Come si può combattere il razzismo
Nella giornata per la lotta al razzismo, dall’India, grazie alla rete di solidarietà internazionale CINI, operante anche in Ticino, un impegno basato sul coinvolgimento delle comunità locali - Di Furio Bednarz
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Nella giornata per la lotta al razzismo, dall’India, grazie alla rete di solidarietà internazionale CINI, operante anche in Ticino, un impegno basato sul coinvolgimento delle comunità locali - Di Furio Bednarz
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Nella giornata per la lotta al razzismo, dall’India, grazie alla rete di solidarietà internazionale CINI, operante anche in Ticino, un impegno basato sul coinvolgimento delle comunità locali - Di Furio Bednarz
Anche in Ticino si celebra la settimana di lotta contro il razzismo. Ma le preoccupazioni di questi tempi sembrano mettere in ombra l’evento. Tra di esse rimane forte quella dell’incontro con l’altro, pur se i nostri bisogni e il nostro declino demografico lo rendono sempre più indispensabile. Siamo ricchi e produttori di comportamenti attraenti, che talvolta scambiamo per valori. Qui si annida una ragione più profonda e subdola del razzismo, che non siamo pronti ad ammettere e combattere.
Il dizionario Treccani definisce il razzismo l’ideologia, teoria e prassi politica e sociale fondata sull’arbitrario presupposto dell’esistenza di razze umane biologicamente e storicamente «superiori», destinate al comando, e di altre «inferiori», destinate alla sottomissione. Vi è un razzismo che nega l’accoglienza dell’altro inteso come “inferiore”, ma uno più sottile che attraversa tutte le culture e si basa sull’esportazione di valori “superiori”, nella speranza che la condivisione mitighi le diversità, globalizzi le aspirazioni, faccia “sgocciolare” un po’ di sviluppo e dissuada infine le partenze “irresponsabili” dei migranti clandestini. Aiutiamoli a casa loro diviene carità e supplenza nel progettare il futuro. Talvolta l’aiuto umanitario e la cooperazione allo sviluppo scivolano in questa contraddizione.
Per rinunciare al razzismo dovremmo partire da approcci alternativi, proprio nel campo della cooperazione. Ne è un esempio la rete di associazioni di sostegno che dall’Australia alla Svizzera, passando per l’Italia, supportano l’attività del Child in Need Institute (CINI) attivo a Calcutta dal 1974. Costituito dal pediatra Samir Chaudhuri per combattere la malnutrizione e la mortalità infantile, CINI è divenuto in 50 anni un’organizzazione che svolge una funzione fondamentale di empowerment delle comunità locali. Nutrizione, salute, protezione e soprattutto educazione sono i suoi campi di attività. Gestire le emergenze e contrastare gli effetti del cambiamento climatico, che aumentano i rischi di calamità naturali e epidemie, è la sfida dei prossimi anni.
Nell’India delle mille culture e delle mille contraddizioni, nel pieno di uno sviluppo economico che non riduce le disuguaglianze, CINI opera in una regione tra le più povere al mondo. Si occupa di promuovere i diritti delle persone senza paternalismo, partendo dalle loro risorse, dalle loro speranze. Lo fa grazie a 1300 operatori sociali e sanitari indiani attivi sul territorio. Sono oltre sei milioni le donne, le bambine e i bambini che CINI annualmente protegge dal traffico dei minori e dai matrimoni precoci, riporta a scuola, sottrae alla prostituzione e al lavoro minorile, rende resilienti al cambiamento climatico.
CINI è quella che si dice una learning organisation: un sistema che apprende, si aggiorna e si trasforma proprio imparando dalle comunità marginali con cui fa quotidianamente esperienza. In questo opera secondo un metodo rigoroso, ma lavora lontano dai riflettori. Produce piccole – grandi storie di successo come quella di Dipnath, bambino ribelle cresciuto nel quartiere a luci rosse di Calcutta, dove la mamma si prostituisce, che accolto da CINI in una casa rifugio, ha potuto svolgere un percorso psicologico ed educativo, acquisendo consapevolezza della sua esperienza di vita, intraprendendo studi commerciali per arrivare ad un diploma e divenire un “uomo di successo”: un buon contratto, il matrimonio, una bambina. Storie di prossimità, diremmo oggi “sostenibili”, e nel contempo storie di emancipazione.
Il razzismo si combatte dando voce e potere alle comunità oggetto di discriminazione. Prima di parlare dovremmo saper ascoltare, sospendere il giudizio, rinunciare a esportare valori e trasmettere ansie. Questo atteggiamento ci aiuterà anche a comprendere meglio le ragioni di chi siamo chiamati ad accogliere, mostrando quell’empatia che deve precedere ogni discorso sulla gestione dei flussi migratori e sui freni da porre alla mobilità planetaria delle persone.
Ne parleremo a Bellinzona, alla Scuola Cantonale di Commercio – Docu-show “Sognatrici”, di Valeria Benatti e Gabriella L. Grasso, venerdì 24 marzo, alle 19.30. CINI Switzerland – www.cini-switzerland.org
Furio Bednarz è presidente di CINI Ticino
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