contro i commerci della Russia putiniana
• – Redazione
Stampa / Pdf
• – Franco Cavani
Intervista al noto politologo francese Gilbert Achcar sulle condizioni necessarie per arrivare ad un vero cessate il fuoco in Ucraina
• – Redazione
Il primo scandalo giudiziario della presidenza di Joe Biden è arrivato dopo le midterm
• – Redazione
Il post-Brasilia pensando anche all’attentato contro Cristina Kirchner in Argentina, e agli eversivi cileni che si riuniscono intorno a Kast dopo il trionfo del Rechazo
• – Redazione
Come il Partito dei Lavoratori belga è passato dall’uno per cento al terzo posto nei sondaggi
• – Redazione
I canali informativi ufficiali del Cremlino potrebbero essere solo la punta dell’iceberg della manipolazione informativa russa
• – Redazione
Una logica ecocida dietro la nomina di un petroliere arabo a presidente della prossima COP 28, il vertice sul clima che si terrà a Dubai
Infatti il governo degli Emirati Arabi Uniti ha anticipato l’intenzione di affidare all’amministratore delegato della Abu Dhabi National oil company, l’azienda petrolifera di Stato – Ahmed al-Jaber – la presidenza del vertice Onu sul clima, la COP 28, in programma alla fine del 2023. Immediatamente, la notizia ha scatenato un coro di polemiche da parte degli ambientalisti, ma è anche l’ultimo segnale di come il capitalismo sia determinato a impedire in ogni modo e con ogni mezzo ogni seria decarbonizzazione dell’economia, ogni vero passaggio dalle fonti fossili a quelle rinnovabili. Non si limita più a fare lobbying – lo fa da tempo – ma si prende in carico in prima persona il governo della (non)transizione ecologica: importante è annacquare, rinviare, prendere impegni sì ma non troppo vincolanti, invocare il concetto di resilienza (che, tradotto dall’industrialese e dal capitalese significa che dobbiamo adattarci alla crisi climatica – anche perché, ma questo il capitale non ce lo dice, la crisi climatica e la gestione delle emergenze sono una grande fonte di profitto privato, e si chiama shock economy).
A conferma che questo obiettivo ecocida è perseguito con determinazione e pianificazione dal capitalismo energetico/energivoro e finanziario e dai governi complici, ecco l’altra notizia, che in realtà è una conferma: gli scienziati della Exxon avevano previsto con certezza ed esattezza e con largo anticipo il cambiamento climatico, anche se la compagnia petrolifera per anni ha alimentato dubbi sulle verità della scienza intorno al clima proprio per evitare che i combustibili fossili – e quindi i profitti privati della Exxon e del capitalismo petrolifero, posto che la tecnica di manipolazione è stata perseguita non solo dalla Exxon – venissero abbandonati. Lo dice uno studio pubblicato sulla rivista Science, secondo il quale le previsioni degli scienziati della stessa Exxon, fra il 1977 e il 2003, anticipavano con precisione l’aumento delle temperature di 0,2 gradi ogni decennio. Comportamento criminale di Exxon? Non abbiamo altri termini per definirlo. Ma lo stesso comportamento criminale e negazionista è stato tenuto ieri dall’industria del tabacco, ieri e oggi da quella farmaceutica, oggi dall’agrobusiness che arriva persino a tentare un golpe nel Brasile di Lula pur di poter continuare la deforestazione in Amazzonia.
Ma torniamo agli Emirati. Al-Jaber è anche ministro dell’Industria ed è inoltre a capo di Masdar, società di rinnovabili di cui la National oil company detiene il 24 per cento. Jaber, in effetti, è stato anche tra i promotori del piano di decarbonizzazione degli Emirati, paese che è il settimo produttore mondiale di greggio e ha riserve accertate pari a 98 miliardi di barili di petrolio, ma che occupa anche il quarto posto per il maggiore impatto pro-capite di CO₂. Basta questo tocco di green per farne un sostenitore delle energie rinnovabili e per metterlo appunto a capo della COP 28? Evidentemente no, sarebbe davvero ingenuo crederlo e dobbiamo pensare piuttosto a una delle classiche e sempre più diffuse tecniche di green-washing, o di cambiare il packaging senza cambiare il prodotto – e dobbiamo pensarlo anche senza dover scomodare la frase attribuita a Giulio Andreotti, cioè: a pensar male del prossimo si fa peccato ma quasi sempre si indovina. E in questi casi si indovina sempre.
Di più: sarà il primo amministratore delegato di una impresa capitalistica a presiedere una COP, a dimostrazione che il potere del capitale ormai governa il mondo e lo piega ai suoi interessi. “Porteremo un approccio pragmatico, realistico e orientato alla soluzione” ha dichiarato il sultano (ma non dimentichiamo che il suo Paese ha inviato il più grande contingente di lobbisti del settore alla Cop27 conclusasi nei mesi scorsi), e lo ha fatto con tipica neolingua industrialista e neoliberale che tanto ci affascina e tanto affascina tutti i politici del mondo. Parole che sembrano dette, di nuovo, da un venditore americano di auto usate (con tutto il rispetto dovuto ai venditori onesti di auto usate). E tutto diventa ancora più preoccupante se anche la Ue fa un endorsement al sultano, con il vicepresidente della Commissione Frans Timmermans – e che pure è socialista e ha la delega per il Green Deal – ha twittato un caloroso benvenuto: “non vedo l’ora di incontrare di nuovo Sultan Al Jaber questo fine settimana e iniziare il nostro lavoro sulla Cop28”.
D’altra parte – e sono altri due esempi, tra i mille possibili, di porte girevoli tra Stato e capitale, cioè di collusione tra struttura economica capitalistica e sovrastruttura politica, istituzionale e giuridica, cioè di democrazie solo formali e in realtà dominate sostanzialmente dall’oligarchia del business, cioè dal capitalismo – perché dunque stupirsi se il ministro italiano della difesa del governo Meloni, Guido Crosetto era stato, fino al giorno prima della nomina, Presidente della Associazione delle aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza (AIAD), nonché azionista di imprese di lobbying? E perché stupirsi e indignarsi di un petroliere nominato Presidente di COP 28 se in Svizzera Albert Rösti – da tempo lobbista dell’industria, del petrolio e del nucleare – è stato nominato a capo del Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e della comunicazione (Datec)? E infatti non ci indigniamo.
Nell’immagine: Ahmed al-Jaber con i suoi collaboratori per la salvaguardia dell’ambiente sullo sfondo di un paesaggio bucolico
Anche in Svizzera la povertà aumenta e il ceto medio è a disagio, così il popolo ha deciso di migliorare il primo pilastro
Il suo oro nel gigante brilla più di quelli di Lara e Beat