Cosa non funziona al dipartimento di Cassis
Le dimissioni del quinto responsabile dei negoziati Berna-UE segnala la necessità di rivedere il ruolo di chi dovrebbe essere (e non è) il numero due del DFAE
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Le dimissioni del quinto responsabile dei negoziati Berna-UE segnala la necessità di rivedere il ruolo di chi dovrebbe essere (e non è) il numero due del DFAE
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Le dimissioni del quinto responsabile dei negoziati Berna-UE segnala la necessità di rivedere il ruolo di chi dovrebbe essere (e non è) il numero due del DFAE
A Berna, la partenza di Livia Leu, segretaria di Stato, nonché capo missione delle trattative con l’Unione Europea, è stata gestita male dal Ministero degli Esteri. Non c’era motivo di annunciarla prima della fine delle discussioni esplorative. Senza provocare danni, si poteva attendere fino al termine del mese di giugno. Inoltre, si poteva approfittare di questo periodo per designare un successore, una persona con la quale il capo del dipartimento deve sentirsi a proprio agio. Se si fosse adottata questa strategia si sarebbe oltretutto evitato di fornire un altro argomento ai critici di ogni tipo di accordo con Bruxelles. La polemica rischia invece di spezzare la “dinamica positiva” di cui parla il Consiglio federale, che fortunatamente mantiene la sua linea di condotta: si occuperà delle grandi linee del mandato negoziale con l’UE a fine giugno, come ha ribadito il presidente della Confederazione, Alain Berset, lo scorso 13 maggio. Tutto questo tenendo anche conto del fatto che la nomina della signora Leu a prossima ambasciatrice in Germania, di per sé non ha nulla di eccezionale.
Il ruolo di segretario di Stato venne creato nel 1979, allo scopo di “sostenere e alleggerire il governo federale in particolare nelle relazioni internazionali”. In precedenza, il compito era assegnato al direttore politico del Dipartimento e al direttore del Dipartimento economia in occasione di missioni all’estero.
Livia Leu è l’undicesima persona a ricoprire l’incarico di segretario di Stato al DFAE. Tre suoi predecessori sono andati normalmente in pensione, uno è stato “liquidato” in anticipo. Due sono diventati presidenti del Comitato Internazionale della Croce Rossa, uno soltanto ha dimissionato, tre sono stati nominati ambasciatori a Washington, Mosca e New York, e uno si è trasferito come segretario di Stato in un altro dicastero. C’è chi è rimasto nella funzione per sette anni, e chi soltanto per tre. Queste partenze si spiegano in parte col fatto che ogni nuovo ministro non desiderava collaborare con il Segretario di stato ereditato dal suo predecessore, ad eccezione di un solo caso. Gli ambasciatori Weitnauer, Brunner e Baeriswyl hanno subìto questa regola non scritta. In un paio di situazioni è capitato che gli stessi segretari non si trovassero a loro agio col loro superiore, e hanno deciso di lasciare l’incarico. In un’occasione, il capo Dipartimento si è scontrato con chi aveva egli stesso nominato: errore di “casting” tardivamente riconosciuto.
Ignazio Cassis sarà presto al suo quarto segretario di Stato: un record assoluto. Lui, da solo, ha “consumato” un terzo di questa risorsa diplomatica! Uno di loro, l’ambasciatore Balzaretti, lo è stato a titolo personale (senza nemmeno avere a sua disposizione un segretariato), come direttore degli Affari europei. La legge lo consente.
La verità è che non si può ridurre un ruolo così importante all’unico compito di dirigere il negoziato con l’UE. Per essere un segretario di Stato efficiente ci vuole visione generale, autorità, temperamento, e inoltre una corretta percezione del mondo, degli equilibri internazionali, del ruolo della Svizzera, insieme a capacità amministrativa ed esperienza diplomatica. In altri tempi il segretario di Stato era il braccio destro, l’alter ego del capo dipartimento, il suo consigliere e l’esecutore delle sue decisioni. Rappresentava i punti di vista dei professionisti della diplomazia, che in definitiva sono la “materia prima” di questo ministero. Oggi chi ricopre tale incarico è invece soltanto il numero tre del DFAE, dietro il potente segretario generale (sarà lui a scegliere il successore della signora Leu!) e dietro il direttore dell’informazione che si profila sempre di più.
Sarebbe ora di garantire al segretario di Stato il dovuto rango e le relative responsabilità, espressione della sua prossimità immediata con il responsabile politico, cioè con lo stesso ministro. Dovrebbe essere lui, o lei, la persona che si fa carico dei dossier che il suo superiore non ha il tempo (o la voglia) di trattare; e dovrebbe soprassedere all’insieme delle relazioni internazionali, evidenziando le priorità, si tratti dell’America, dell’Africa, della lotta alla proliferazione nucleare, dell’immigrazione, o della sicurezza europea. Oggi la voce del Dipartimento degli esteri è troppo flebile in questi settori, e il fatto che la politica di sicurezza sia prerogativa di un nuovo segretario di Stato alla Difesa, e non degli Esteri, illustra bene tale declino.
Nell’immagine: il segretario generale Markus Seiler, il vero numero due del DFAE (fotogramma da un servizio RTS)
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